La Capitale si tinge di viola e sino al 30 ottobre ospiterà Rome Art Week, la settimana dedicata all’arte contemporanea. Un ricco calendario di mostre personali e collettive, open studio, performance, talk, eventi e appuntamenti virtuali animerà la Città Eterna sino a sera lasciando spazio alla convivialità e agli incontri inaspettati di architetture e luoghi nascosti altrimenti inesplorati.
È un evento diffuso e orizzontale che coinvolge musei, gallerie, spazi espositivi, curatori, artisti, associazioni, fondazioni e tutti gli stakeholders dell’arte contemporanea romana con lo scopo di sviluppare e sostenere la conoscenza e la diffusione dell’arte a più livelli.
RAW non è solo un incubatore di talenti è molto di più, la manifestazione offre più prospettive e modi di guardare all’arte, e grazie alla sua capacità di fondere il passato e il contemporaneo diventa sia una leva potente per promuovere un nuovo turismo sia una fonte di opportunità per gli artisti emergenti.
A parlarci di Rome Art Week è Massimiliano Padovan di Benedetto, suo ideatore e coordinatore.
Rome Art Week è un evento diffuso e orizzontale
«Roma Art Week è una rete diffusa con tanti eventi inprogramma, ben 376 in sei giorni, e questo è anche il punto dolente della manifestazione, nel senso che essendo una mostra diffusa per la città, e ahimè le varie destinazioni non sono sempre facilmente raggiungibili, non si può andare a vederli tutti. Inizialmente, difatti, era mia intenzione concentrarli prendendo un grande spazio pubblico, ma la pademia e l’ultima variabile delle elezioni l’hanno reso impossibile. A questo incomodo ovvieremo con l’edizione del prossimo anno, RAW si farà in un apposito spazio. La svolta di quest’anno, invece, è l’apertura all’internazionalizzazione, diverse le gallerie straniere che hanno aderito e per il prossimo futuro prevedo un’apertura ancor più radicata».
RAW è il motore propulsivo dell’arte contemporanea nel territorio, porta con sè l’obiettivo di dare rilievo e far conoscere le diverse realtà della capitale. Com’è nata e come si muove nel panorama generale?
«Perché nasce politicamente RAW – prosegue -, RAW nasce per più obiettivi: il primo è quello di far fare rete agli artisti, alle gallerie e ai curatori. È un dato di fatto, gli artisti e le gallerie specialmente a Roma si sono ritirati nel loro splendido isolamento e tutto questo crea un’ostativa a quello che è lo sviluppo del mercato, perché, se partiamo da un punto di vista economico, un artista per essere tale deve vivere della propria arte e quindi deve crearsi tutti i percorsi per lavorare, ma sbagliano target di riferimento perché aspirando ai collezionisti e ai musei. Il vero target che gli artisti non riescono ad inquadrare bene sono i professionisti, avvocati, medici, ingegneri, notai, sono queste le categorie di persone che poi danno fiato all’arte contemporanea. Questi non sono degli intenditori, semplicemente per sentito dire si interessano e gli piacciono determinate cose, cose che poi si concretizzano nelle correnti artistiche che, diversamente da quella che può essere la proposta del singolo artista, danno l’alternativa all’acquirente perché essendo varie suscitano il suo interesse. Tutto questo però succede solo se c’è una corrente, ma la corrente non accade per due motivi: il primo è che è venuta a mancare la figura del critico, il critico non esiste più, io sono nato in via Margutta e negli anni ’70 la figura del curatore non esisteva nemmeno, esistevano i critici che tracciavano un solco e definivano quali erano i parametri dell’arte contemporanea. Faccio un esempio, Filippo Tommaso Marinetti si inventa il futurismo, ad un certo punto Giacomo Balla – che al tempo faceva i ritratti di signora -, lo conosce e sposa il suo progetto ed è li che si crea una corrente e si crea anche un catalogo per gli operatori dell’arte, per i mercanti e le gallerie. Questo movimento poi favorisce la corrente. Secondariamente non c’è più la prossemica tra gli artisti. Gli artisti sono completamente isolati, pensano che attraverso Instagram o internet abbiano un confronto con il mondo, in realtà questo confronto non esiste. Comincia a riesistere adesso negli studi associati, dove gli artisti si confrontano. È dunque necessario canalizzare gli artisti e le gallerie in un’unica zona, come si vede poi se si va a Nizza o a Berlino, e non lasciarli sparsi per la città, uno distante dall’altro per mantenere il proprio povero mercato. Paradossalmente invece cosa succede – sorride – che le stesse gallerie poi si riuniscono nelle grandi fiere dove oltretutto l’investimento per parteciparvi è importante. E guardando al panorama generale quello che mi è venuto in mente con RAW è di riunire tutte le gallerie, gli artisti e gli operatori dell’arte in un unico grande spazio dove chi vuole partecipare lo fa e pure gratuitamente. È per questo che nasce l’Art Week, per dire: ‘non riusciamo a metterli vicini ma riusciamo a metterli vicini temporalmente‘, questo per favorire e creare un mercato nella città italiana dove peraltro l’arte contemporanea viene maggiormente prodotta e poi venduta da Bologna in sù, e per assurdo spesso ad acquirenti romani. Altro motivo per cui è nata RAW è anche per una questione di marketing territoriale. Roma oramai è una città in piena decadenza, non esiste un turismo di qualità. Noi andiamo a Milano, a Londra, a Berlino, che non sono città belle come Roma, ma perché ci andiamo? Perché accadono delle cose. E allora, facciamo accadere delle cose anche a Roma, facciamo capire che la cultura può essere un volano economico che va a beneficio di tutti. Il terzo intento di RAW, invece, è che il partecipante non capisce che deve promuovere se stesso e noi in questo senso lo indirizziamo: è così che attraverso l’inserimento delle informazioni nella piattaforma digitale di RAW si attiva e contribuisce personalmente, e in completa autonomia, alla creazione dell’artista e del gallerista 2.0».
Importanti sinergie con realtà internazionali. Confermata anche quest’anno la collaborazione con il Miami New Media Festival
«Miami è stata una delle tante realtà e sono numerose le ambasciate che ci hanno contattato quali l’Istituto di Cultura Argentino, l’Accademia di Spagna, il Forum di Cultura Austriaco, l’Accademia Belgica e altrettante quelle che non hanno potuto aderire perché rispetto alle prime, come il Kosovo o gli stati africani, non hanno uno spazio loro come può essere un istituto di cultura, anche per questo il prossimo anno sarà importante avere uno spazio ampio e omnicomprensivo per far conoscere la loro realtà artistica più creativa e prolifica rispetto a quella dei Paesi più avvantaggiati. E come si dice: ‘l’arte contemporanea a pancia piena non esce, esce quando c’è sofferenza, c’è l’obiettivo di un futuro da costruire‘».
RAW non finisce in una settimana. La piattaforma ha generato un grande network che mette in relazione diretta il pubblico con l’artista
«Esattametnte, la manifestazione dura 365 giorni, tant’è che abbiamo fatto una catalogazione dei partecipanti, contano circa 1800 le schede di artisti, gallerie e istituzioni attive sul sito che rimane fruibile da chiunque e sempre. Inoltre, e questo è il valore aggiunto di RAW, attraverso questo sistema altamente indicizzato diversi artisti hanno avuto modo di relazionarsi direttamente con acquirenti ed estimatori in generale».
In programma numerosi open studio attraverso cui il pubblico potrà “toccare con mano” il lavoro degli artisti
«Durante la settimana oltre ad esserci mostre ed eventi nelle gallerie, gli artisti mettono a disposizione il loro studio e accolgono una stretta cerchia di persone che possono assistere alla loro opera creativa. Anche qui, il mio progetto evolutivo sarebbe quello di prendere un ampio spazio pubblico e fare degli open studio collettivi dove ad ognuno si da gratuitamente uno spazio per esporre o creare qualcosa. La regola di RAW è che ‘nessuno paga per partecipare e nessuno deve pagare per vedere gli eventi’. È totalmente gratuita, e questo non esserci finanziamenti a Rome Art Week crea anche una debolezza di meccanismo che poi per come l’ho concepito è anche la sua forza, ossia è un meccanismo totalmente autoalimentante, un network di artisti in cui sono loro ad interagire nella piattaforma e si attivano autonomamente in maniera collaborativa dimodoché non ci sia necessità di costi. E questa necessità di pochissimo denaro per poter sopravvivere fa si che non potrà mai essere uccisa. Questa è la vera forza di RAW, perché crescerà, lentamente, ma lo farà e crescerà sempre di più».
RAW e Istituzioni
«In realtà RAW nasce non con l’idea di sostituire l’istituzione di fare la fiera, ma nasce come una ciambella che dovrebbe contenere l’istituzione o altre iniziative fieristiche da fare a Roma. Il modello al quale mi sono ispirato è il Fuori Salone di Milano, quell’humus creativo che si dispiega all’esterno del Salone e alimenta la città. Come concept non siamo competitivi con le fiere come ad esempio lo è la Quadriennale di Roma che rappresenta pur sempre l’istituzione e dove una commissione seleziona gli artisti già affermati lasciando poco spazio agli artisti emergenti. Noi qui siamo complementari, stiamo attorno e rappresentiamo la realtà, una realtà molto democratica e allargata dove per partecipare è sufficiente essere un artista professionista oppure uno studente che ha terminato un corso di studi all’Accademia; qui non abbiamo una commissione, qui c’è quel meccanismo dei punti di vista dove la selezione delle opere viene fatta dopo la partecipazione e non prima come avviene nelle altre realtà, così si da a tutti la possibilità di partecipare, anche all’artista emergente che altrimenti non avrebbe la meritata visibilità. Qui partecipano tutti e questa partecipazione massiva fa si che possano emergere degli outsider, dei fenomeni sconosciuti. Questo è il vero bacino per la creatività e per l’arte contemporanea, è il non fermarci su quelli che conosciamo già».
Art Week e videoarte
«In questa settimana dedicata all’arte contemporanea ci sarà una sezione dedicata alla videoarte, dove in Kou Gallery, che è poi il quartiere generale di RAW, ci sarà la proiezione della rassegna Territori Visivi: nove video di altrettanti artisti selezionati di cui la maggior parte mandati da istituti di cultura esteri. Devo dire che la videoarte è un mercato difficile perché non ha un suo risvolto economico se non da un punto di vista museale, in ogni caso può essere una buona palestra di espressività per artisti che un domani si concretizza in un altro media».