Luca Milani: anche i guerrieri possono piangere!

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Il sole sta scendendo lentamente. È stata una giornata mite, nonostante il periodo dell’anno in cui ci troviamo. In sottofondo i rumori legnosi e ritmati di uno skate park; a vedere bene la scena sembra di essere negli States. Tra le dune di cemento si intravede la figura dinoccolata e agile di Luca Milani. Indossa un berretto, una camicia a quadri in flanella e lo sguardo concentrato. Ha appena finito di scaricare i nervi con la sua tavola di legno: alza lo sguardo, ci vede, fa un sorriso e dà un colpo di punta allo skate per farlo rimbalzare precisamente fra le mani. Intanto ripenso alla musica di Milani: la sua storia arriva dal grunge, da quello cazzuto degli anni Novanta, quando mette insieme una band, i File, con la quale si fa notare per doti vocali e attitudine. Oggi, a distanza di oltre vent’anni, è un musicista in proprio, ha registrato tre dischi e un Ep, ha portato la sua musica in giro per l’Italia e, soprattutto, non ha smesso di cercare la redenzione che ogni artista rincorre con tormento ed estro.

Warriors Grow Up And Die, ultima fatica. Prima di tutto: il fatto che persino i guerrieri crescano e poi muoiano è un tuo modo per dire che nessuno la scampa, nemmeno i più forti?

Le persone tendono a dimenticare quello che sono state e il tempo fa sì che quello che un tempo fu il tuo regno diventi semplicemente una via qualunque in un paese qualunque di una vita qualunque. È vero, anche i più forti scompaiono e piangono, ma mentre si affonda si può’ sempre scegliere di essere quei musicisti che sul Titanic hanno suonato fino alla fine.

Ci racconti il processo creativo dietro a queste dieci nuove incisioni?

Come sempre ho scritto le canzoni chitarra/voce poi insieme a Daniele Denti (Fragile dischi) abbiamo pensato a quale vestito dare a tutto il disco. Molto importante è stato anche il gusto musicale che Fidel Fogaroli ha messo nelle sue parti creando belle atmosfere.

Quali sono state le difficoltà nel registrare questo disco, se ci sono state.

L’unica vera difficolta è stata riuscire ad organizzare le sessioni di registrazioni tra un coprifuoco e l’altro…

Da quando sei in solitaria, dopo la fortunata esperienza nei primi anni zero con i File, ti sei dedicato a un country rock di matrice americana. In come modo il tuo sound si è evoluto dal tuo primo ep, Scars and Tattoos ad oggi?

Ai tempi di Scars and tattoos ero in piena fase country/folk e l’unica cosa che volevo era suonare da solo senza mille rotture causate dalla gestione di un gruppo e delle persone che ne fanno parte. Nei dischi a seguire ho cercato di fare sempre qualcosa di diverso rispetto al lavoro precedente oltretutto facendo crescere il suono da acustico e in solitaria fino ad essere elettrico, una band rock’n’roll a tutti gli effetti… per poi sbandare con l’ultimo Warriors grow up and die dove tra acustico ed elettrico tutto è più “malato” e personale.

Nei tuoi testi emerge sempre una sensazione di colpevolezza: come se Luca debba per forza chiedere scusa per qualcosa che ha fatto, o meglio, non ha fatto. Sei in cerca di redenzione attraverso la musica?

Ho sempre visto la musica come una possibilità di salvezza, salvezza dagli errori fatti, salvezza da una vita banale e noiosa, salvezza a tutti gli effetti. Salvezza che non è ancora arrivata.

Hai mai pensato di tornare a cantare in italiano come facevi nei File?

Di fatto sto scrivendo e provando nuove canzoni con i File (nuova formazione) e l’anno prossimo saranno vent’anni dal primo ep, Credo nei miracoli, vedremo se prenderà forma qualcosa.

La musica di Milani è posseduta da due “mostri”: quello grunge, rude bello arrugginito e poi quello acustico, country e dolcemente cantautorale. Diciamo una creatura ibrida, metà Gavin Rossdale, metà Bruce Springsteen. In quale risvolto ti senti più a tuo agio?

Per me il meglio rimane sempre il periodo grunge soprattutto per il tipo di attitudine e l’approccio “bellicoso” sul palco. La cosa divertente sta nel riuscire a mettere insieme il grunge e Springsteen.

Domanda da feticista: nel dettaglio, che assetto utilizzi quando suoni?

In elettrico: Fender Telecaster custom 62, amplificatore Fender Bassman. Mad professor “Sweet honey overdrive” (distorsione principale), Electro harmonix “Pog2”, Electro harmonix “Holy grail”, Electro harmonix “Big muff”, Ibanez “Tube screamer TS9”, Jhs “VCR, Ryan Adams”, 4114 “Flux capacitor delay”, Tc electronic “Nova Delay”, Mxr “distortion +.  Set Acustico: Gibson J45, Gibson SJ200, Silvertone “jumbo”.

Tre dischi, a parte i tuoi, che non devono mai mancare in casa di un amante della musica?

Te ne dico quattro e sono pochi [ride]. Dei Nirvana scelgo Nevermind e In Utero; poi Bruce Springsteen con Nebraska. Infine, Quadrophenia dei The Who.