GIANLUCA COSTANTINI: FREEDOM FOR PATRICK ZAKI

0
16

Oggi, 7 dicembre 2021, lo studente Patrick Zaki è stato chiamato alla terza udienza per un processo che rischia di condannarlo a cinque anni di carcere per diffusione di notizie false in seguito alla pubblicazione, sul sito egiziano Darraj, dell’articolo Così l’Egitto discrimina noi copti.

Per capire qualcosa di più su questa storia ho telefonato a Gianluca Costantini – disegnatore e fumettista che da quindici anni racconta con i suoi disegni le persone a cui viene tolta la libertà, autore dell’immagine icona delle mobilitazioni per la liberazione di Zaki – con cui ho parlato della potenza delle immagini nella creazione di una coscienza collettiva e, nello specifico, del caso di Patrick Zaki.

«Disegno da trent’anni, inizialmente rappresentavo situazioni immaginarie, ma negli ultimi quindici anni ho iniziato a occuparmi di temi sociali e politici», mi racconta «non c’è stato un motivo preciso, solo una volontà personale di non rimanere rinchiuso in una redazione ma uscire per strada».

Ha già fatto migliaia di disegni che rappresentano storie di persone a cui viene, in qualsiasi modo, tolta la libertà. Ha raccontato le vicende di Stefano Cucchi, di Willy e di Patrick Zaki, si è occupato anche di casi internazionali sulla Turchia di Erdogan e sulla guerra in Libia e alcuni di questi disegni sono da oggi esposti a Ravenna, alla galleria NiArt, per la mostra personale The Social Drawing.

Continuando a parlare dei suoi lavori e del suo impegno politico mi racconta: «Per un disegno che feci su Erdogan sono stato condannato, in contumacia, per terrorismo in Turchia. È un po’ come se fossi diventato io stesso un protagonista delle storie che racconto», ma non è finita qui, perché «sempre a causa di una serie di disegni sono stato accusato di antisemitismo dalla destra americana, e per questo mi è stata ritirata la collaborazione con la CNN».

Quando gli chiedo di Patrick Zaki mi racconta di com’è nata l’immagine icona della lotta per la libertà dello studente egiziano. «Il 7 febbraio 2020, il giorno in cui Patrick è stato arrestato dalla polizia egiziana mentre tornava a casa per le vacanze, sono stato contattato da un attivista per i diritti in Egitto che mi ha chiesto di fare un disegno da poter diffondere via internet per aiutarli nella campagna. Prima di questa chiamata non conoscevo Patrick, sono venuto a conoscenza della sua storia praticamente in contemporanea con l’arresto».

Patrick Zaki è stato rinchiuso in carcere senza una condanna per 22 mesi, 669 giorni. Da 22 mesi la sua immagine è issata in Piazza Maggiore a Bologna ed è stata portata in corteo da migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze che chiedevano il suo rilascio. «La forza di questo disegno sta nella sua semplicità, che crea una sorta di empatia in chi lo guarda perché viene facilmente toccato. Il suo volto è sereno nonostante sia avvolto dal filo spinato, e forse è questo che fa sentire tranquillo anche chi è impotente. Un’immagine diventa un’icona quando viene riconosciuta come tale dagli altri, non c’era una mia intenzione dietro al successo di questa immagine».

Parlando delle sue impressioni su come finirà questa storia mi dice: «Io sono ottimista, ma temo che dietro a questa vicenda ci siano interessi ben più grandi, che vanno oltre i crimini contestati a Patrick. Penso anche che da parte del nostro Governo e dei media non sia stata data la giusta importanza a questo processo che ha visto attivarsi molte più persone della disputa pro-vax vs no-vax».

Mentre sto scrivendo mi arriva la notizia della scarcerazione di Patrick Zaki: dopo quasi due anni potrà tornare a dormire nel suo letto. Le accuse non sono ancora state ritirate, ma spero sia un passo decisivo verso la fine della follia di un Governo che tiene in ostaggio uno studente.