L’electro-shocked pop dei Hunting Dogs

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The Hunting Dogs

Strane creature The Hunting Dogs. Lei, Alba Nacinovich, canta sempre mostrando i denti, con l’aggressività sulla difensiva tipica del lupo; lui, Marco Germini, ha lo sguardo spento del fuoricorso in filosofia e invece è il cinquanta per cento di questo duo italo-croato con base a Gorizia che si definisce “electro-shocked pop”. L’ultima data del loro tour sarà ospitata il 23 dicembre dal Clandestino di Faenza.

Il palco sarà occupato da loop station, tastiere e vari ammennicoli elettronici su cui improvvisare atmosfere tendenzialmente cupe: con questo tour (15mila euro per organizzarlo è stato il premio vinto all’Arezzo Wave Love Festival 2019) pare vogliano portare in giro quel sentimento dark e dai suoni saturati che è alle fondamenta delle loro composizioni e che ritroviamo in Synchronizing Cravings, il singolo che preannuncia l’uscita del loro primo disco. «Nel nuovo album ci saranno synth modulari, voce aromatizzata all’harmonizer con momenti trance-gender, pentolame spaziale ma anche salutari chitarre distorte e pelli di tamburo – dice Alba – ritmi incalzanti e ossessivi, ma anche sospesi attimi di riflessione, a rispecchiare i nostri tempi». Sarà presente anche Voodoo Wood, tratta dalla colonna sonora de Il confine è un bosco di Giorgio Milocco, vincitrice del premio per la miglior colonna sonora al Cinemadamare Film Festival.

Il concerto, però, potrebbe rivelare altro, perché The Hunting Dogs hanno dato prova di saper raccontare  diversi mood saltellando tra il jazz e il trip-hop: nel 2014 scrivono Back on traks, che verrà utilizzato in uno spot per scarpe da corsa – caratterizzato da un sacco di energica allegria, di quella che le pubblicità vogliono farti credere che sentirai dopo essere andato a correre; l’anno dopo fanno uscire Petrha, nel cui video troviamo Alba sorridere e cantilenare un ritornello orecchiabile e pop, quando non è intenta a spezzare margherite e a far correre le dita sul viso come l’ospite di una clinica psichiatrica. «Il nostro processo compositivo è stato da subito molto particolare, quasi mistico – racconta sempre Alba – ci mettiamo a suonare e lasciamo emergere da sé musica, testo, struttura. Dopo aver concluso gli studi di jazz al conservatorio, abbiamo voluto sublimare le nostre esperienze in puro “fiuto” musicale: negli anni abbiamo incluso nuovi strumenti come il sax e oggetti d’uso comune e ricercato una nostra estetica timbrica nel campo dell’elettronica.  Al centro rimane sempre la melodia, da tradizione squisitamente italiana».

Non ci resta che addentrarci nella buia macchia del Clan e seguire I cani da caccia!