Con un ghiacciolo nel cuore, ecco il nuovo libro di Sam Paglia

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È in uscita mercoledì 2 marzo per la collana “I libri di Gagarin” “Con un ghiacciolo nel cuore” di Sam Paglia, il nuovo romanzo edito da Gagarin Edizioni.

Il romanzo, a tratti surreale, tratteggia un manipolo di personaggi squattrinati e perditempo, che vivono al limite della legalità. Le tante tante storie parallele si intrecciano sullo sfondo di una Romagna di periferia. Una Romagna diversa da quella che conosciamo, un territorio immaginario e decadente che è scenario di paradossali e divertenti azioni criminose. Una Romagna nascosta, quella della riviera con i suoi autogrill, i bar, i night e i supermercati, che, in inverno, si desertifica e si perde nella nebbia per riaccendersi nella stagione estiva.

Sam Paglia

Sam Paglia è musicista, fumettista e scrittore e dopo “I Diari della Taunus” (2018) e “I Diari della Taunus volume 2” (2019) è al suo terzo libro. Su Gagarin abbiamo pubblicato nel 2021 la serie di racconti “Il diario di un mondo perfetto”.

“Ho scritto la primissima versione di questo romanzo nell’estate del 2009, quasi per gioco. – racconta Sam Paglia – Era un racconto che pubblicavo con la cadenza di una pagina al giorno sul blog del mio sito. Quando ho avvertito che si stava allargando come una macchia di olio nel mare e i personaggi scalpitavano per diventare qualcosa di più, l’ho tolto dal sito ed ho cominciato lavorarci sopra con maggiore interesse. Nel corso degli anni l’ho riscritto per intero tante volte, almeno sei, cercando di dargli una forma precisa e renderlo adatto ad una futura pubblicazione. Inizialmente era molto più spinto, ruvido e ricco di particolari che appesantivano l’aspetto più interessante del romanzo, ovvero il fatto che potesse risultare plausibile, divertente e completamente folle allo stesso tempo. A differenza dei precedenti romanzi (I Diari della Taunus parte 1 e parte 2), questo romanzo non parte da esperienze personali dirette ma è frutto di fantasia. Di veritiero ci sono i luoghi , il sapore di certi momenti di noia del mio vissuto giovanile in attesa dell’arrivo dell’estate”.

Il romanzo si svolge in una Romagna di squinternati, a volte losca, è totalmente inventata o appartiene ai tuoi ricordi?

“La Romagna è un luogo molto particolare e soffro del fatto che venga quasi sempre rappresentata lucida come una cartolina: col sole, i balli di liscio, la gente allegra, le belle donne in costume, le famiglie sorridenti in mezzo a tagliatelle e piadina con la salsiccia. In realtà l’industria del turismo è un’invenzione di 60 anni fa o poco più. Prima di quella genialata imprenditoriale, che l’ha resa popolare e divertente come una succursale di Disneyland (tra balere, discoteche, alberghi, bagni al mare e ristoranti), c’era una Romagna arcaica fatta di fatiche, terreni mai abbastanza in piano da arare e seminare, personaggi folli, briganti, omicida, coltelli, vendette e misteri. Il romagnolo è un personaggio controverso, generoso il giusto, capace di slanci geniali ma anche dotato di una certa violenza verbale e fisica. Il romagnolo è diffidente, cauto e capace di capire al volo da che parte stare, a patto che gli convenga. Può essere un agguerrito anticlericale o un fedele praticante (più per timore del Signore che per stima), eppure la bestemmia alla partita delle carte è un elemento necessario (di una sacralità tutta sua) a ricordargli quel confine tra l’uomo e il suo destino imponderabile. La prima autobomba di cui si abbia notizia fu opera dell’anarchico Mario Buda di Savignano sul Rubicone, esplose a New York, a Wall Street, nel 1920 e uccise 33 persone. Il Maestro Secondo Casadei si sposò in tutta fretta perché doveva andare a suonare con l’orchestra in un ingaggio che neppure aveva pensato di disdire o rimandare. C’è una vitalità spiazzante in questa razza che nel 1945 sparava ai tedeschi e nel 1960 li ospitava nei loro alberghi raccomandandogli di mettere la Mercedes all’ombra che sennò si rovina la tappezzeria. La Romagna di questo romanzo è inventata, esagerata, esasperata, ma non del tutto improbabile. Ho mischiato ricordi, personaggi incrociati nei bar, atteggiamenti catturati in istantanee e riproposti in chiave paradossale e comica, stralci di cronaca nera e racconti di amici. Ho voluto riproporre la mia Romagna, un posto che difficilmente potrei scambiare con un altro per varietà di emozioni e personalità fuori dal comune”.

Oltre ad essere scrittore sei anche musicista e fumettista (il disegno della copertina è il tuo) quali sono le differenze o le similitudini tra queste arti e quale preferisci?

“Ho avuto la fortuna di cimentarmi con il disegno, la musica e la scrittura poi. Il disegno è una cosa innata che mi ha portato a studiare in un istituto d’arte, imparare e affinare le tecniche e farlo diventare un lavoro fino ad un certo punto della mia vita. Credevo che il mio destino fosse quello di stare incatenato ad un tavolo da disegno per sempre. Poi la musica ha preso il sopravvento scardinando tutte le mie certezze. Ero da sempre appassionato di musica e suonavo un po’ il pianoforte, ma soltanto a 24 anni ho deciso che volevo rischiare e tentare di darmi in pasto a quel mondo così seducente. Per non abbandonando del tutto il disegno mi dedicai con tutte le energie allo studio del piano e dell’organo sapendo che il tempo a disposizione per entrare a far parte di quella professione era poco. La scrittura è sempre stata una passione parallela. C’è qualcosa di molto musicale nella scrittura. La scelta del suono delle parole diventa, ad esempio, una specie di timbrica del pensiero. Il ritmo, l’uso delle pause con la punteggiatura. È probabilmente la forma d’arte più pratica (io lavoro sul tavolo della cucina con PC vecchio e obsoleto), ma anche più solitaria e richiede tanto lavoro e costanza. Non ho preferenze tra musica, disegno o scrittura, se mi prodigo in una di queste discipline non sento la mancanza delle altre. Come se si trattasse in realtà di una sola necessità: esserci”.

Quali sono i tuoi riferimenti letterari? In questo romanzo, leggo tra le righe, anche molto cinema di genere. Ad un certo punto, per esempio, nel racconto compare uno zombie…

“Leggo abbastanza, ma tendo a dimenticare tanto. Mi ritrovo a rileggere cose lette e rilette con lo stesso piacere. Mi piace molto Flaiano, Giorgio Scerbanenko, adoro Dino Buzzati ma anche autori meno conosciuti come Giancarlo Fusco o Umberto Simonetta. Mi piacciono anche John Fante, Bukowsky, John Kennedy Toole, Suskind. Ma leggo anche tanta saggistica e biografie. Mi piace la scrittura per il cinema di Ettore Scola, Age e Scarpelli, Monicelli, Elio Petri e Pietro Germi. Il cinema di genere è una mia passione, lo zombie del romanzo non assomiglia a quelli di George Romero, è un morto apparente, un diversamente vivo che capisce di appartenere già all’altrove e che il mondo fa presto ad andare avanti, anche senza di noi”.

Il protagonista, di cui non sappiamo il nome, ha qualcosa di autobiografico?

“Il protagonista è talmente una nullità che il suo nome non viene mai citato, se non alla fine. Devo essere sincero, per alcuni aspetti mi assomiglia parecchio. È pigro, fatalista, vive nel rimorso ma non demorde e la mattina ama dormire fino tardi. Diversamente da me è di costituzione magra. Ma sono stato anche magro da giovane e sinceramente non è ‘sta gran cosa”.

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