Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri sparano dritto al cuore

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Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri è il nome della nuova creatura di Capovilla (One Dimensional Man, Il Teatro degli Orrori, Buñuel).

“Otto cazzotti e due carezze, per raccontare questi tempi di violenza e sopraffazione, il paese e il mondo in cui viviamo”: è così che Pierpaolo definisce questo lavoro.

Il disco, uscito a maggio scorso per Garrincha Dischi, è un’esplosione di rabbia, denuncia, empatia per gli emarginati, di chi ha il coraggio di trattare temi delicati, come la guerra e l’immigrazione, paralizzando l’ascoltatore ma allo stesso tempo con la voglia di urlare e mandare a quel paese chi marcia su queste ingiustizie e scempi che vediamo ogni giorno.

Non si parla solo di guerre con mitragliatrici e bombardamenti, ma anche di quelle interiori, dove i più deboli del sistema sono lasciati a marcire solo perché poveri, soli, prigionieri, malati e indifesi, dove il carnefice è l’indifferenza, di chi permette che accada tutto questo, di chi sta fermo a guardare, di chi ne trae profitto e chissà quante altre risposte potremmo dare.

Proprio oggi, mentre stavo scrivendo l’articolo, mi è apparsa questa frase: “è un super potere essere vulnerabili”, in realtà ho anche una maglietta con questa scritta, tratta da una canzone di Vasco Brondi, Qui.

Ecco, tutte le nostre fragilità, paure e questa grande sensibilità fuori dal comune non devono buttarci giù e farci schiacciare da chi ci intravede come un facile bersaglio, ma deve diventare il nostro punto di forza, rialzarci e combattere, alzando la voce, fino a che questo mondo possa diventare un luogo migliore dove vivere.

Di solito mi piace andare ai concerti con qualcuno, perché amo l’idea di condivisione, ma non ho trovato nessuno che venisse con me, così sono partita da sola verso San Vittore di Cesena, precisamente al Vidia Rock Club, locale storico, dove hanno calcato il palco tantissimi gruppi.

Non potevo mancare all’appuntamento con Capovilla & Co, sabato 8 ottobre.

 

 

Che sia stato il destino o puramente il caso, ho conosciuto Eleonora e Mattia prima del concerto e siamo subito entrati in sintonia. È bello poter condividere queste esperienze di vita perché è di questo che stiamo parlando, con persone con gli stessi ideali e con le quali s’instaura uno scambio d’idee e di opinioni.

Entriamo nel locale, ci prendiamo da bere e aspettiamo l’inizio.

Ad aprire il concerto, i Siriana, band che avevamo già visto al Jump Festival in acustico. Questa volta invece la band al completo ci scaraventa un sound pazzesco con testi profondi ed intimi, prodotti tra l’altro da Pierpaolo Capovilla.

Sono le 23 circa ed ecco che arriva Capovilla seguito dalla sua band, i Cattivi Maestri. Si apre lo show.

Nonostante un problema tecnico del microfono, risolto immediatamente, lo spettacolo inizia. Il bello della diretta è anche questo no?

Capovilla, animale raffinato da palcoscenico, immancabilmente vestito tutto di nero, sprigiona tutta la sua energia, con una vocalità teatrale che spara direttamente al cuore.

L’armata di Capovilla di tutto rispetto e di spessore, Egle Sommacal, chitarrista (Massimo Volume), Fabrizio Baioni, batterista (Leda) e Federico Aggio, bassista (Lucertulas), accompagnano Pp lungo questo viaggio e il tutto si fonde in una cosa sola.

Pezzi tiratissimi come La guerra del Golfo e Morte ai Poveri ci fanno ballare e scuotere la testa, come se volessimo liberarci dal peso di tutte le ingiustizie che vediamo ogni giorno.

Quello che riesce meglio a Pierpaolo e alla sua band è il forte impatto comunicativo, la stretta connessione, interazione band-pubblico, che ti fa sentire parte di qualcosa di grande.

È proprio in questi momenti che mi sento viva.

Soprattutto quando si passa da pezzi super rock/noise  a delicatissimi e romantici come Anita e La Città del Sole (in memoria di Lorenzo “Orso” Orsetti, militante a fianco dei curdi, ucciso dall’ISIS), dove cerchi di trattenere il pianto per non farti vedere da nessuno ma dentro di te un oceano di lacrime.

 

 

Che dire poi di Dieci Anni, brano scritto da Emidio Paolucci, poeta detenuto nel carcere di Pescara, un testo così intenso e sentito che si sposa benissimo con il mood della band. 

I pezzi sono diretti e senza filtri, canzoni rock popolari, destinati a un pubblico che non può fare altro che arricchire se stesso, emancipandosi, sia culturalmente che politicamente.

Credo che questa sia la vera ricchezza e non ciò che possiedi.

Finale da brividi con un inedito, Giancarlo, dedicato alle morti bianche sul lavoro, a cui purtroppo oggi, nel 2022, dobbiamo ancora assistere.

Sono stata a tantissimi concerti live e questo sarà uno dei miei preferiti di sempre, la loro musica è riuscita a coinvolgere tutte le persone che erano lì, creando una grande famiglia e diffondendo il messaggio di un mondo ideale, dove la democrazia, l’uguaglianza fra tutti gli esseri umani dovrebbe essere la base della società.

Malgrado una visione apocalittica del futuro, la disobbedienza civile è viva e vegeta, senza paura di dire la verità, innescando una vera e propria resistenza. Non saremo qui altrimenti.

 

 

Capovilla e i Cattivi Maestri sono da considerare un patrimonio per l’umanità, viaggiano in direzione ostinata e contraria con un cuore così grande come ho visto raramente, di questi tempi.  

Grazie a Pierpaolo, ai Cattivi Maestri, al Vidia Club, a Garrincha Dischi, ai Siriana e ai miei due nuovi amici modenesi.

Vi si vuole bene.

“La disobbedienza civile diviene un dovere sacro
quando lo stato diviene dispotico e corrotto”.

Mahatma Ghandi