@hidingfrom Cristiano Buffa

0
10
ph Cristiano Buffa

 

Un fotografo nascosto e le sue perlustrazioni di luoghi irrilevanti.

Sono in aereo, in volo per Londra. Un signore seduto davanti a me, per passare il tempo, “scrolla” il suo telefonino guardando fotografie.

Sembrano (sto sbirciando) immagini da una cerimonia, probabilmente un matrimonio, in cui è tra gli ospiti.

Sfoglia, si ferma qualche secondo su un’immagine, poi decide se conservarla o buttarla nel cestino.

Noto – allungando sempre di più il collo – che indugia solamente sulle fotografie in cui lui stesso è ritratto, facendosi premura di gettare quelle in cui non è venuto bene.

In fondo, questo ci interessa principalmente, o interessa i più: essere venuti bene in una fotografia.

Il resto non conta.

Cristiano Buffa, al contrario, è interessato soprattutto al resto.

Milanese di origine, ha scelto di vivere in Romagna, a Faenza, dove insegna storia e letteratura all’Istituto tecnico di Ragioneria.

In passato ha frequentato la Bauer, rinomata scuola milanese erede della Società Umanitaria, che conta tra i suoi docenti Roberta Valtorta, storica della fotografia, di cui il nostro è stato allievo.

Se guardate il sito della Bauer, leggerete che si fonda “su solide radici e un’evoluzione continua… da oltre cinquant’anni… sulla base delle metodologie interdisciplinari sperimentate dalla scuola del Bauhaus”.

 

ph Cristiano Buffa

 

Cristiano Buffa, però, non appartiene a gruppi o scuole particolari, è piuttosto uno spirito libero, refrattario alle etichette.

Si muove in luoghi apparentemente anonimi, inaspettati, perlomeno ad uno sguardo superficiale.

La sua pratica si rifà alla tradizione americana dei Nuovi Topografi*, ma nel caso di Buffa, quasi cinquanta anni più tardi, i luoghi che attiravano quello specialissimo gruppo fanno parte del nostro paesaggio quotidiano e della sua estetica, non sono più ai margini, i margini avanzano insieme al cemento che delimita nuovi confini.

Se negli anni settanta la fotografia di paesaggio abbandonava ogni romanticismo per documentare l’impatto dello sviluppo industriale sul territorio, qui l’artista si spinge un pochino oltre per mostrarci un paesaggio rassegnato, che cerca di prendere respiro, consapevole di essere dominato dall’uomo e dal suo incontenibile desiderio di espansione.

È il paesaggio urbano che si concede all’occhio di questo osservatore attento, spaesato e anche un po’ a disagio, come dichiara lui stesso.

Nelle sue fotografie si avverte un’attrazione verso spazi spesso vuoti, in cui l’umano si manifesta raramente, attraverso tracce lasciate qua e là.

Segni anche maldestri, che lui registra senza giudicare.

La sua fotografia, se osservata con attenzione, ci racconta di ambiti collettivi sempre colti nel loro vuoto, spazi che viviamo distrattamente, si direbbe senza consapevolezza.

Le sue immagini sono un invito ad osservare aree che abitiamo in maniera passiva, che attraversiamo guardando il telefono, sempre impegnati in qualcos’altro, incuranti del fatto che anche i luoghi ci guardano.

Diceva Flaubert: “Se una cosa non ti sembra interessante è perché non l’hai osservata abbastanza”.

 

ph Cristiano Buffa

 

C’è rigore formale nelle fotografie di Cristiano Buffa e c’è l’occhio di un fotografo che non vuole seguire le mode del momento, che si chiama fuori e con perseveranza insiste sui suoi spazi prediletti, attraverso uno sguardo che mescola disciplina e improvvisazione, preparato all’imprevisto.

Il punto di vista, raramente frontale, ci porta a immaginare un “fuori” dalla fotografia, senza costringerci dentro i bordi.

L’essere cresciuto in un quartiere popolare di Milano è rintracciabile nella sua visione, a dimostrazione del fatto che la nostra origine visiva ci guida, a prescindere dalle influenze e dalle conoscenze acquisite in seguito.

La sua è una visione antiborghese, se questo termine ha ancora un significato: il valore aggiunto, relativo a questo sguardo, è la capacità dell’autore di raccontarcelo attraverso percorsi visivi raffinati, mai banali.

Dice Cristiano: “Il rapporto con i luoghi per me è fortissimo. Per ogni posto che fotografo ritrovo un misto di attrazione e disagio, volontà di appropriazione e distacco. È questa tensione che costituisce per me la materia viva di una fotografia”.

Tra i suoi autori di riferimento cita John Divola e Lewis Baltz.

 

ph Cristiano Buffa

 

La coerenza con la quale conduce la sua  ricerca merita attenzione: distaccato ma non per questo distante, Cristiano Buffa possiede quella poetica della desolazione che non ha ancora perso tutte le speranze: andatelo a stanare, perché si nasconde, persino a se stesso.

 

ph Cristiano Buffa

 

* New Topographics: Photographs of a Man-Altered Landscape è il titolo di una mostra curata da William Jenkins presso la George Eastman House di Rochester, New York, nel gennaio del 1975 che segna l’inizio di uno stile in fotografia che nel tempo conoscerà grande seguito, in contrapposizione al concetto di paesaggio romantico e metaforico.

I precursori di questo modo di osservare lo spazio sono stati, tra gli altri, Dan Graham e Ed Rusha, artisti concettuali.

Dieci i fotografi in mostra: Robert Adams, Lewis Baltz, Joe Deal, Frank GohlkeNicholas NixonJohn SchottStephen Shore e Henry Wessel, Jr., e i due coniugi tedeschi Bernd e Hilla Becher.

 

ph Cristiano Buffa

 

 

Previous articleArctic Monkeys: una perla rara in un oceano di prevedibilità
Next articleVisibile, la fiera-mercato di arte e design
Sono fotografa e curatrice. A Ravenna ho fondato MyCamera, spazio dedicato alla fotografia contemporanea che è attualmente il mio studio. Tra le mie più recenti collaborazioni Linea di Confine, Mar Museo d’arte della città di Ravenna, Istituzione Biblioteca Classense, Ravenna Festival, Cristallino Arti Visive. Conduco laboratori per ragazzi in collaborazione con Librazione, cooperativa che opera nel sociale con sede a Ravenna e Faenza. Attualmente sono impegnata nella progettazione di libri fotografici su temi inerenti alla mia ricerca, che riguarda il linguaggio fotografico, la relazione tra immagini e quella tra fotografia ed esperienza personale. Nel 2021 ho pubblicato “All the flowers that you plant”, edizioni Skinnerboox e nel 2017 “Troppo sole per Antonioni”, Danilo Montanari editore.