Amore mio, ma che è successo? Di, su, con Patrizia Cavalli

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ph Dino Ignani

 

Questa volta gli aggettivi improbabili appénna ammattìta sono per la redattrice della rubrica.

Per scrivere di questa poeta ho acuito l’udito, ho ascoltato e ascoltato, ho osato e ho spesso interrotto la velleità di scrivere dei suoi versi: Addio, addio, addio, ho imitato il suo saluto ad una conferenza pubblica.

Mi manca Patrizia Cavalli, ne sento l’assenza fisica e neanche l’ho conosciuta, anzi sì grazie alle sue amiche, amiche-lettrici, amiche-compositrici, amiche-poeta, amiche-critiche, amiche-intellettuali, amici-filosofi – non le/li cito, perché sono tante e preziose -, che hanno saputo parlare con lei, di lei, ma soprattutto dei suoi scritti. Anzi sì l’ho conosciuta, grazie ai suoi testi sparsi. Alle sue sillogi, alle sue diacritiche confidenze, alle sue letture pubbliche. La stessa Cavalli con passi giapponesi spalanca in ogni sua azione la porta principale per farti entrare in un pantheon laico e lussuoso di una originale scrittura-lettura poetica, interpretando sempre una pièce di teatro di successo

Se ora tu bussassi alla mia porta
e ti togliessi gli occhiali
e io togliessi i miei che sono uguali
e poi tu entrassi dentro la mia bocca
senza temere baci diseguali
e mi dicessi “Amore mio,
ma che è successo?”, sarebbe un pezzo
di teatro di successo.

Subito la narrazione sfocia in una scrittura erotica, poi drammatizzata nel dialogo intimo filtrato dai versi, dalle assonanze, incurante delle ripetizioni. Traduttrice di Shakespeare, Cavalli porta la teatralizzazione a sé; il mistero del Bardo si fa suo. … la voragine e la vertigine mi conquistano, racconta che traduce, immedesimandosi. Così succede a chi legge i suoi versi stupefacenti e tattili

Ah l’avessi saputo
che bastava un bacio per aprirmi le vie dell’universo:
stelle e pianeti che si incrociano
parlando, costellazioni intere
che si intessono.
E io in mezzo a loro che le guardo
tessile ordito ardente
che reggo, e non domando.

I testi di Cavalli sono trame intessute di metrica classica, digerita e rielaborata in lessico e contenuti originali. Ecco il contenuto smargina l’endecasillabare, verbo che la critica ha usato per sottolineare la capace costruzione delle poesie di Cavalli. In queste due stagioni – estate e autunno 2022 di caldo indiano- l’iconicità delle parole della poeta umbra, romanissima di adozione, mi è tornata spesso in mente, soprattutto in questa poesia di perfetti versi di 11 sillabe, in equilibrio tra paronomasie, sinestesie e rime.

Nello schiumoso caldo quasi indiano
di un luglio cittadino esagerato
i residui abitanti con cautela
siedono lungamente nei caffè
cercando illusi l’aria che non c’è.
In casa chiusa, priva di faccende
io mi affaccendo intorno alla tua faccia
che entra indifferente nella mischia
dei miei pensieri e ne esce sempre intatta,
come fosse un mammozzolo di gomma
che anche a contorcerlo e a schiacciarlo
sempre ritrova la sua prima forma,
l’inerte galleggiante della mente
che più lo immergi e più violento emerge.

Nella similitudine centrale spicca mammozzolo, parola desueta, antipoetica, musicale, buffa e infantile, gommosa quanto quello che rappresenta, ovvero l’indistruttibilità del ricordo di un volto, che non ha più nulla della salvifica occasione montaliana – non recidere, forbice, quel volto / solo nella memoria che si sfolla –  ma ha solo la violenza di tornare con la stessa forza idrostatica impressa per soffocarlo.

 

 

Chiarezza e Drammaticità delle raccolte di Cavalli, alla fine il mondo l’hanno cambiato eccome, andando a braccetto. Questa coppia di amanti litigiose vengono ammansite nelle sue letture pubbliche. Dopo averla ascoltata, anche solo una volta, è impossibile leggere le sue poesie, senza ripetere mentalmente il suo tono strascinato, ironico, confidenziale e allo stesso tempo modulato come solo le attrici consumate sanno fare.

Qualcuno mi ha detto
che certo le mie poesie
non cambieranno il mondo.

Io rispondo che certo sì
le mie poesie
non cambieranno il mondo.

Così Cavalli scriveva nel 1974 nella sua prima raccolta, innovativa e schietta. Era stata riconosciuta poeta da Elsa Morante, insieme alla quale è tra le pochissime autrici che entrano nelle misogine e refrattarie antologie scolastiche di letteratura italiana, senza neanche averlo voluto, con un carico di perentorio snobismo, latore di future inquietudini. Per fortuna, invece, nelle antologie Patrizia Cavalli c’è, e arriva in corsa alle generazioni di giovani lettrici e lettori nel momento della formazione.

L’autrice, infatti, ci ha sempre tenuto a trasmettere quanto la poesia sia veloce, sia capace di scavalcarsi e arrivare dove neanche sapeva di poter arrivare. Cavalli è straordinaria quando si fa portavoce della bellezza del verso poetico, quando svela la necessità per un poeta di ripercorrere a ritroso la corsa, in modo lento e accorto, segnando il percorso, in modo da rifarlo senza “rompersi una gamba. Il poeta, è uno che avanza di corsa, torna indietro lentamente e così apre e segna la strada”.

Se le sue poesie non hanno cambiato il mondo, di strade ne hanno segnate parecchie.

Nasce a Todi nel 1947, studia a Roma, qui rimane e vive fino a quest’estate, a giugno 2022, quando si è spenta dopo una malattia che ha vissuto e raccontato e mai accettata perché per la poeta la vita è meravigliosa, in Datura, raccolta del 2013 scriveva Che meraviglia essere in vita, ci si può persino lamentare. Poi questo sintagma lieto è diventato titolo ingannatore di una raccolta del 2020 che parla di morte e malattia, senza filtri e senza espedienti per sopravvivere a se stessi. L’ode alla fluexetina supera quasi l’incanto di testi consumati di autori e autrici che hanno esaltato gli effetti di vini, whisky, assenzio e tanto altro

Gloria perpetua alla fluoxetina
la solerte messaggera dei neuroni.
Ora non più scialbi e soli, l’uno all’altro
forestieri. Ora c’è
l’allegra vivandiera che li scalda.

Di questa bianca raccolta Einaudi, un canto del cigno consacrato a se stesso, il mese di settembre, occupa una sezione, con alcuni versi quasi epici:

A me è maggio che mi rovina
e anche settembre, queste due sentinelle
dell’estate: promessa e nostalgia.

Che cosa è settembre? Se non mese di mescolanza, di confine e inizio, di nostalgia e infanzia, senza esistenza con un tempo a termine?

Ecco il giorno e l’aspetta settembre
Il suo immobile ardore un po’ fiaccato
La languida estiva sbavatura. Eccomi.

 

 

Patrizia Cavalli sfuggiva le cronologie nei suoi melting pot; mi invita a seguirla, immobilità e disordine, ma non ha mai sfuggito il corpo e le sue intelaiature:

Io scientificamente mi domando
come è stato creato il mio cervello,
cosa ci faccio io con questo sbaglio.
Fingo di avere anima e pensieri
per circolare meglio in mezzo agli altri,
qualche volta mi sembra anche di amare
facce e parole di persone, rare;
esser toccata vorrei poter toccare,
ma scopro sempre che ogni mia emozione
dipende da un vicino temporale.

Ripeteva il corpo è tutto, in salute e in malattia, quella stessa nella quale si è lasciata scivolare, senza inciampi e risentimenti, riempiendo il mondo culturale di sincero cordoglio e inesauribile nostalgia in questo solstizio d’estate.

Tutta la sua opera è un lungo, vivace, disperato canzoniere amoroso, nel quale cuore e cervello vibrano al centro. Il coro dei sintomi nei Tre Risvegli ammonisce come se il cuore cessasse di battere / quando ci si muove. / Bisogna stare fermi. E subito a seguire una battuta dell’Innamorata, di nuovo il coro ritratta: come se il cuore cessasse di battere / quando si sta fermi. / Bisogna muoversi (dalla raccolta Datura).

Ed è il cuore dolente e impazzito ad implorare di essere, di stellarti gli occhi, di fare l’amore. Questa autrice inarrestabile – insieme alla cantautrice Diana Tejera – lo scrive e lo intona in una compilation da leggere e ascoltare:

Al cuore fa bene far le scale … ma se non fa le scale al cuore fa bene far l’amore … il cuore qualcosa deve far che altrimenti muore, si muore, il cuore … fallo impazzire fallo soffrire non dare retta a chi ti dice di andare piano che vada in fretta, fallo sfrenare la vita è questa deve scaldarsi deve eccitarsi il cuore è cuore si ferma e muore non lo fermare non lo fermare il cuore il cuore il cuore. 

Patrizia Cavalli si è raccomandata: per esistere mi devo rappresentare, a me stessa o agli altri anche in solitudine. La ringrazio davvero per essersi rappresentata così, da coinvolgere quelle noi noi alla ricerca del mito della felicità, realmente rappresentato da persone e amore.