Il tavolo scuro illuminato da una luce vagamente primaverile, sul tavolo due bicchieri di vodka, io e lei alziamo i calici e, al grido di “za zdarovye”, mi ritrovo quattro pagine dense in russo da tradurre.
Lo spavento e il disagio vengono rimpiazzati dalla consolazione nel sentirmi dire che ho davanti le parole di una delle autrici più rappresentative del romanzo russo del novecento.
Da diversi anni la mia voglia di conoscere qualsiasi aspetto della cultura e dell’arte russa in tutte le sue forme, mi spinge ad investigare autori e artisti a me sconosciuti. Non c’è nulla che appaghi i miei sensi come questa continua ricerca.
Ljudmila Evgen’evna Ulickaya nasce nel 1943 nella città di Davlekanova in Baschiria. Si laurea in genetica all’Università di Mosca e, dopo aver lavorato per due anni nel campo della genetica e della biochimica presso l’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica, viene licenziata e accusata di aver diffuso libri proibiti attraverso il samizdat. Da un esame della macchina da scrivere da lei utilizzata, infatti, viene accusata di aver copiato il romanzo Exodus dello scrittore statunitense Leon Uris, libro che era stato bandito in Unione Sovietica a causa dei suoi temi religiosi, in quel periodo proibiti.
Iniziano quindi gli anni della ricerca letteraria, frutto delle sue origini ebraiche che, dopo anni di difficoltà familiari, la spingono a dedicarsi alla prosa.
Ljudmila Ulickaya è oggi una testimone intelligente, ironica e appassionata della Russia del novecento. Nei suoi libri e nei suoi racconti infatti, copre un periodo storico molto ampio, descrivendolo minuziosamente e raccontando la società russa sotto forma di “realismo sociale”.
È un po’ come se tutti i grandi scrittori classici del passato si fossero reincarnati in una donna dall’intelligenza acuta, i suoi romanzi, quasi tutti bestseller, descrivono la realtà sovietica e quella della Russia moderna.
Il mondo che ci appare dai suoi racconti è intriso di dettagli, di storie che legano la tradizione russa alla terra e alle origini ma anche alla religione, la sua e quella degli altri. Di origine ebraica infatti è stata testimone negli anni di un bagaglio culturale indissolubile, che ha portato in giro per il mondo con i suoi racconti, infatti le sue opere sono state tradotte in 25 lingue. Nei suoi libri racconta di minoranze, del lato oscuro del potere, oltre a rappresentare una società russa in evoluzione, ma sempre legata alle proprie tradizioni. Come definisce essa stessa, la sua è una “minoranza fumante”, che scalpita nel tentativo di farsi portavoce delle problematiche e delle caratteristiche della società del novecento. I diritti delle persone in Russia sembrano essere seppelliti sotto le macerie del regime. Per questo la sua opera è oggi più che mai attuale, simbolo di una problematica che ancora oggi sussiste. La Ulickaya infatti ritiene che il disordine che si era creato durante il periodo staliniano non sia stato ancora ristabilito. Da sempre fortemente contraria alla politica di Putin per lei l’arte, la letteratura e la cultura, creano uno spazio nobile nell’essere umano, dove la politica tende a relegare l’uomo in una condizione di sottomissione e di apparente calma anestetica. La cultura è più elevata della politica.
I suoi non solo sono grandi libri, ma anche libri grandi, che spesso superano le 500 pagine. Fra i suoi romanzi più rappresentativi, che vale la pena leggere troviamo:
Daniel Stein, traduttore pubblicato nel 2010, che è ispirato ad una storia vera ed è particolarmente interessante, soprattutto a chi piace la lettura con temi religiosi. In questo romanzo la Ulickaya, con uno stile più giornalistico che lega a sé tutte le vicissitudini della storia, racconta le vicende di Daniel Stein, ebreo convertitosi al cattolicesimo che prima collabora nelle file della Gestapo, per poi riuscire a far evadere trecento ebrei dal ghetto di Emsk. Le cartoline e le lettere che osannano la figura di Daniel fanno da filo conduttore al racconto, legando tutti gli eventi. Traspare in questa vicenda il grande senso di libertà che l’autrice vuole che emerga dai suoi racconti.
Una storia russa uscito nel 2016 racconta di tre compagni che si ritrovano a Mosca negli anni cinquanta: un poeta rimasto orfano, un fragile ma dotato pianista e un fotografo alle prime armi, con il grande talento di collezionare segreti. Tutti e tre raccontano il loro cammino nell’età adulta dopo il periodo staliniano, dove i loro eroi sono stati censurati o addirittura esiliati. Il libro è il racconto della censura e del tentativo di trovarne i varchi fra arte, letteratura, poesia e attivismo politico. I sempre più immotivati e infiniti arresti politici si alternano agli amori e Il tavolo scuro illuminato da una luce vagamente primaverile, sul tavolo due bicchieri di vodka, io e lei alziamo i calici e, al grido di “za zdarovye”, mi ritrovo quattro pagine dense in russo da tradurre.
Lo spavento e il disagio vengono rimpiazzati dalla consolazione nel sentirmi dire che ho davanti le parole di una delle autrici più agli intrighi raccontati con grande pathos.
Il sogno di Jakov uscito nel 2018 è di certo il suo libro più personale, in quanto la Ulickaya ricostruisce in maniera romanzata parte della storia della sua famiglia. Jakov è il nonno della scrittrice, la cui storia si intreccia con quella della nipote Nora, che sembra avere molti tratti in comune con la scrittrice. Nora scopre inavvertitamente una serie di lettere scritte dal nonno. Nonostante una iniziale riluttanza si decide a leggerle, scoprendo un mondo a sé, attraverso le storie del nonno piene di avvenimenti gioiosi ma anche di vicissitudini, fra le quali la condanna al Gulag. Una tematica che affronta è rappresentata dalle persecuzioni patite dopo la seconda guerra mondiale, da numerosi membri dell’Intelligencija, critici nei confronti del regime sovietico. Nel romanzo spicca anche la figura della nonna Marusja, figura di donna emancipata con le sue speranze e delusioni, la cui storia attraversa tutto il novecento. Le sue protagoniste come è facile notare, sono sempre donne dal carattere forte, logico e razionale. Nel romanzo è evidente il cambio di prospettiva dell’autrice che ci accompagna attraverso lo scorrere degli anni. Ulickaya come è sua consuetudine fare, si estende per tutto il novecento, attraverso la partecipazione emotiva dei personaggi agli eventi storici.
Nonostante i premi vinti e il plauso internazionale, la sua voce purtroppo non è stata ancora riconosciuta come indimenticabile e necessaria dai recensori. E ‘chiaro, tuttavia, che questa pura e proibita scrittrice sia destinata a diventare una leggenda vivente, e la migliore erede del grande romanzo russo. Ecco, questo è il suo mondo, la sua realtà.