Cenerentola di Zaches Teatro, da fiaba oraria a fiaba orale

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La fiaba di Cenerentola la conosciamo tutti, più o meno. Una ragazza relegata al ruolo di serva di casa diventa sposa di un principe.

Gli elementi principali? Una scarpetta, una fata e la mezzanotte.

La versione di Zaches Teatro, andata in scena il 27 novembre al Teatro Testori di Forlì, è diversa.

La mezzanotte non è importante, la scarpetta viene lanciata via e al posto della fata, ci sono tre streghe.

Vengono meno gli elementi che conosciamo e questo può suscitare spaesamento ma allo stesso tempo regalare una sorpresa.

Ma perché questa direzione?

La compagnia Zaches, tramite la fiaba di Cenerentola, vuole raccontare una storia di emancipazione, tutta al femminile. Nello spettacolo la protagonista è rappresentata da una marionetta, mossa da tra streghe-cornacchie, che sono anche le sue mentori e protettrici e vessata da sorellastre e matrigna (presenti solo come voci). Tuttavia, nel finale, Cenerentola diventa una ragazza vera, in carne e ossa. Si lascia alle spalle il palazzo reale e fugge, lanciando via la scarpetta, come a non voler essere ritrovata da nessun principe.

Per raccontare questo rito di passaggio la compagnia spoglia la fiaba delle connotazioni che ha preso nel corso del tempo, cercando di restituirle un sapore popolare, più vicino alla tradizione orale.

Le fonti principali sono due (ma anche rispetto ad esse ci sono alcuni scarti): La Gatta Cenerentola de Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, del 1634, e la Cenerentola dei Fratelli Grimm del 1822.

Scarpetta e fate compaiono, in modi diversi, in queste due versioni, ma la mezzanotte no. Quello del limite di tempo, oltre il quale la magia non garantisce più protezione e sostegno a Cenerentola, è un espediente introdotto da Charles Perrault nella sua Cendrillon del 1697. Dopodiché è stato ripreso (anche in virtù della sua potenza narrativa) in decine di versioni scritte, illustrate e cinematografiche (emblematica quella di George Méliès del 1899), fino ad entrare nell’immaginario collettivo. Da quel momento Cenerentola diventa una fiaba oraria.

 

 

La Cenerentola che ci si immagina di solito ha sempre l’orologio sotto mano, perché sa che c’è un limite (di tempo) oltre il quale non può spingersi. Come una ragazzina a cui i genitori hanno imposto il coprifuoco. La protagonista dello spettacolo di Zaches, invece, conquista una libertà totale, senza vincoli e regole. Si affranca pienamente. E questo accade proprio nel momento della fuga da palazzo, in cui la Cenerentola della fiaba oraria, invece, è riportata alla prigionia della quotidianità.

Questo passaggio è rappresentato anche dalla trasformazione della protagonista: da marionetta a ragazza vera. Finalmente libera dal mondo domestico, fatto di cenere e umiliazione, Cenerentola prende una nuova strada, scalza, perché la scarpetta l’ha lanciata via, in barba al principe.

È una Cenerentola potente, ma per certi versi anche un po’ spaventosa.

Infatti, se la Cenerentola-marionetta si inseriva senza problemi nell’ambiente della messa in scena, quella in carne e ossa appare fuori misura. È gigantesca rispetto al palazzo da cui sbuca fuori, come un novello King Kong con il grattacielo.

Quasi a voler dire che la libertà totale è una cosa troppo grande per un mondo orario e temporale come il nostro.