Una tranquilla domenica a teatro: su Un castello di carte di Danilo Conti

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ph Francesco Bondi

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In una tranquilla domenica pomeriggio vado al Teatro Il Piccolo, di Forlì, a vedere lo spettacolo Un castello di carte di Danilo Conti.

Ripeto: è una domenica tranquilla. Non si muove una foglia.

Di colpo inizia lo spettacolo, con le luci in platea ancora mezze accese, ed entrano un burattino e Danilo Conti.

Precisazione: Danilo Conti è un uomo, ma si muove come fossero cinque.
Sale sul palco, scende dal palco, getta una carta, la va a raccogliere, la getta di nuovo, cammina, scende ancora dal palco, risale, riscende, fa un personaggio, poi due, poi tre, poi scende di nuovo dal palco, poi risale, poi fa altri sei personaggi, poi tira fuori una valigia, canta una canzone e di colpo è finito lo spettacolo.

Detto così sembra che sia durato poco, ma è passata un’ora buona.

D’altronde il tempo passa quando ci si diverte e sia io che i bambini ci siamo divertiti molto.

Ma vediamo lo spettacolo al rallentatore.

Inizia con una canzoncina e la promessa di raccontare qualche storia.

Si volta la prima carta, cioè la prima sagoma di personaggio ritagliata dal primo mazzo di Tarocchi: quello Visconteo, e compare un Re, che sta male. Si voltano altre carte, cortigiani e medici, e si esegue la diagnosi: per far guarire il re serve una penna dell’orco con le penne. Solo a questo punto si volta la carta del protagonista: NobilFante di Bastoni, che parte alla ricerca della penna.

Però la vita è come un mazzo di carte, sta a noi estrarre ma è il destino che sceglie. Così Danilo Conti scende in platea e fa pescare ai bambini una carta dal Mazzo degli Incontri. Volta la carta e compare il Fante di Coppe.

Prima che ce ne rendiamo conto, Conti è di nuovo sul palco, che fa dialogare il Fante di Coppe e il Fante di Bastoni, mentre i lupi ululano, gli sciacalli ri-ululano e un oggetto volante non identificato gracchia nel cielo.
Non c’è nessun effetto sonoro e nessuna voce fuori campo, ma nonostante questo ci sono due fanti, almeno un lupo, uno sciacallo e un oggetto volante: totale cinque personaggi.
Ma Danilo Conti si muove come fossero in cinque, quindi i conti tornano.

Anche Conti torna, quasi subito, a far pescare di nuovo i bambini dal mazzo degli incontri.

Stavolta esce il Papa. Segue un altro dialogo, una promessa e ancora il grido di lupi e sciacalli. Poi un’altra pescata (l’ultima perchè di carte a questo punto ce n’è una sola). Viene fuori il Matto, il barcaiolo, che trasporta il NobilFante di Bastoni attraverso il lago.

E l’orco?
Viene fuori, ma non dal mazzo degli incontri.
In effetti il NobilFante non lo incontra, se lo va a cercare.
Si infila nella tana dell’orco con le penne e, grazie all’aiuto della moglie dell’orco, gli strappa tre penne e tre risposte. Fugge con la ragazza, dispensa le penne a chi le aveva promesse e si accasa.

Fine? Ma ci mancherebbe! Danilo Conti non è nemmeno sudato.

Così torna sul palco e comincia un nuovo racconto, stavolta con un nuovo mazzo di tarocchi, quello di Marsiglia.

La seconda storia sembra tratta dal Libro di Giobbe, ma, come la prima, è tratta dalla raccolta di Fiabe Italiane di Italo Calvino.

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ph Francesco Bondi

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Voltate ben due carte, compare Compare Fante di Bastoni (Marsigliese) insieme a Compare Matto. Si apre un giro di scommesse e il Fante di Bastoni perde tutto. La sconfitta gli costa due occhi della testa, infatti perde anche la vista. Tuttavia ha la fortuna di cascare in un fosso (bella fortuna!) e di ascoltare i discorsi segreti dei diavoli. Così scopre come riacquistare la vista e salvare la figlia del re, una carta che verrà scoperta di lì a poco. Non solo, ma Compare Matto verrà punito dal fato per il suo comportamento avido e sventato.

Fine? Ma ci mancherebbe! Danilo Conti ha tirato fuori un burattino e sta per iniziare una terza storia.

Ma (colpo di scena!) si ferma e chiude la valigia. Lo spettacolo termina con un invito:

la terza storia ciascuno potrà leggerla da sé, magari in famiglia, con chi c’è.

E con l’iniezione di energia ricevuta da Conti, c’è da scommettere che lo faranno in tanti e di corsa. Perché la letteratura, e soprattutto Calvino, è giusto prenderli a passo di carica.

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Sono un artista, autore, atleta, attento a cogliere tutte le occasioni che la vita mi offre. Viaggio, scopro, racconto e intanto guardo e imparo. Nella mia formazione ci sono rami che sembrano lontani, geograficamente e concettualmente, ma che in me trovano un nodo: dalla laurea in Chimica a Torino, fino a Roma al diploma in Multimediale all’Officina Pasolini. Ho la passione del linguaggio scritto, che sia in musica, teatro o in un fumetto. Per questo scrivo e mi cimento in tutto e da scienziato cerco sempre il fatto.