Romeo e Giulietta, adattamento di Campanale

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Romeo e Giulietta - Ph. Mariagrazia Proietto

La tragedia di William Shakespeare è uno dei testi più noti e famosi della cultura occidentale, al punto da diventare una sorta di simbolo dell’amore puro e assoluto che unisce due giovani, ma avversato dalla società. Ha avuto innumerevoli rappresentazioni, nelle forme più diverse, dal teatro al cinema, all’opera, alla danza.

Per questo suo adattamento teatrale il regista, Michelangelo Campanale, propone una chiave di lettura originale. Il progetto iniziale è nato da una sua collaborazione con il Teatro Excelsior di Bucarest. L’idea era quella di una coproduzione (tra i produttori italiani, oltre alla Compagnia la Luna nel Letto, anche Emilia-Romagna Teatro ERT), che unisse, sulla scena, sia attori rumeni che attori italiani. Da queste particolari condizioni produttive è nata quindi l’idea di rappresentare lo scontro tra due clan, con diversa origine etnica e linguistica: i Montecchi sono italiani (anche se una donna al loro servizio è di origine rumena ed insegna a Giulietta le basi della sua lingua), mentre i Capuleti sono rumeni.

La scenografia e i costumi eliminano ogni riferimento storico e temporale preciso, la tragedia potrebbe anche essere ambientata ai giorni nostri. La scena è spoglia, e ai suoi margini laterali vi sono dodici sedie, una per ogni attore. Da un lato i sei Montecchi e sull’altro lato i sei Capuleti. Gli attori, che indossano tutti vestiti bianchi, si fronteggiano, con sguardi ed espressioni carichi dell’odio alimentato della storica ostilità che li divide.

C’è poi un tredicesimo attore, questo vestito di nero, ad interpretare frate Lorenzo, una sorta di scienziato ed alchimista che architetta lo stratagemma che dovrebbe consentire ai due giovani amanti di realizzare le loro aspirazioni.

Al tempo stesso questo attore recita, in lingua inglese, alcuni passaggi del testo di Shakespeare. Questo conferisce alla rappresentazione i tratti di una ritualità sacra, dove ad essere declamata non è la Bibbia, ma, appunto il testo di Shakespeare, come se fosse un testo di natura religiosa, un vangelo profano della vita e della morte. Nella seconda parte dello spettacolo compare sul fondo della scena un grande crocifisso, costruito sul modello di quello realizzato da Cimabue. Il significato di questa presenza non è così chiaro, forse rappresenta un possibile elemento unificante delle due diverse culture, quella italiana legata al cattolicesimo e quella rumena, dove i cristiani sono in gran parte ortodossi. O, forse, l’idea di da una rappresentazione dei passaggi essenziali della tragedia (l’inimicizia tra le due famiglie, la festa dove i due giovani si conoscono, il corteggiamento, la preparazione del veleno, il matrimonio), come di un rituale, costretto a riprodursi sempre nello stesso modo, fino all’esito tragico finale.

Romeo e Giulietta incontrano i loro sguardi per la prima volta in una festa organizzata dai Montecchi. Una festa in maschera, accompagnata da musiche moderne, dove i ritmi latini si uniscono a quelli balcanici. Ancora prima di conoscere le rispettive identità, è amore a prima vista.

Sia pure con qualche fatica, i due giovani riescono a comunicare tra di loro. Giulietta ha appreso le basi della lingua rumena dalla donna di servizio, Romeo si sforza di comunicare con lei in italiano. Il loro amore è anche uno scambio e un tentativo di condivisione delle proprie culture, che supera la logica della divisione e dello scontro.

Il regista gioca molto sull’incomprensione tra le due lingue che diventa anche contrapposizione di mondi e culture che faticano a stare assieme. Eppure, una comunicazione tra i due giovani riesce a realizzarsi. Non mancano, in questi momenti, alcuni tratti di comicità, che stemperano l’atmosfera tragica che pervade il racconto.

Ad interrompere l’idillio amoroso e dare inizio alla tragedia ci pensano così la violenza delle azioni, la morte violenta di Mercuzio, la vendetta di Romeo, che accoltella Tebaldo, e che è costretto a lasciare la città.

In questa seconda parte, le scene si susseguono con un ritmo incalzante, forse anche troppo. Il regista ci porta velocemente all’epilogo tragico che tutti conosciamo, quasi gli interessasse soprattutto indicare il senso di ineluttabilità delle azioni motivate dall’odio, che generano violenza, alimentando dinamiche che finiscono per negare ogni possibile convivenza tra le diverse culture. Forse il regista avrebbe potuto provare a sviluppare un meccanismo narrativo che, anche distaccandosi maggiormente dal testo di partenza, sviluppasse la tragedia in modo originale, maggiormente coerente con le scelte che hanno ispirato l’adattamento.

Lo spettacolo messo in scena da Campanale è anche l’occasione per favorire l’incontro tra due diverse tradizioni culturali. Esso avviene attraverso la sinergia tra attori italiani e rumeni, con le rispettive lingue e tradizioni teatrali (ad esempio quella rumena molto legata all’espressività dei corpi). Ma l’incontro si realizza anche in platea. Al teatro Bonci abbiamo visto tantissimi spettatori rumeni, grazie anche alla lodevole iniziativa del teatro di offrire un biglietto a prezzo molto ridotto a favore dei cittadini rumeni residenti della nostra regione.

Romeo e Giulietta (Romeo și Julieta), dall’opera di William Shakespeare, adattamento scene e regia di Michelangelo Campanale. Visto al Teatro Bonci di Cesena il 12 febbraio 2023.

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Dario Zanuso: Ama, al pari di un’iguana, crogiolarsi per ore al sole, ma come una talpa, si trova a suo agio anche nel buio di una sala cinematografica. Il suo sogno nel cassetto è di proporre alla Direttrice una rubrica di recensioni letterarie dal titolo “I fannulloni della valle fertile” o “La valle fertile dei fannulloni”, è indeciso; da sveglio si guarda bene dal farlo: è pigro quanto un koala australiano. Aldo Zoppo: Collaboratore di Gagarin Magazine dal 2010, ha ideato con il fido Dario la rubrica Telegrammi di Celluloide. Nasce a Napoli nei mesi delle rivolte studentesche del ‘68, si trasferisce a Ravenna a metà degli anni ’90 e diventa cittadino del mondo, pur rimanendo partenopeo nell’anima. Lo si trova abitualmente nei vari festival cinematografici del bel paese, apprezza molto le produzioni dei “Three amigos” del nuovo cinema messicano e la cinematografia italiana, dal Neorealismo alla commedia all’italiana. Attore teatrale per hobby, ha interpretato tanti personaggi della commedia napoletana, da Scarpetta ai fratelli De Filippo.