Nelle profondità prive di gravità con gli Ai!

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Ai! Gabriele Ciampichetti

Leggi “Ai” e il primo pensiero va probabilmente all’intelligenza artificiale, questo fenomeno oggi così dibattuto. Eppure per qualcuno di orecchio più fine quel dittongo scritto così, senza acca tra le due vocali, ha un suono diverso. “È un’espressione tipica della graphic novel – ci spiega lui, che di fumetti, c’è da scommetterci, è un appassionato -. Un grido di dolore, ma con l’illusione che, nella finzione, possa fare meno male”. Questa licenza poetica lo ha sempre affascinato, racconta, tanto da avere ispirato il nome della sua ultima avventura sonora: si chiama infatti Ai! il nuovo progetto musicale di Gabriele Ciampichetti, che torna al fianco di Stefano Orzes, suo batterista di sempre, in un dialogo ipnotico fra basso, chitarra e batteria che si completa con la voce poliedrica di Luca Fattori, che a un tratto arriva a sublimare il tutto scardinando ogni legge della forma canzone. Il risultato di questa sperimentazione musicale è Manuale illusione, un concept album di otto tracce registrato a marzo 2021 tra il Locomotiv Club di Bologna e il Mountain Goat Studio di Sasso Marconi e uscito il mese scorso su vinile e piattaforme digitali, in attesa di essere presentato in un release party esclusivo il prossimo 6 maggio. All’interno del disco non mancano poi le collaborazioni: alcune tracce sono state arricchite dai fiati di Dico Fone e dalla viola di Chie Yoshida che donano un approccio coraggioso all’intero lavoro.

Autore e polistrumentista in passato fra le fila di band apprezzate sulla scena alt-rock e underground come i Crazy crazy world of Mr. Rubik e gli Eveline, Ciampichetti è un personaggio noto nella scena musicale bolognese (e non solo) anche per la sua esperienza dietro le fila del Locomotiv Club, di cui è socio fondatore e promoter. In una fredda ma soleggiata mattinata di fine marzo – l’ossimoro si presta bene alla descrizione del progetto – ci racconta come nascono gli Ai! e qual è stata la genesi del disco. Un disco doloroso quel che basta per condurre l’ascoltatore in un viaggio in quelle “profondità prive di gravità” descritte nel singolo di lancio Blu. Un abisso in cui perdersi per poi risalire in superficie, lasciando che l’orecchio – e l’animo – si perda in una dimensione catartica, tra atmosfere notturne e beat eterei.

Come è quando nasce questo nuovo progetto musicale?
Nasce nella primavera 2020, dopo che con il Locomotiv eravamo stati tra i primi club a interrompere le attività a causa dello scoppio della pandemia. Quello che sembrava uno stop momentaneo alle attività si è rivelato ben presto una pausa di lunga data. Perso così, in queste “profondità prive di gravità”, avevo iniziato a percepire una sensazione di galleggiamento che non mi faceva stare bene. A un certo punto ho sentito letteralmente le sabbie mobili sotto i piedi. Così ho chiamato Stefano, il mio batterista di una vita, e gli ho proposto di ricominciare a suonare.

Un ritorno salvifico, quello alla musica?
Il mio percorso musicale e compositivo si era interrotto da qualche tempo, ma la musica è da sempre parte della mia vita, anche come promoter del Locomotiv. È un rifugio sicuro durante le intemperie, un’ancora di salvezza a cui aggrapparti quando ti senti sprofondare.

Dal punto di vista compositivo, come ha preso forma il disco?
Sono partito io con dei loop di basso, poi Stefano ha iniziato a improvvisarci su con la batteria. Di lì piano piano abbiamo iniziato a creare il nostro sound, il nostro raggio sonoro fatto di jazz, desert rock, mettendoci dentro un po’ di tutti gli ascolti fatti in una vita: alternative rock, sperimental rock, cantautorato anni Settanta, italiano e d’oltre oceano. Poi è arrivata la chitarra. La voce è stata l’ultimo tassello del puzzle.

Ai! Gabriele Ciampichetti live

Fil rouge, l’improvvisazione.
Durante la creazione di questo album siamo rimasti sempre in ascolto, annotando tutto in un canovaccio di idee, niente più, per non perdere la forza emotiva scaturita dall’improvvisare. Parallelamente si sono delineate le prime line vocali e i primi testi, tracciando così il campo da gioco, il perimetro d’azione. Abbiamo quindi capito che ci serviva una voce poliedrica, capace di spaziare, che possedesse in sé differenti registri, così dopo varie ricerche siamo arrivati a Luca Fattori, un artista con una grande tecnica e un grande talento. Con lui abbiamo iniziato a “cantare la voce”, con l’obiettivo di arrivare all’espressione artistica più alta per elevare al massimo la forza di ogni brano.

Per certi versi Manuale illusione è un disco “al contrario”, passami il concetto: gli strumenti sono protagonisti, poi arriva la voce (a volte oltre il minuto 6, ndr) a fare da accompagnamento alla musica.
È un disco con tantissimi preliminari, per certi versi anche un po’ complicato: del resto abbiamo incasinato tutti gli algoritmi del mondo a comporlo! Infatti inizialmente non c’era l’idea di farlo uscire. Poi però ci siamo resi conto di avere per le mani un progetto molto interessante, anche se musicalmente forse lontano da ogni logica di mercato mainstream. Ma non poteva uscire diversamente: per noi è stato un modo per andare più a fondo possibile, per mettere mano a noi stessi e trovare quel tessuto sonoro che rappresentasse al meglio quella fase della vita che stavamo attraversando.

Gli otto brani che compongono “Manuale illusione” sono dei piccoli “bonsai concettuali” – spiegate nella presentazione del disco – all’insegna del minimalismo. Li ascolti e la percezione allo stesso tempo è quella di una cura quasi maniacale di ogni singolo dettaglio: è così?
Vero, anche i testi, che ho composto dopo avere registrato la base musicale, sono stati cesellati. Raramente mi sono aperto così all’ignoto, ho sempre tenuto le mie cose private come tali, invece in questa fase artistica ho avuto l’esigenza di espormi, di mettermi a nudo. E tutto è stato incredibilmente ed estremamente facile, tutto si è incanalato in maniera immediata, come se ci fosse un solco aperto non so da cosa.

Torniamo al periodo in cui è nato il disco, il primo lockdown, a cui sono seguiti due anni a dir poco bui per la musica dal vivo, un settore che è stato lasciato in balia di sé stesso durante la gestione della pandemia. Come avete vissuto questo periodo da titolari di un club?
Non è stato facile, confesso. Il lockdown ci è piombato addosso durante il 12esimo anno di programmazione del Locomotiv, avevamo in essere una programmazione live eccezionale per quella stagione, frutto di anni di concerti, di contatti e di esperienza. Fermarci lì, così all’improvviso, voleva dire azzerare un po’ tutta questa esperienza, o almeno questa era la sensazione iniziale. È stato uno dei momenti più complicati della nostra carriera, ci siamo sentiti dimenticati, abbandonati da tutti.

“Stato, stato, stato di confusione. Stato, stato, stato di delusione”: la canti nel brano 24 febbraio, questa frustrazione.
Non sono una persona che tende a incolpare gli altri di qualcosa, tendo piuttosto ad attribuire sempre la responsabilità a me stesso. Però la percezione durante quel periodo era stata di totale impotenza di fronte agli eventi, sapevamo di avere fatto tutto quello che era in nostro potere. Come ho detto è stato un periodo molto difficile, ma abbiamo reagito. Abbiamo trovato la forza di reinventarci e così durante il lockdown il Locomotiv è diventato uno studio di registrazione, musicale e video: attrezzati di telecamere e regia mobile sul palco, abbiamo ospitato concerti in streaming e messo a disposizione la location per la realizzazione di numerosi videoclip.

Così è nata anche Locomotiv Records, la label indipendente che oggi affianca l’attività del club?
Durante la pandemia ci siamo dati la missione di produrre musica e non limitarci solo a ospitarla. Sono così nati i dischi di Korobu e Pin Cushion Queen, due formazioni che vanno un po’ nella stessa direzione degli Ai!, quella di una musica suonata con più esperienza possibile e, spero di poter dire, con talento, che possa rimanere nel tempo. Questa è poi la filosofia del Locomotiv, da sempre: dare massima attenzione all’aspetto culturale e del contenuto, lasciando in secondo piano il mero intrattenimento.

Concludendo, ora lo porterete sul palco, Manuale illusione?
Il release party sarà al Locomotiv, il 6 maggio: per l’occasione avremo con noi Giorgio Canali e i Rossofuoco. Ha ascoltato il disco e gli è piaciuto, così ha deciso di partecipare alla serata aprendo il nostro concerto. Sempre a maggio abbiamo in ballo alcune date che speriamo di chiudere presto, tra Milano, Torino e Roma.