Brisighella – Dakar, un viaggio in moto responsabile. Prima puntata

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Viaggiamo da molti anni e, in tutto questo tempo, abbiamo visitato gran parte del mondo.

Una delle caratteristiche del “viaggio” è quella di immergersi in una realtà “diversa” da quella che sentiamo esserci propria.

Questa sensazione è amplificata se ci si trova in un paese esotico, in cui usi e costumi sono diversi dai nostri e, questa volta, la diversità è amplificata dal Ramadan.

Bastano necessità essenziali, come il bere o il mangiare, per renderci diversi dalla realtà in cui viviamo da due settimane.

Ma questa volta qualcosa si è rotto: il sottile cristallo che separava noi occidentali dalla gente del Marocco, è andato in frantumi durante la nostra visita alla Casa di Accoglienza per bambini oncologici di Marrakech.

Questo progetto, fondato da Amal e sostenuto da Soleterre, ci ha messi di fronte a problemi “come i nostri” affrontati da gente che è esattamente “come noi”.

Certo: il paesaggio e il clima sono diversi. E’ diversa la religione, la cucina, la lingua. Ma tutte queste differenze non tolgono, a queste persone, un grammo dell’affinità che hanno con noi.

La malattia, le difficoltà nella diagnosi, la scelta delle cure, la terapia e tutti gli altri aspetti che fanno parte della cura del tumore, sono gli stessi per ogni persona che li stia affrontando.

Uno degli obiettivi di questo viaggio è conoscere le realtà locali attraverso progetti di cooperazione internazionale. In Marocco, Soleterre ci ha dato l’occasione di conoscere e visitare la casa di accoglienza di bambini oncologici nata nel settembre 2022 a Marrakech.

Soleterre è una Ong italiana che opera da più di 10 anni in diversi paesi del mondo, con un programma salute a sostegno dei pazienti oncologici, con particolare attenzione ai bambini. Abbiamo raggiunto la casa di accoglienza DAR AL AMAL e qui abbiamo incontrato Sonia Drioli, responsabile locale di Soleterre, e Bahija Gouimi, presidentessa della Associazione Amal e docente di Economia all’Università di Marrakech.

Amal (Associazione dei malati affetti da leucemia) nasce dalla storia personale di Bahija che, nel 2002, scopre di avere la leucemia. Una malattia che le avrebbe lasciato solo tre anni di vita. Con due figli piccoli e incinta del terzo, Bahija propone al marito, per garantire la continuità famigliare, di formare una nuova famiglia. Il marito invece decide di sostenerla e la segue, prima a Casablanca poi a Rabat, alla ricerca di specialisti e cure. Bahija ci mette 4 mesi per avere una nuova diagnosi e indicazioni per cure più efficaci e, solo grazie agli amici e alle sue conoscenze personali, riesce ad ottenere, dalla Spagna, i farmaci che le servono. Oggi, grazie all’impegno suo e della sua famiglia, può festeggiare il ventunesimo anno dall’insorgenza della malattia e, soprattutto, il diciottesimo anno di sopravvivenza alla diagnosi iniziale.

Superata la malattia, Bahija inizia a chiedersi quali siano stati i punti di forza della sua guarigione, e decide di mettere al servizio della comunità la sua esperienza. Le sue prime attività sono mirate alla sensibilizzazione, con l’obiettivo di creare una percezione diversa della malattia e delle possibilità di cura, soprattutto in una situazione geograficamente ed economicamente difficile come quella del Marocco. Senza un attimo di riposo, Bahija idea, sviluppa e sostiene decine di iniziative pubbliche che vedono la partecipazione sia della popolazione che della classe medica.

A questo punto è quasi inevitabile che, nel 2015, inizi la collaborazione con Soleterre all’interno dell’Ospedale di Marrakech, per la formazione e l’aggiornamento dei medici, con l’obiettivo primario di ottenere diagnosi precoci.

Questa è infatti un fattore determinante, nell’oncologia infantile, per ottenere la guarigione del soggetto. Un altro aspetto, che fa parte della cura in modo determinante, è “potersi sentire a casa” durante tutta la durata delle terapie e poter condividere con altre persone coinvolte, e con esperti, l’intero percorso di cura. Soleterre, per esperienza diretta in altri paesi, ritiene fondamentale la realizzazione di una casa di accoglienza. Non dobbiamo dimenticare che l’ospedale di Marrakech è il punto di riferimento per tutta l’area sud del Marocco. Un’area enorme in cui i pazienti si devono somministrare trasferte faticosissime e costi insostenibili, per potersi sottoporre ad esami e terapie. Per questo motivo Amal e Soleterre si attivano e, nel 2022, inaugurano la casa di accoglienza, dove siamo stati ospiti e abbiamo potuto condividere la quotidianità con Sonia e Bahija ma, soprattutto, con i piccoli malati e le loro famiglie. Una casa moderna e confortevole, dotata di 12 camere, 2 cucine e spazi comuni che permettono anche l’affiancamento scolastico e le attività ludiche e che, ad oggi, ha già ospitato 300 pazienti. Vogliamo sottolineare la situazione della previdenza malattie, in Marocco, ha un funzionamento piuttosto particolare. Sui 40 milioni di abitanti, solo una parte marginale (dipendenti pubblici e di grandi aziende private) hanno una forma assicurativa che copre, tutte o in parte, le spese mediche.

La restante, e grandissima parte della popolazione, pratica quelle che potremmo definire “attività informali” spesso in centri abitati piccolissimi e distanti da ogni risorsa. Queste persone hanno come unica previdenza un “fondo Reale” il cui accesso però è assai complesso, non risarcisce completamente i costi delle cure e ne esclude una parte rilevante. L’effetto finale è che, gran parte di questa popolazione, non può accedere alle cure che, soprattutto nel settore oncologico, richiedono lunghe e ripetute trasferte in città grandi, lontane e costose.

La casa di accoglienza Dar Amal ha soprattutto il compito di rendere queste cure accessibili, ospitando i piccoli pazienti e i loro genitori per tutta la durata dei cicli di terapia, fornendo il trasporto da e per l’ospedale e mettendo a loro disposizione persone competenti che sono in grado di semplificare e rendere più efficace il rapporto con la struttura pubblica, assistendoli sia durante la terapia che durante le pratiche e le cure ospedaliere.

A questo punto è ovvio che le persone ospitate sono in difficoltà economica e sono segnalate dall’ospedale o dal “passaparola”.

Ma tutto quello che funziona, può funzionare anche meglio!

Ci sono due aspetti importantissimi che Soleterre vuole implementare. Il primo è la presenza di uno psicologo, che sia attivo tanto nell’ospedale quanto nella casa e che possa sostenere le famiglie e i piccoli pazienti nell’affrontare e superare la malattia e la terapia.

Il secondo aspetto è ancora più importante: la creazione di un fondo di emergenza per affrontare i costi relativi ai test clinici, ai trasferimenti e alle cure che non sono supportate dal sistema sanitario. Questo aspetto è importante perchè permetterebbe l’accesso a cure più efficaci e innovative anche alle famiglie più povere e più in difficoltà.

Ecco: questi sono i fatti. Quelle che mancano sono le nostre sensazioni. Abbiamo trascorso tre giorni con gli ospiti della casa. Tre giorni di fine Ramadan. Come certo sapete, si tratta di un periodo molto particolare nell’anno musulmano. Un mese di digiuno seguito da una festa che, per importanza, può senz’altro essere paragonata al nostro Natale.

Per questo motivo, molte terapie vengono spostate di qualche giorno, per essere praticate in un periodo meno “complicato” e rimangono fissate solo quelle più complesse e urgenti.

Nei giorni in cui abbiamo vissuto nella casa c’erano solo 2 piccoli pazienti e le loro famiglie.

Nel periodo di Ramadan tutta la giornata trascorre nel più totale digiuno ma, dopo la preghiera della sera, alla prima comparsa della luna, si imbandisce una cena piuttosto particolare che viene chiamata Iftar. E’ ovvio che anche noi vi abbiamo partecipato cucinando qualche piatto italiano, che abbiamo condiviso con gli altri ospiti.

Non siamo medici perciò, anche se le loro malattie e relativi sintomi ci cono stati descritti con molta precisione, ci pare molto più “nelle nostre corde” parlare di queste persone come di buoni conoscenti che stanno affrontando un momento difficilissimo della loro vita.

Il piccolo Adam ha meno di 4 anni. E’ piccolino, timido, cicciotto e attaccatissimo a suo padre, che non si allontana un istante da lui. Era presente anche la mamma, il cui obiettivo fondamentale sembrava quello di coccolare i “maschi di casa”. Adam, nei giorni in cui l’abbiamo conosciuto, ogni mattina partiva per l’ospedaleper seguire un ciclo di terapia piuttosto pesante, che però pare abbia dato buoni risultati. Il padre, cameriere a Tiznit (una piccola località nel sud del Marocco e a 24 ore di viaggio da Marrakech) nella necessità di seguire le terapie del suo piccolo, aveva perso il lavoro ed è stato messo in grado di sostenere i trasferimenti e le terapie solo grazie agli aiuti erogati dagli amici di Amal e di Soleterre.

L’altro protagonista dei nostri giorni a Marrakech è stato il piccolo Brahim. Qualche anno più di Adam e una personalità decisamente più vivace. In seguito ad un periodo di debolezza e interruzione della crescita gli era stata diagnosticata una forma di anemia che, solo dopo una serie di esami condotti all’ospedale di Marrakech, aveva avuto una corretta diagnosi; anche in questo caso si tratta di un problema oncologico. Brahim ha anche la necessità di mantenersi in linea con il programma scolastico, e la casa glielo consente grazie all’intervento di insegnanti di sostegno. La situazione familiare di Brahim comprende anche un problema in più, che da queste parti assume una gravità particolare: la mamma di Brahim (e della sua sorella maggiore) è divorziata. Di lei si fa carico la famiglia del fratello, ma le risorse sono pochissime e senza aiuti esterni, e senza l’ospitalità gratuita della casa, le sarebbe senz’altro impossibile sottoporre Brahim alle cure che gli sono indispensabili.

Non bisogna poi mai dimenticare che, ogni volta che Adam e Brahim sono sottoposti alle loro terapie, sono assistiti da Bahija o dal marito che si interfacciano con la struttura sanitaria per ottenere chiarezza ed il massimo dei risultati.

Ma i momenti più commoventi della nostra visita sono state le interviste con il padre di Adam e con la madre di Brahim.

Come scrivevamo all’inizio, scambiare queste esperienze con loro ha rotto la parete di cristallo che divide popoli e culture diverse: per la prima volta ci siamo sentiti davvero uguali.

E questa è la notizia migliore.