Brisighella – Dakar, un viaggio in moto responsabile. Seconda puntata. Essere Donna in Senegal

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Nella sede del COSPE di Dakar, oltre a raccogliere informazioni sul progetto INFORMA, Michela ci dà una prima visione del progetto ETRE FEMME (Essere Donna) e ci dà poi appuntamento a Sedhiou, per conoscerne i particolari ed incontrare gli altri operatori coinvolti. Arriviamo a Sedhiou qualche giorno prima dell’incontro e ci accomodiamo in uno splendido palmeto sul fiume. Purtroppo siamo in Africa e, ancora una volta, dobbiamo fare i conti con eventualità che su verificano solo qui. Dopo che ci siamo installati ed abbiamo tessuto le lodi della splendida sistemazione, ci spiegano che il “cuoco è scappato” (questa l’unica spiegazione comprensibile che riusciamo ad avere) perciò è impossibile avere i pasti. Ci arrangiamo in qualche modo ma non è facile, così decidiamo di spostarci una decina di km fuori città, in un altro bungalow.

A questo punto, è importante che vi raccontiamo qualcosa sull’attuale situazione politica senegalese. Nel 2024 si svolgeranno le elezioni per la presidenza della Repubblica. L’attuale presidente non ha ancora rinunciato all’idea di proporsi per un terzo mandato, anche se sarebbe anticostituzionale. Il suo principale competitor, capo dell’opposizione e sindaco di Zinghichor, è stato denunciato (pare dall’entourage del presidente) per atti di violenza sessuale.

La querelle è arrivata in tribunale e, proprio in questi giorni, i sostenitori del competitor hanno dato vita a una mobilitazione senza precedenti di militanti, in maggioranza giovani.

Le manifestazioni, che si ripetono in occasione di ogni udienza, vengono sempre violentemente represse dalla Gendarmeria.

Il giorno in cui dobbiamo incontrare Michela ed i suoi collaboratori, partiamo per raggiungere la Sede del Cospe. Raggiungiamo Sedhiou ma, proprio sotto l’arco di benvenuto in città, troviamo la strada bloccata dai manifestanti. Hanno fatto delle barricate in mezzo alla strada, a cui hanno dato fuoco.  Cerchiamo di spiegare il nostro compito, ma i manifestanti ci impongono di rinunciare. Non ci resta che telefonare a Michela e trovare un altro modo per incontrarla. Purtroppo le disgrazie non arrivano mai sole. La carta telefonica non funziona: credito terminato. Per fortuna, lungo la strada, troviamo un punto vendita di ricarica telefonica. Compriamo del nuovo credito e chiediamo anche di darci la possibilità di connetterci al loro WiFi. Così, via Whatsapp, riusciamo a metterci in contatto con Michela che ci raggiunge per vie traverse e, con grande difficoltà, ci guida, noi in moto, su dei veri sentieri, conducendoci al nuovissimo ospedale di Sedhiou, dove la nostra giornata di lavoro ha finalmente inizio.

L’ospedale di Sedhiou

Come abbiamo già detto, il progetto che dobbiamo approfondire si chiama ETRE FEMME.

Questo progetto è partito nel novembre del 2019 ed il suo termine è stato prorogato fino a luglio 2023.

Anche se la sua scadenza è piuttosto vicina, ETRE FEMME è destinato ad essere la base per tutta una serie di attività successive e, pertanto, è il caso di approfondirlo con cura.

Come abbiamo detto, siamo a Sedhiou: una cittadina nell’estremo sud del Senegal, nella regione di Casamance, la meno sviluppata della nazione.

Una regione che comprende anche i distretti di Bounkiling e Goudompha e che ha una serie di problemi socio sanitari che colpiscono soprattutto la sfera femminile e neonatale: alto tasso di mortalità infantile, violenza sulle donne e mutilazioni genitali.

L’incontro con Michela (capo progetto), inizia con la visita al reparto Pediatria e Maternità dell’Ospedale Regionale di Sedhiou, che è  partner del progetto.

L’ospedale si occupa dei casi difficili che non possono essere trattati dagli altri due livelli della struttura sanitaria senegalese. Qui incontriamo il direttore dell’ospedale e il primario di pediatria (e unico pediatra). Quest’ultimo ci viene descritto come un vero eroe, in trincea 24 ore su 24.

Il direttore dell’ospedale

Lui stesso ci illustra i suoi compiti e si sofferma sulla problematica della malnutrizione infantile. A quanto pare è causata non solo da problematiche economiche, ma anche da scarsa informazione della popolazione. Per sostenere questo reparto, il Cospe ha donato varie attrezzature  e delle ambulanze.

La visita è stata anche l’occasione per conoscere dei giovani specializzandi italiani dell’Ospedale Mayer di Firenze (partner del progetto), che sono qui per uno scambio professionale e si occupano di formare il personale di pediatria e maternità. Sottolineiamo che anche questa partnership è stata favorita dal Cospe.

Per proseguire nell’analisi del progetto, ci spostiamo nella sede del Cospe di Sedhiou, dove incontriamo la responsabile locale Mariama e le animatrici dei distretti di Bounkiling e Goudomp, che ci presentano le attività che hanno sviluppato.

Come abbiamo già detto, il progetto è iniziato nel 2019 nei tre distretti.

La strategia è stata estremamente sofisticata: l’obiettivo era quello di non “calare nessuna iniziativa dall’alto” favorendo invece la partecipazione e l’autodeterminazione femminile e limitando al massimo le opportunità di opposizione da parte della sfera maschile e familiare

In ognuno dei tre distretti, il Cospe si è mosso individuando e coinvolgendo le personalità femminili più autorevoli e, spesso, già impegnate nell’affrontare, quasi sempre da sole, i problemi che colpivano la sfera femminile.

Questi 3 gruppi sono diventati i punti di riferimento di ciascuna delle loro aree e, per evitare che qualsiasi donna si possa sentire esclusa, i tre gruppi si incontrano con cadenza settimanale in maniera spontanea e autogestita.

Inoltre, per impedire che il contenuto di questi incontri possa essere travisato, avvengono sempre all’aperto e in pubblico.

Queste attività hanno dato vita e tre agende distinte  in cui, però, molti temi sono comuni o affrontano tematiche simili con accenti differenti.

Il momento dell’incontro

Qui riassumiamo i punti essenziali.

Tutte le donne devono avere il diritto a partorire in una struttura sanitaria, evitando di mettere a rischio la loro vita e quella del nascituro.

Attualmente questo diritto è leso da usi e costumi.

Il parto in casa viene considerato un atto di coraggio.

Il parto in ospedale viene visto come meno umano: non viene effettuato secondo le tradizioni e, partorire di fronte a degli sconosciuti, mette le partorienti in grave disagio.

Non va nemmeno dimenticato il fatto che il parto in ospedale ha un costo.

In questo punto, vogliamo sottolineare che il Cospe sta segnalando alla donne l’esistenza di un fondo mutualistico statale, aderendo al quale, i costi della sanità diminuiscono in maniera rilevante, consentendo di aumentare l’utilizzo delle strutture sanitarie senza particolari difficoltà.

Registrazione di nascite e matrimoni.

L’autorità dei clan è molto forte, pertanto accade sovente che nascite e matrimoni siano considerati “ufficiali” anche senza essere registrati.

Purtroppo in questi casi decadono tutta una serie di diritti riconosciuti per legge, come l’accesso alla scuola le vaccinazioni e l’assistenza sanitaria.

Fra l’altro, fra le motivazioni portate per difendere l’usanza di non registrare i neonati, evitando le vaccinazioni, c’è addirittura la credenza che i vaccini siano stati creati dagli occidentali per rendere sterili le donne e limitare le generazioni future.

La struttura del clan va così in collisione con quella dello Stato.

Aumentare il potere decisionale e la disponibilità finanziaria delle donne.

Ci muoviamo in strutture patriarcali in cui la donna è  sottomessa al marito e, anche la scarsa alfabetizzazione, genera una mancanza di autonomia.

Si aggiungono anche credenze come quella che, se una donna tiene testa al marito, è malvagia e avrà una prole maledetta.

La conseguenza di tutto ciò è che l’uomo detiene il monopolio decisionale e le donne non hanno autonomia  sulla salute propria e della prole.

Per questo motivo viene proposta la creazione di “fondi comuni” in grado di sviluppare delle iniziative di microcredito a favore delle donne.

Violenza fisica e stupri.

Le adolescenti sono spesso oggetto di violenza sessuale e questa eventualità è favorita dalla grande promiscuità nelle case.

Ricordiamo inoltre che le donne sono viste come un oggetto sessuale e che adolescenti oggetto di violenza rimangono molto spesso incinte.

Mutilazione genitale femminile.

E’ un’usanza antichissima che viene giustificata come un atto per purificare le donne, e diminuire il loro desiderio sessuale, permettendo loro di arrivare vergini al matrimonio.

Si dice inoltre che la mutilazione faciliti il parto.

Invece la mutilazione ha un forte rischio di morte per emoraggia, rende doloroso il rapporto sessuale, oltre a favorire una serie infinita complicazioni sanitarie.

Violenza coniugale.

Viene considerata espressione dell’autorità dell’uomo e viene  esercitata anche solo per il rifiuto di una notte.

Altre motivazioni scatenanti sono l’alcolismo e la droga o una libido eccessiva.

Anche la poligamia, che in molte comunità tradizionali è ancora in uso, è spesso fonte di violenza.

Mancanza di personale e di attrezzature nelle strutture sanitarie.

Mancano strumentazioni per ecografie, radiografie, mancano ambulanze e letti in ospedale.

La strutture sanitarie intermedie sono assenti o insufficienti, il personale è scarso e manca quello qualificato.

L’accesso alle strutture è difficile o troppo oneroso, i medicinali sono pochi e  troppo costosi.

Oltre ad aver identificato i “punti deboli” della situazione femminile, le agende individuano delle soluzioni.

Dobbiamo ancora segnalare che il Cospe ha anche favorito il contatto diretto fra questi gruppi di donne con le autorità e con gli uffici legali, aprendo un importantissimo canale di comunicazione “al femminile” che, sommato alla creazione di minime disponiblità finaziarie può senz’altro favorire la realizzazione delle loro richieste.

Le nostre impressioni?

Sono ottime!

Il Cospe ha avuto l’intelligenza e la sensibilità indispensabile per trasformare l’iniziativa di donne eccezionali ma sole, in un vero movimento.

Ci ha in particolare colpito la scelta (senz’altro indicativa dell’indipendenza con cui le donne stesse si sono mosse) degli incontri settimanali all’aperto che permettono la partecipazione più ampia possibile, libera e senza condizionamenti.

Questi incontri permettono di fare crescere culturalmente la comunità e rendere le donne partecipi della vita collettiva in maniera decisionale. Sono donne e sono femministe.

Infine dobbiamo rilevare che, nonostante queste iniziative siano fortemente destabilizzanti per l’autoritarismo maschile, si sono evidentemente sviluppate in modo così serio e politicamente corretto, da non aver raccolto nessuna opposizione da parte degli uomini a dei clan.

Aggiungiamo che i gruppi, attraverso le azioni di microcredito, stanno anche diventando autonomi economicamente.

Questo fa in modo che, anche quando il Cospe terminerà il suo sostegno, le donne potranno continuare a lavorare e a difendere i loro diritti.

Per ultimo vorremmo sottolineare come il Cospe abbia lavorato con una sorprendente capacità di “non esserci”: ha avuto la capacità di “facilitare” senza “intervenire”. Una cosa davvero rara.

Rara e preziosa.

 

Patrizia Bottura e Flavio Boldrin insieme a Anna Castelli e Fabio Stojan

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