Visto da noi: Rapito di Marco Bellocchio

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ph Anna Camerlingo

Rapito il film di Marco Bellocchio, in concorso a Cannes 2023 e in questi giorni nella sale italiane, racconta innanzitutto una storia, una storia che ha radici di realtà storica, di cui conserva fedelmente i ritmi temporali narrativi e le più profonde coordinate significative e espressive, ma che non riguarda soltanto la Storia riguardando soprattutto la Vita.

Nella Bologna di fine anni cinquanta dell’800, ormai nel tramonto del dominio papale sulla città, il Sant’Uffizio, avendo appreso da una testimonianza tardiva che Edgardo Mortara,  un bambino di 6 anni figlio di una famiglia di commercianti ebrei del ghetto, è stato battezzato da una governante all’insaputa dei genitori, decide ai sensi della Legge Canonica di sottrarlo forzosamente alla famiglia, poiché un cristiano (ed ogni battezzato lo è secondo quella legge) non può essere educato dagli ebrei, dagli assassini di Cristo.

Esecutore dell’ordine, che sembra provenire dal Vaticano e dal Papa stesso, è padre Feletti Inquisitore di Bologna, che manda il bambino a Roma per essere educato in un seminario sotto lo sguardo diretto di un Pio IX che, nonostante scandalo e pressioni internazionali, mai deflette da quello che ritiene un necessario dovere della fede che rappresenta.

 

ph Anna Camerlingo

 

Questa la storia che riguarda la Storia, ma più nel profondo della sua intima struttura, Marco Bellocchio ne usa per parlare, io credo, soprattutto di sé, in una sorta di immedesimazione critica, tra rifiuto ideologico e fascinazione di una fede in cui non crede ma nei cui ‘umori‘ è vissuto come tutti noi, con quel bambino.

Parla dunque del suo rapporto con la religione, ma per quello che la religione rappresenta nella formazione di una personalità, la sua insieme alla nostra, anche quando si sviluppa in opposizione, in contrasto forte che talora giunge a sfiorare la blasfemia.

E attraverso questo suo, anche molto personale, indagare in fondo parla della libertà, nel cristianesimo del libero arbitrio, che non può che accettare anche il male come sua opzione costitutiva, e nel cattolicesimo della necessità in cui il bene, in quanto riconosciuto tale, può e deve anche essere anche una scelta ‘imposta’.

Ma come scrive Nikolaj Berdajev a proposito di Dostoevskij: “Ogni confusione e identificazione della libertà con il bene stesso e la perfezione equivale a negare la libertà. Un bene ‘per forza’ non è più un bene, ma degenera in male”.

 

ph Anna Camerlingo

 

Una contraddizione ideologica e anche metafisica che si rappresenta in quella sorta di ‘nevrosi‘, esistenziale prima ancora che psicologica, di cui Edgardo Mortara è, in fondo infelice, portatore e che talora esplode in atti mancati (l’abbraccio al Papa durante una processione che è quasi una violenza assassina incompiuta) e in contraddizioni laceranti (la scena del funerale di Pio IX e la reazione inconsulta e forse liberatoria di un Edgardo ormai sacerdote) di cui è sofferta espressione il rapporto con la madre, portatrice e matrice della sua anima profonda, un rapporto spezzato tra attrazione/affetto e rifiuto, fino al tentativo infelice di portarla con sé nella nuova fede.

In fondo l’ebraismo è religione matri-lineare, e in questo non può non essere anche contraddizione lacerante rispetto ad un patriarcato che il cattolicesimo ha tradizionalmente consolidato nella figura del Papa, il cui potere politico andava al contrario man mano disfacendosi per aggrapparsi a quel valore simbolico (anche con terrore come dimostra l’incubo di Pio IX) di cui rimane tuttora portatore nel profondo, pur tra mille e più contrasti e depotenziamenti.

 

ph Anna Camerlingo

 

Un film dunque complesso, cui possiamo riconoscere la sintassi del grande romanzo, da Dostoevskij appunto a Tolstoj, Hugo e anche Balzac, in cui la narrazione, sotto la mano esperta del regista, è una sorta di trascrizione alfabetica delle immagini, in cui cioè ogni ‘ripresa’, sia a camera fissa che in piano sequenza, sia in campo lungo che nell’uso ripetuto e psicologicamente espressionista dei primi piani, è una specie di sillabazione in cui precipita una parola che deve trovare significazione interiore oltre se stessa.

Tratto dal libro di Daniele Scalise (Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa) del 1996, si avvale della bella sceneggiatura dello stesso Bellocchio insieme a Susanna Nicchiarelli, Daniela Ceselli e Edoardo Albinati (lo ricordiamo autore del romanzo La scuola cattolica), che aiuta Belllocchio regista ad organizzare efficacemente il filo rosso della sua consapevole elaborazione.

La recitazione è apparentemente naturalistica con toni, come detto, di forte espressionismo e nel cast di grande valore, oltre ai bravi Enea Sala (Edgardo bambino) e Leonardo Maltese (Edgardo Ragazzo) e a Paolo Pierobon che è un intenso Pio IX colto nel pieno delle sue contraddizioni storiche (come istituzione) e di fede (come uomo), va segnalata in particolare Barbara Ronchi che è una madre di Edgardo di grande forza figurativa.

Oltre a questi, poi, non si possono non evidenziare, in personaggi solo all’apparenza di ‘orizzonte’ ma in realtà narrativamente essenziali, le prestazioni di Fabrizio Gifuni (un convincente inquisitore Padre Pier Gaetano Feletti) e di Filippo Timi (il Cardinale Giacomo Antonelli che accompagna con sofferenza il tramonto del potere temporale dei papi).

Limpida e quasi documentaristica, in efficace contrasto, la fotografia di Francesco Di Giacomo che riesce a sottolineare la valenza fortemente simbolica di alcuni passaggi, come la breccia di Porta Pia, che non è tanto lo squarcio in un muro quanto quello in un mondo.

 

ph Anna Camerlingo

 

RAPITO Regia: Marco Bellocchio. Attori:Enea Sala, Leonardo Maltese, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Samuele Teneggi, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Aurora Camatti, Paolo Calabresi, Bruno Cariello, Andrea Gherpelli, Walter Lippa, Alessandro Bandini, Leonardo Bianconi, Daniele Aldovrandi, Corrado Invernizzi, Michele De Paola, Fabrizio Contri, Giustiniano Alpi, Orfeo Orlando, Federica Fracassi, Giulia Quadrelli, Flavia Baiku, Tonino Tosto, Renato Sarti, Christian Mudu, Riccardo Bandiera. Paese:Italia Durata:125 min Distribuzione:01 Distribution Sceneggiatura:Marco Bellocchio, Susanna Nicchiarelli, Daniela Ceselli, Edoardo Albinati, Fotografia: Francesco Di Giacomo Montaggio:Francesca Calvelli, Stefano Mariotti Musiche: Fabio Massimo Capogrosso Produzione: IBC Movie, Kavac Film, Rai Cinema.

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