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«È uno dei più brillanti talenti in circolazione. Le sue performance verbali hanno il metro e la maestria della poesia tradizionale, l’agitazione cinetica dell’hip-hop e l’intimità di un sussurro da cuore a cuore… Tempest tratta coraggiosamente di povertà, classi e consumismo. Lo fa in un modo che non solo evita le insidie del sembrare banale, ma riesce anche a essere bello, attingendo alla mitologia antica e alla cadenza sermonica per raccontare storie del quotidiano»: così The Guardian, nel 2013, a proposito di Kae Tempest, che lo scorso 8 agosto la preziosa rassegna musicale acieloaperto ha portato a Cesena, alla Rocca Malatestiana.
Perfetta, la sintesi del quotidiano inglese, per suggerire le molte anime di questə artista che contiene moltitudini e le trasduce in molteplici forme linguistiche.
Per parte nostra, l’abbiamo conosciutə nel 2021, quando la Biennale Teatro a Venezia assegnò a Kae Tempest il Leone d’Argento «per l’audacia luminosa nel posizionare deflagranti inneschi riflessivi e per voler ancora sperimentare in un genere definito di nicchia, come la poesia, mescolando l’aulico con il basso, la rabbia con la dolcezza degli affetti – tra versi e rime taglienti di shakespeariana memoria e dal forte contenuto sociale, miti classici e ibridazioni hip hop – arrivando a parlare col cuore a un pubblico sempre più vasto», come scrissero nella motivazione del prestigioso premio gli allora Direttori Artistici ricci/forte.
Da lì, per noi, un tuffo vertiginoso in una vertiginosamente proteiforme e palpitante produzione: album, raccolte poetiche, opere teatrali, un romanzo e anche un saggio.
Al centro di tutto: la parola.
Scritta: colta e sanguigna, intrisa di vita e letteratura, di carne e anima, esattissima nel significare la costante mutevolezza dell’esistere e del percepire.
Detta: spesso con andamento sincopato, sempre intrisa di ritmi e controtempi, con voce suadente e tagliente, di ferro e miele.
Nel concerto cesenate, almeno alle nostre forse fallaci orecchie, in alcuni momenti è emerso un problema di intelligibilità di ciò che l’artista cantava, forse per questioni di fonica o forse di sua emissione (sembra, ma potremmo sbagliare, che Tempest sia in transizione FtM e, di conseguenza, la voce potrebbe essere in una fase di abbassamento di tono e modifica organica).
Un po’ un peccato, data la raffinatezza dei suoi riferimenti, della sua scrittura e la preziosità del suo dire: rime, assonanze, allitterazioni e alcune sfumature linguistiche e vocaliche in quell’impasto sonoro a tratti si sono un po’ perse.
A onor del vero, nel gran prato della Rocca Malatestiana ha di gran lunga prevalso la forza trascinante e la capacità aggregativa di Tempest, che in apertura dell’ora di concerto ha avvertito che non si sarebbe fermatə per commentare, tra un brano e l’altro, preferendo la creazione di un unico flow, auspicando di riuscire a «vibrare all’unisono», tuttə insieme.
Un medesimo filo con variazioni ritmiche e di atmosfere -da passaggi più intimi e rarefatti ad altri più dinamici, da non poter tener fermi i piedi- offerto alla ricezione con efficacia e coinvolgimento, anche grazie a un set luci di grande impatto e di un paesaggio sonoro live puntato e trascinante.
Su tutto e tuttə, l’esplicito entusiasmo di Tempest, a far da catalizzatore.
Una festa del noi, quella curata da acieloaperto, in cui il concerto di punta della serata è, come loro consuetudine, l’apice di una proposta composita che comprende, a un prezzo del tutto ragionevole, altri due live di supporto, stand per bere e mangiare e un piccolo mercatino.
Una serata e un posto in cui si sta bene, quella creata da acieloaperto: bisogna volerlo fare.
Bisogna saperlo fare.
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acieloaperto 2024 terminerà mercoledì 28 agosto con il live di Ty Segall in solo (info qui)
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