La memoria dell’acqua. Il fiume Po tra storia e leggende

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Foto di Valerio Pazzi

Si dice che le acque conservino il ricordo della materia trasportata dalle loro correnti. Da questa suggestione la compagnia ferrarese Officina Teatrale A_ctuar (Sara Draghi e Massimo Festi), fondata nel 2009 da un gruppo di attori diretti dal regista argentino Carlos Branca, realizza La memoria dell’acqua, uno spettacolo-evento itinerante e site-specific per raccontare la Storia del fiume Po, tra realtà e leggenda. Una camminata a tappe per grandi e piccoli, che si adatta di volta in volta alla città attraversata, invitando a immaginare insieme una nuova relazione con le acque e con il grande fiume.

Come e quando è nato il progetto La memoria dell’acqua

Sara Draghi: «La memoria dell’acqua è stato inaugurato nel dicembre 2023 e da quest’anno ha iniziato a prendere forma. Il progetto nasce dalla nostra pratica e desiderio di portare il teatro e l’arte in luoghi in cui non ci si aspetterebbe di trovarli. Se con Il treno delle storie siamo andati lunghi i binari ferroviari per raggiungere le periferie, in questa occasione camminiamo lungo gli argini del fiume Po, alla scoperta delle storie e delle leggende che lo riguardano. Il titolo, La memoria dell’acqua, è tratto dalla teoria di alcuni studiosi e scienziati che, dopo una serie di esperimenti bizzarri, hanno tentato di dimostrare come l’acqua è in grado di mantenere il ricordo di tutta la materia che ha trasportato. Sono diversi anni che lavoriamo e facciamo ricerca sul patrimonio orale e immateriale del grande fiume, per incontrare tutto quel mondo che viveva in queste terre e che, oggi, è perlopiù scomparso: si pensi ai mestieri legati alle acque come i sabbionari, le raccoglitrici di erbe palustri, le lavandaie, i traghettatori. Tra tutte le storie raccolte, abbiamo trovato quella di Nazzarena Casini, una figura molto importante per il territorio perché si dice sia stata l’ultima traghettatrice del Po. Conosciuta con il nome di Nena, fu inoltre una donna molto particolare, e parte della sua vita verrà raccontata in questo spettacolo itinerante, insieme ad altre storie tra il reale e il fantastico».  

Perché questo binomio realtà-fantasia per raccontare la Storia del Po? 

Sara: «Attorno a questo fiume esiste un mondo fantastico e popolatissimo che purtroppo è andato sempre più scomparendo, in parallelo a un progressivo abbandono delle aree golenali. Abbiamo quindi deciso di raccogliere queste storie fantastiche, quelle delle creature che, si dice, abitavano il Po spaventando o seducendo gli abitanti; o quelle dei pirati che assaltavano le navi mercantili quando il fiume era ancora navigabile. O ancora, i racconti dei mugnai, dei natanti o dei cavalanti, ovvero coloro che prestavano i cavalli per risalire la corrente. Unire il fantastico al reale è centrale nel nostro lavoro, perché i territori sono spesso permeati da una componente mitologica che rivela come in passato l’essere umano avesse un profondo legame con il fantastico, necessario per comprendere i fenomeni inspiegabili come malattie, il clima atmosferico… Oggi le risposte le troviamo nella scienza e l’immaginazione tende a essere repressa. Si tratta invece di una facoltà essenziale per l’essere umano, che lo aiuta a ingegnarsi e a trovare soluzioni. In questo caso, inoltre, è anche un modo per ritornare a quel rapporto stretto e profondo che ci legava all’acqua». 

Massimo Festi: «I mondi fantastici, inoltre, affascinano e attirano ma al tempo stesso possono innescare un senso di paura. Questo però è un sentimento positivo, perché incita alla curiosità e stimola la crescita- Crediamo perciò sia importante che bambini e adulti possano vivere questa connessione con la fantasia, sia personale che collettiva, mescolandola al reale». 

Come è strutturato lo spettacolo e come avete lavorato alla scelta dei luoghi? 

Sara: «La memoria dell’acqua è uno spettacolo itinerante e site-specific, nel senso che lo adattiamo al luogo che attraversiamo. Il pubblico viene accompagnato in una serie di tappe, che toccano aree meno battute, quelle nascoste o poco frequentate. La scelta dei luoghi avviene spesso affidandoci alle persone in loco, confrontandoci su dove collocarci in base anche a come abbiamo immaginato lo spettacolo. Prendiamo quindi contatti con associazioni del territorio, con le pro loco e chiediamo la disponibilità di una persona che conosca dal punto di vista naturalistico e storico l’area golenale o le zone limitrofe, perché possa raccontarci qualcosa di particolare riguardo alla relazione tra quella data città e il fiume.

Massimo: Il focus principale dello spettacolo dunque rimane sempre lo stesso, ma ogni città che attraversiamo ha una sua personale storia e rapporto con le acque, con la pesca, con la vita in generale in relazione al fiume. Ogni appuntamento perciò presenta delle varianti, costruite in ascolto di quello specifico territorio». 

Foto di Valerio Pazzi

Qual è stato il processo di costruzione drammaturgica?

Sara: «Lo spettacolo si compone di tre parti: si comincia con una prima situazione più reale legata alla storia, per poi entrare via via sempre più in un mondo fantastico. La prima tappa la collochiamo in una zona del paese, più scoperta e frequentata, mentre l’ultima è in un luogo nascosto e misterioso, più sconosciuta. La prima parte è dedicata a Nena, l’ultima traghettatrice, e alle vicende del secondo conflitto mondiale, che ha visto il Po essere scenario di diversi scontri armati. Parliamo poi dell’alluvione, attraverso gli esiti delle nostre ricerche e delle interviste a dei portatori di memoria. Le tappe successive sono costruite a partire dal patrimonio orale e da alcuni volumi dedicati alle leggende del fiume. La drammaturgia nel complesso non ha una composizione lineare: quello che proponiamo al pubblico è un viaggio nel profondo di noi stessi e della natura, oltre a tutto ciò che viene raccontato. Quello a cui puntiamo è creare un’esperienza da vivere a pieno. 

Quali linguaggi mettete in campo per raccontare queste storie? 

Sara: «Noi proveniamo dal teatro d’attore e il principale linguaggio utilizzato è la narrazione. Questa però la mescoliamo con la danza e col teatro di figura. Sono inoltre presenti delle illustrazioni e un ruolo importante lo svolge anche il costume, realizzato da Cristiano Grandi, in particolare quello della creatura che appare alla fine dello spettacolo. Siamo inoltre da sempre affascinati dalle figure dei ciarlatani e dei cantastorie che giravano per piazze e stalle raccontando vicende di paura, storie divertenti e per tutte le età. Quest’ultimo è un punto nodale in tutti i nostri lavori, cioè fare un teatro intergenerazionale. Oggi non esistono contesti in cui diverse fasce d’età co-abitano insieme, ma una volta le storie erano rivolte a tutti e ognuno le riceveva secondo un diverso livello di lettura e interpretazione. I cantastorie, insomma, ci affascinano perché andavano in giro con dei cartelloni dipinti a raccontare storie a un mondo che aveva meno conoscenza scientifica di, ma aveva una capacità di sognare molto più accesa». 

Foto di Valerio Pazzi

Lungo il vostro percorso di ricerca al limite del reale, c’è stato qualcosa che non vi aspettavate sulla storia del Po? 

Sara: «Quello che mi ha impressionato maggiormente è stato il grande strappo nella relazione col fiume avvenuto dopo la seconda guerra mondiale, come se avessero tagliato la Storia con l’accetta. A partire dagli anni ‘60 il Po si è spopolato e a un certo punto sembra essere finito tutto. Prima l’acqua del fiume si beveva e si diceva fosse la migliore per cucinare i fagioli, si passava lungo tempo lungo gli argini svolgendo varie attività. Io stessa da bambina andavo a fare il falò lungo il Po, ma era uno strascico di una pratica che già non esisteva più. La rottura è stata dovuta di certo al conflitto mondiale in cui morirono tantissimi soldati, ma poi anche agli interessi industriali e commerciali. Questo taglio netto mi ha molto colpita, soprattutto perché in poco tempo non si è persa solo la relazione con il fiume, ma in parte anche la sua memoria». 

Massimo: «Personalmente non mi aspettavo la grande partecipazione. A parte qualche pescatore, non c’è molta gente oggi lungo il Po, ma abbiamo portato tanta gente dalla città nei nostri itinerari. È stata davvero una grande sorpresa». 

Come si svilupperà in futuro questo progetto?

Sara: «Al momento la programmazione è solo regionale, ma intendiamo portare avanti il progetto anche il prossimo anno. Ci piacerebbe riuscire ad arrivare al Monviso, proprio dove nasce il grande fiume. L’aspirazione più grande è di scendere il Po e portare questo o altri spettacoli in diversi punti, andando a creare una vera e propria rassegna». 

I prossimi appuntamenti sono per sabato 7 settembre a Stellata di Bondeno (Ferrara), nell’ambito di Festival Scorre; e sabato 13 ottobre 2024 a Luzzara (Reggio Emilia)

Il progetto è sostenuto dalla Regione Emilia Romagna e dai Comuni che attraversa. 

Ulteriori informazioni: https://www.officinateatraleactuar.it/ 

 

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