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C’è una specie di ‘assordante’ silenzio che avvolge non tanto il ricordo di Carmelo Bene, quanto il suo lascito artistico ed estetico, quella che in termine inglese si definisce la legacy che non è solo una eredità quanto un compito affidato e da rinnovare costantemente, anche da chi come lui non ha allievi e discepoli.
Bene ha fatto dunque Clemente Tafuri, e il suo Teatro Akropolis di Genova che da anni è dentro la ‘ricerca’ teatrale, non solo promuovendola ma anche creativamente praticandola come in una serra protetta dal furioso andare delle stagioni dell’oggi, a prendere a oggetto/soggetto del suo ultimo film questa figura singolare e solitaria (ma profondamente implicata in tutti quelli che sono il “Teatro”), simile in un certo qual modo allo scandaloso Antonin Artaud, che respingendo e ferendo in fondo, e soprattutto, crudelmente ‘amava’.
Così custodendo al suo interno un aspetto necessariamente e felicemente (in senso latamente nicciano) storico e documentario, costruito in particolare sulle poche “Teche” RAI disponibili, il film cerca e struttura di Carmelo Bene una interpretazione complessiva, o meglio cerca di dare una ‘idea’ di Carmelo Bene, quella che è, appunto, in quel lascito.
Lo fa accostando i lacerti accessibili delle sue parole come le tessere di un mosaico da decifrare (o anche di un puzzle da comporre) per verificarne un filo che, tra le mille forme e anche i mille enigmi, talora ‘provocatori’, con cui Bene infarciva, per meglio custodirle e renderle quasi ‘insensibili’ al tempo, le sue ‘intuizioni’, i quali enigmi come in Artuad, apparivano a prima vista ‘dinieghi’ e respingimenti essendo in realtà volenterosamente accoglienti.
Utilizza, in questo e con efficacia, l’amalgama di immagini dell’attualità del suo (di Clemente Tafuri intendo) teatro, lampi di un presente che sembra non potere esistere senza quel passato, così recente ancora ma già così allontanato da un ‘sistema’ di pensiero e azione che sembra sempre, e subito, girarsi per guardare ‘altrove’.
Documentario o fiction, ovvero come si direbbe nei tempi corrente biopic, sono definizioni non necessarie e anche limitanti per questo racconto cinematografico in cui il protagonista è come il prodotto di una fusione da un calco costruito sui molti interlocutori che l’hanno circondato in vita, e a cui il suo sguardo tagliente si rivolge spesso quasi sfrontatamente supplice nel desiderio doloroso di essere capito.
Un bella narrazione, per concludere, ulteriore tassello del ciclo di film prodotto da Akropolis La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro, che, visto il titolo, non poteva che prima o poi ospitarlo, presentato in anteprima sabato 16 novembre al Teatro Akropolis di Genova Sestri Ponente, nell’ambito dell’annuale bel Festival della Compagnia Akropolis Testimonianze Ricerca Azioni, con molta partecipazione.
Ci auguriamo possa molto circolare, nelle sale, nei teatri o, perché no, nelle scuole, anche ad alimentare il sistema sanguigno di un teatro italiano molto propenso, anche per convenienza, a ‘dimenticare’ dopo aver ‘divorato’ come Saturno i suoi figli migliori.
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CARMELO BENE. Regia: Clemente Tafuri. Con: Valentina Beotti, Margherita Fabbri, Daniela Paola Rossi. Fotografia e montaggio: Clemente Tafuri, Luca Donatiello, Alessandro Romi. Riprese e audio: Luca Donatiello, Alessandro Romi. Produzione: Teatro Akropolis, AkropolisLibri
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