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Penso che un progresso umano, personale e collettivo, possa fondarsi sulla meraviglia.
Ogni giorno trovare qualche cosa di inatteso di cui restare affascinati, come nell’ultimo film di Wim Wenders, Perfect days.
La meraviglia fa crescere lo sguardo, lo allarga, ne estende i limiti.
A volte, letteralmente, senza muoversi di casa.
Infatti, se nel 1400, l’Europa amplia i suoi orizzonti viaggiando verso il Nuovo Mondo, nel 1700 scopre di poter viaggiare anche solo con lo sguardo, con il Mondo Nuovo..
Il Mondo Nuovo (nome scientifico pantoscopio) è una “scatola magica” che veniva reclamizzata da ambulanti e giostrai nelle piazze, alle fiere e nei salotti del XVII sec. ed era in grado di mostrare, a chi avesse sbirciato, la veduta di un paese lontano.
La macchina aveva la caratteristica di mostrare questi paesaggi in modo immersivo: le stampe occupavano tutto il campo visivo, dando l’illusione di trovarsi davvero in un mondo nuovo.
Le vedute ottiche, questo il nome delle stampe, raffiguravano perlopiù città lontane ed erano traforate in prossimità di finestre e lampioni, in modo da poter simulare, con un particolare gioco di illuminazione, il passaggio dal giorno alla notte.
L’esperienza di visione era individuale e privata. Appoggiando gli occhi in prossimità dell’apertura ci si trovava immersi in un mondo lontano di cui si poteva “vedere tutto” (da cui il termine pantoscopio), al prezzo di due soldi.
Ricorda qualcosa?
È praticamente un arcaico visore per la realtà virtuale.
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Dopo il Mondo Nuovo, la tecnologia dello spettacolo ci ha portato la lanterna magica, il kinetoscopio di Edison, il cinematografo dei Lumière. Oggi il mondo della multimedialità torna a parlare al nostro senso della meraviglia con le ormai diffuse tecnologie in realtà aumentata e virtuale.
Di queste io non avevo mai fatto esperienza, fino al mese scorso.
Deciso a colmare questa mia mancanza e a iniziare un processo di scoperta delle nuove tecnologie, ho mosso il primo passo recandomi nel teatro più vicino a casa, il Teatro Testori di Forlì, dove ho sperimentato Nottetempo.
Nottetempo è un progetto artistico di Giuditta Mingucci, per Elsinor Centro di Produzione Teatrale, all’interno del progetto europeo di PlayOn!
Si tratta di uno spettacolo interattivo, fruibile da uno spettatore singolo tramite l’utilizzo di un visore VR, all’interno di un set allestito per l’occasione.
Così, indossando il visore, ho aperto per la prima volta gli occhi sul mondo della realtà virtuale e mi sono trovato all’interno di Nottetempo, con lo stesso senso di novità e meraviglia del piccolo Aureliano Buendía davanti al blocco di ghiaccio in Cent’anni di solitudine.
L’impressione è davvero quella di scostare una tenda ed entrare in un mondo nuovo, in questo caso un paesaggio notturno, oscuro, nel quale compare un piccolo palco che focalizza l’attenzione dello spettatore (o forse è meglio dire esperitore?).
Il palco è un piccolo laboratorio alchemico, con alambicchi, strumenti, iscrizioni arcane e poetiche. C’è uno strano personaggio, con occhi grandi e piume su tutto il corpo. È la donna-uccello del dipinto Creazione degli uccelli di Remedios Varo, pittrice surrealista, realizzata in forma di marionetta dall’artista Jlenia Biffi, che si intravede, dietro ad un arco, intenta a manipolare la sua creatura, da un luogo e da un tempo altri rispetto a quelli dove io mi trovo.
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La marionetta realizza il disegno di un uccello. Dopodiché mi lascia solo, a decidere cosa fare. Guardandomi attorno mi accorgo della comparsa di un secondo laboratorio, dove la luna è tenuta prigioniera. Con alcuni click (ho in mano un joystick) posso scegliere la mia prossima azione… ma posso davvero? In realtà il percorso da compiere è predeterminato e mi porta ad utilizzare alcuni strumenti da alchimista per nutrire la luna e liberarla di nuovo nel cielo.
Liberata la luna, la volta celeste prende vita e gli astri si muovono vorticosamente su di me, segno di un felice compimento del mio viaggio metafisico in questo mondo virtuale, che per me rappresenta davvero un iniziazione.
I livelli di lettura di Nottetempo sono molteplici. Il mondo alchemico e la poetica surrealista confluiscono, costruendo un percorso fatto di simboli che, come pietre miliari, tracciano i contorni di un viaggio interiore verso l’illuminazione (lunare).
È uno spettacolo metafisico, che parla di realtà che trascendono il mondo materiale e sperimentale e lo fa sfruttando la tecnologia VR, anch’essa metafisica, in quanto creatrice di uno spazio transmediale nel quale la mente accede a una nuova dimensione.
Questo mi porta ad interrogarmi sulla realtà.
Quanto è reale ciò che ho vissuto in questa esperienza? Lo è il mondo virtuale nel quale mi sono mosso? E tutti i piccoli mondi interconnessi nei quali chattiamo, rebloggiamo, postiamo contenuti ogni giorno? In che misura sono reali?
Difficile darsi risposte. Un po’ come per i sogni, che nel teatro tornano sempre a far da metro di paragone per la realtà. Ce lo ricordano in tanti, da Pedro Calderón de la Barca a William Shakespeare.
Io continuerò a esplorare questo mondo nuovo che fa parte, ormai, del quotidiano.
Nel frattempo sono grato per aver trovato anche oggi qualcosa che mi abbia fatto spalancare gli occhi.
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