Visto da noi: Ti vedo. La leggenda del basilisco di Emanuela Dall’Aglio

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Ne Le cronache di Narnia è un armadio guardaroba a contenere un intero mondo incantato. Nel teatro di Emanuela Dall’Aglio è un singolo capo d’abbigliamento.

In più di uno dei suoi spettacoli di teatro ragazzi, infatti, l’artista costruisce una storia tutto attorno (e dentro) ad un’ampia gonna, alta e robusta come una piccola capanna, che viene “abitata” da oggetti e da personaggi (umani e pupazzi). È il caso anche dello spettacolo Ti vedo. La leggenda del basilisco, che ho visto al Teatro Testori, all’interno della rassegna di teatro ragazzi Le domeniche per le famiglie.

Ti vedo. La leggenda del basilisco racconta la genesi di questo mostro, poco conosciuto nell’immaginario moderno.

Del basilisco, nella storia, sono state date diverse descrizioni. In questo racconto non è semplicemente il serpentone che si vede in Harry Potter e la Camera dei Segreti, ma è un mostro a metà strada tra il gallo e il rettile (infatti nasce da un uovo di gallo covato per nove anni da un rospo), dotato di un potere che rappresenta più una maledizione che un dono: la capacità di trasformare in pietra coloro che incrociano il suo sguardo.

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La simbologia legata a questa creatura, che ha profonde radici nel mondo alchemico, la lega al concetto di trasformazione, intesa come processo di purificazione a partire da uno stato infimo (come è quello del serpente). Sconfiggere il basilisco è possibile soltanto grazie ad uno specchio. Dunque, bisogna guardarsi dentro, scavare nel proprio inconscio e raggiungere una piena consapevolezza di sé.

Nello spettacolo di Emanuela Dall’Aglio è centrale il tema dello scavo, del risveglio, dello specchio.

Infatti, poco dopo essere nato, il basilisco si addormenta in una falda, sottoterra. Viene risvegliato molto tempo dopo quando gli uomini scavano un pozzo e costruiscono attorno ad esso una città, arroccata come un rosso presepio napoletano sulle pareti della grande gonna-scenografia. Sotto alla stoffa di questa gonna-città si vede brillare il mostro, simile alle creature luminescenti di Avatar. Una volta che questo si risveglia, la vita della città si interrompe. I negozi chiudono i battenti. La gente si barrica in casa. Nessuno può uscire. Una situazione che riecheggia vividamente la recente realtà del Covid.

È proprio in questa situazione che compare un nuovo personaggio, un bambino, Siro, che si annoia e immagina la battaglia tra l’esercito della città e il basilisco, mostrata con la tecnica del teatro d’ombra, come un sogno che si apre nel racconto teatrale.

Siro decide di uscire di casa e affrontare lui stesso il mostro. Ma scopre che il basilisco non è troppo dissimile da lui. Infatti i due intrecciano un gioco fatto di gesti imitati e ripetuti, come in uno specchio, per tornare al tema sopracitato.

Purtroppo “Power Siro” (auto-soprannominatosi così) finisce per essere pietrificato, per sbaglio, dal basilisco e, solo in questo momento, il mostro si rivela essere il vero protagonista della storia. È colui che vive il dramma di non poter avere relazioni, di non essere compatibile con il resto del mondo.

Appare evidente come ad Emanuela Dall’Aglio interessi soprattutto mettere al centro la figura del mostro, maledetto da un potere che lo rende una minaccia, costretto per natura a compiere il male, per indagarne il dramma.

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Nella sinossi dello spettacolo viene citata una frase di Natalie Haynes, attrice comica e saggista, in cui viene detto che i mostri sono coloro che non possono essere salvati, e si propone, per una volta, di provare ad immaginarli nel ruolo degli eroi.

Lo spettacolo invita proprio ad assumere questa prospettiva e a concentrarsi, nonostante la presenza di moltissimi personaggi, sul basilisco, che sovrasta tutti con la sua presenza ingombrante e, spesso, luminosa.

Il “Ti vedo” che compare nel titolo è l’invito dell’autrice a guardare negli occhi il mostro, a comprendere il male. Ma è anche la prospettiva che fa da cornice a tutta la storia narrata.

Ad introdurre il racconto, infatti, sono due “scienziati della fiaba” che, con tutto un campionario di cimeli reperiti da più di una storia, sono alla ricerca dell’antidoto al potere del basilisco, e per averlo assistono allo svolgersi della storia.

Sono gli unici due personaggi che si muovono fuori dalla grande gonna e, proprio per questo, appaiono come satelliti, la cui rotta è seguita solo per un certo tratto (non scopriamo mai come va a finire la loro ricerca).

Il linguaggio della narrazione abbonda di personaggi meta narrativi. I due scienziati sopra citati, che dialogano direttamente con il pubblico e assistono alla fiaba da spettatori. Ma anche una narratrice, che emerge dalla gonna, facendo da voce narrante ad alcune parti della storia. Quando il potere del basilisco comincia a manifestarsi, la si vede cercare di comunicare con gli abitanti della città, per avvertirli, finché riesce a rompere la parete tra lei e loro ed entrare in dialogo con uno di essi.

Ti vedo. La leggenda del basilisco è uno spettacolo che trabocca di elementi e temi, proprio come la gonna trabocca di oggetti, luoghi, personaggi.

Lo sguardo a volte si perde a seguire uno o l’altro, raffigurati ciascuno nel proprio mondo: la strega che fa nascere il basilisco nel suo antro; il ragazzino Siro nella quiete domestica della sua casa; i due scienziati col loro campionario portatile…

Tuttavia la meravigliosa apparizione del basilisco, voluminoso e spettacolare, riporta l’occhio e l’attenzione dello spettatore alla vicenda centrale, al tema dello sguardo e del confronto, al dramma del mostro. E l’immagine finale è proprio quella del basilisco, finalmente perdonato, libero dal male che ha fatto, in grado di tornare a volare.

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