Rituali d’ascolto. A Firenze tornano le narrazioni sonore di Lucia Festival

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Lucia Festival, foto di Alisa Martynova

Radunarsi per ascoltare insieme delle storie è forse la pratica più ancestrale di relazione con l’altro e col mondo, un atto generatore di società, culture e comunità. Per quattro giorni, dal 12 al 15 dicembre a Firenze presso CANGO – Cantieri Culturali Goldonetta, sarà possibile immergersi collettivamente in narrazioni sonore dall’Italia e dal mondo grazie a Lucia Festival, il progetto di Radio Papesse dedicato alle storie in audio, quest’anno alla sua quinta edizione diretta dalla produttrice radiofonica indipendente Carola Haupt insieme alla musicista e musicologa Luisa Santacesaria.

Da quale urgenza è nato Lucia Festival e in quale contesto si inseriva? 

Carola Haupt: «Lucia Festival nasce nel 2019, quando io e Ilaria Gadenz abbiamo sentito la necessità di creare un momento di ascolto collettivo di opere radiofoniche e narrazioni audio, specie quelle di non facile reperimento. In Italia in quel periodo non esisteva ancora qualcosa di simile, mentre in altre parti del mondo – penso ad esempio al mondo francofono o anglosassone – ritrovarsi ad ascoltare insieme produzioni audio era un’abitudine consolidata. Guardando quindi alle esperienze straniere, Lucia nasce fin da subito con un’impronta internazionale e con un’attenzione alla soundart e alla ricerca sul suono: quello che ci interessava era creare insomma un contesto in cui avremmo voluto andare noi. Il festival ha immediatamente attratto appassionati di storie raccontate in suono e una grande sorpresa in questo senso l’abbiamo avuta già dalla seconda edizione, che ha avuto un riscontro straordinario pur essendosi tenuta interamente in radio: era il 2020, perciò gli eventi non potevano ancora tenersi in presenza, ma ciò ci ha permesso anche di interagire con persone da tutto il mondo, siamo arrivate fino all’Uruguay.
Negli ultimi anni Lucia è diventato un punto di riferimento in Italia, tanto che è più facile far venire persone dalla Sicilia, dalla Val d’Aosta o dall’Olanda che portare i fiorentini». 

Ora il festival da annuale è diventato biennale. Perché questa scelta? 

Carola: «Dopo il ritorno alla presenza nel 2021, dall’anno successivo abbiamo deciso di far diventare il festival biennale perché Radio Papesse è un’associazione di freelance e producer indipendenti, perciò obiettivamente non avremmo avuto le forze di farlo ogni anno. Ci sono inoltre state piccole e grandi rivoluzioni umane e personali, quindi a cambiare è stato anche l’assetto organizzativo è mutato: da quest’anno è entrata a pieno titolo nella parte operativa Luisa Santacesaria, che insieme a me ha curato il programma 2024, mentre Ilaria Gadenz, dopo 18 anni di lavoro insieme, sarà questa volta impegnata soltanto nei due eventi di apertura e chiusura di festival. Radio Papesse è comunque da sempre una realtà composta da una molteplicità di persone e perciò viva e in continuo cambiamento».

In questi cinque anni come è cambiato invece il contesto della produzione di storie in audio, sia in Italia che all’estero e, di conseguenza, come è cambiato Lucia? 

Carola: «Se nella prima edizione dovevamo quasi spiegare cosa fosse il podcast, oggi tendiamo a volerci allontanare da questa parola. Definiamo infatti Lucia come un festival di storie, narrazioni audio e ascolti collettivi».

Luisa Santacesaria: «Oggi la pratica dell’ascolto si è diffusa infatti in modo esponenziale proprio grazie ai podcast, ma quello che proponiamo a Lucia è qualcosa di diverso. Abbiamo costruito questa edizione pensando a momenti collettivi e altri in cui l’ascolto è individuale o per piccoli gruppi, per cercare di combinare differenti livelli». 

Carola: «l’abitudine ad ascoltare ha reso inoltre le persone più esigenti. Da una parte c’è un pubblico più ampio disposto a cercare produzioni ben fatte, diverse o sperimentali; dall’altra le produzioni italiane degli ultimi anni, anche le amatoriali, hanno una cura per il suono maggiore rispetto a quando abbiamo iniziato. C’è insomma una maggiore attenzione sia in chi ascolta sia in chi crea».

Carola Haupt Co-direttrice artistica di Lucia Festival, foto di Alisa Martynova

Entrando nel vivo del festival, come avviene il processo di selezione e che cosa ascolteremo in questa quinta edizione? 

Carola: «Andiamo molto di pancia, selezionando ciò che ci colpisce, per condividere con altri l’ascolto di creazioni che ci hanno appassionato e che altrimenti sarebbero difficili da trovare. La nostra non è mai una selezione gerarchica o di valore, cerchiamo sempre di portare sullo stesso piano autori e autrici provenienti da realtà differenti. Quest’anno in particolare presentiamo a Lucia molte prime, specie di lavori nati in casa Radio Papesse e Lucia Festival, come le due creazioni realizzate nell’ambito del percorso di mentorship YASS!, o i tre lavori del Premio Lucia 2023/24; o ancora La grande famiglia, un progetto di cui si è discusso per la prima volta a SANTINI 2022, un momento di incontro fra producer e audio maker per confrontarsi, condividere idee, strumenti, esperienze, che ci sarà anche quest’anno. Ora La grande famiglia è diventato un podcast originale di RaiPlaySound». 

Luisa: «Oltre alle scelte di pancia e a quelle legate ai premi e a YASS!, abbiamo cercato di pensare il programma in modo tale da intervallare momenti densi con altri di pausa o decompressione. Ci sono inoltre appuntamenti che avvicinano all’ascolto, una sorta di “ginnastica per le orecchie” in preparazione all’intera giornata». 

Carola: «nonostante la composizione così pensata, resta un programma intenso. Partiamo per esempio giovedì sera con un Life Chronicles of Dorothea Ïesj S.P.U. di ALMARE, collettivo torinese con cui negli ultimi due anni Radio Papesse ha lavorato per la produzione di quest’opera, ovvero un film senza immagini. Si tratta di un audioracconto impegnativo, che richiede un’attenzione e una concentrazione molto alte. Lo stesso vale per Potovanje na robu noči, un audiodocumentario sloveno di 50 minuti, molto lento ma che se riesci a immergertici dentro ti ci perdi completamente. Lucia insomma vuole essere il contesto in cui concedersi il tempo per ascoltare e perdersi». 

Prima avete accennato alla costruzione del festival secondo momenti di ascolto collettivo, alternati ad altri più personali. Di che tipo di esperienze si tratta nel concreto?

Luisa: «Significa che ci saranno i soliti momenti di ascolto condiviso, in cui ci ritroviamo tutti in uno stesso spazio a condividere la fruizione di un’opera, mentre altri saranno individuali come la performance di Ana Teodora Popa, artista rumena che si è ispirata a The artist is present di Marina Abramovich. In questo caso lei sarà in una stanza mentre il partecipante si troverà in quella accanto: indosseranno entrambi delle cuffie e ascolteranno per cinque minuti la stessa cosa insieme. Ci sarà inoltre un workshop a cura de L’impero della luce (Johann Merrich e eeviac), Foreste elettriche, ispirato alle ricerche di Christina Kubish sul suono dei campi elettromagnetici. I due artisti faranno un’eplorazione del quartiere attorno alla sede di Lucia, aggirandosi con dei dispositivi alla ricerca dei cambiamenti dei campi magnetici. Chi parteciperà al workshop – pensato in due sessioni una per adulti e una per bambini – farà parte di un’esperienza di ascolto profondo, una sorta di preparazione delle orecchie». 

Dalla composizione del programma pensato come fosse un’unica opera, fino agli appuntamenti collaterali di esperienze individuali e di preparazione, sembra ci sia un tentativo di educare alla postura dell’ascolto…

Carola: «Il discorso sulle politiche d’ascolto, su come si ascolta, sull’atteggiamento che noi abbiamo quando ascoltiamo è sempre presente nell’attività di Radio Papesse ed uno dei  fili rossi di Lucia fin dagli esordi. Tuttavia non c’è un intento educativo, quanto il desiderio di creare un’esperienza condivisa e partecipata. Con Ilaria da molti anni ci portiamo con noi un’espressione della ricercatrice Lisbeth Liparin nel suo libro Listening, Thinking, Being, ovvero “In listening we become”, in cui crediamo molto, perché in fondo è proprio vero: ascoltando diventiamo parte di una comunità. In questo senso, riuscire a costruire una drammaturgia e un ritmo all’interno del festival, è un invito a condividere un percorso su più giorni, ascoltando cose diverse per poterne poi parlare con altri. Fondamentale è infatti avere le autrici e gli autori, che presentano i loro lavori, conducono nel dietro le quinte della creazione e incontrano il pubblico nei momenti informali». 

La grande famiglia, opera di Cristiano Barducci, nastro

Il coinvolgimento nelle pratiche d’ascolto è rivolto anche ai più piccoli, col progetto Bambini all’ascolto, nato nel 2022. Cosa proponete quest’anno? 

Carola: «quest’anno ci saranno sia laboratori che momenti d’ascolto. Verrà presentato in anteprima un podcast per bambini che stiamo producendo scritto da Lilith Moscon, in uscita per il 2025. All’ascolto del primo episodio, seguirà un laboratorio ludico insieme all’illustratore Nicola Giorgio. In programma anche il lavoro di Chloè Despax in collaborazione con Internazionale Kids, e anche in questo caso segue un laboratorio. Bambini all’ascolto quindi è pensato esattamente come per gli adulti, anche con ospiti internazionali, e abbiamo visto che funziona, anzi la fascia 6-10 anni a cui ci rivolgiamo è molto più attenta e abituata ad ascoltare rispetto ai più grandi. Gli spazi di Cango poi saranno sempre immersi nel suono, in particolare saranno sonorizzati da un ragazzino di 13 anni, con l’intento insomma di renderli protagonisti di un ambiente in cui possano trovare stimoli all’immaginazione.  

In linea con l’edizione di due anni fa, verrà inoltre presentata la nuova piattaforma dedicata alle produzioni per l’infanzia, in cui chiunque – dagli indipendenti ai musei, i centri di produzione etc – potranno caricare le loro opere pensate appositamente per i bambini». 

Quest’anno il Premio Lucia presenta la sezione Progetti e la sezione Opere. Quali sono i lavori selezionati e cosa ascolteremo? 

Carola: «Il percorso con Archivio dei Diari con cui in questi anni abbiamo realizzato il Premio Lucia ha preso un’altra strada, così abbiamo strutturato il Premio in queste due sezioni. Per la categoria progetto, il lavoro scelto è stato quello di Johann Merrich, che parte dalla storia dello strumento del Theremin per raccontare del suo inventore e della moglie Lavinia Williams, donna afrodiscendente e ballerina, e di Clara Rockmore la prima e più grande esecutrice del Theremin. Merrich di fatto prende lo strumento solo come pretesto per parlare di discriminazione razziale, di storie che si legano all’America degli anni ‘30 e che risuonano ancora nella vita musicale di oggi». 

Luisa: «Lavorare con Merrich a questo progetto è stata per me un’esperienza pazzesca. Io non vengo dalla narrazione audio, mi occupo di suono, in particolare musica contemporanea e elettronica. Con Johann ci conosciamo da diversi anni, lei ha scritto una rubrica per elettronica.it, un portale di Tempo Reale di cui sono parte, dedicato alle donne pioniere della musica elettroacustica. Merrich, essendo in primis una scrittrice, compone testi da leggere, perciò insieme abbiamo lavorato su un tipo di scrittura che avrebbe poi dovuto finalizzarsi per l’ascolto. È stato un processo di lavoro illuminante, abbiamo fatto varie sessioni dal testo e sul testo, capendo dove inserire interventi di suono, di pause, di decompressione, come trovare le relazioni formali dell’intero lavoro».

Carola: «il lavoro che ha vinto invece per la categoria Opere è 9999. Grande Vita Lunga di Giovanni Cioni, cineasta che racconta di Giovanni Farina, accusato del sequestro di Sofia Antini e che invece di ricevere l’ergastolo ha avuto una condanna di 9999 anni. Ciona e Farina sono due uomini che portano lo stesso nome e si ritrovano a vivere negli stessi mondi, quelli della Calvana. Si tratta di un progetto che si ricollega al live di Io ero Milanese presentato due anni fa: si tratta di due documentari che ripercorrono la vite complesse e che hanno incontrato la giustizia riparativa. Giovanni Farina sarà presente all’incontro, così come la cooperativa di servisi sociali legata ai suoi ultimi anni in carcere. Vogliamo portare avanti l’idea dell’audiodocumentario come una possibilità per raccontare le vite senza spettacolarizzarle, ma entrandoci dentro. L’opera, dopo aver vinto il premio, è stata acquisita da Raiplaysound, che la renderà pubblica dal 13 dicembre». 

A che punto è dunque il contesto della produzione audio in Italia e all’estero? 

Luisa: «Io non ho un quadro chiaro di quello che sta succedendo, ma percepisco un interesse molto forte verso le narrazioni sonore, che sta crescendo e si sta diversificando sempre di più. Autori e musicisti vi trovano dunque un interessante territorio da esplorare. Credo dunque ci saranno sempre più proposte che sovvertiranno le forme più popolari e diffuse, per cercare qualcosa di innovativo e originale».  

Carola: «ciò che unisce me e Luisa è proprio la ricerca sonora che si unisce all’aspetto narrativo. Come la radio era stata uno strumento di cui si sono innamorati scrittori, giornalisti e musicisti, allo stesso modo le cose più interessanti sono nate nel momento in cui questi percorsi si sono intrecciati incontrando un compositore che pensa a un paesaggio sonoro, a un certo uso della lingua, al racconto non-verbale. Sicuramente l’esplosione del podcast in  quanto industria ha creato da un lato una grande omogeneizzazione, ma dall’altro ha anche aperto alla possibilità  di trovare punti d’incontro fra diversi livelli della narrazione sonora. Abbiamo in programma proprio su questo argomento, un momento di riflessione con Jonathan Zenti, Dal Bauhaus a Spotify, una riflessione su come elementi di artigianalità e di ricerca si possano combinare con il mondo della grande distribuzione».

C’è una resistenza al fermento sperimentale o c’è un’apertura da parte della grande produzione?

Carola: «decisamente chiusura. Se si guarda al panorama internazionale, si pensi alla BBC che ha appena deciso di chiudere ShortCuts, un faro in europa per la sperimentazione e la ricerca sul suono. Il Prix Europa ha bloccato invece l’accesso a produttori indipendenti. Nonostante tutto la situazione è estremamente vitale ed esistono delle sacche di grande creatività. Lucia Festival è ormai un punto di riferimento, sia per gli indipendenti che per realtà come la Rai, e ci battiamo per restare una piccola realtà per mantenerci libere di continuare a garantire un contesto sperimentale». 

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