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Convoca a sé molte larghezze la recente creazione di due valorose donne di teatro, Isadora Angelini e Rita Frongia, che ho incontrato a Santarcangelo di Romagna domenica 24 novembre 2024.
Molte larghezze, e molte altre donne valorose, mobilita e rilancia: Figure del mondo e dell’immaginazione – che poi, per più di qualcuno, immaginazione immagine del mondo, è.
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DULLA COI TACCHI
Per quanto mi riguarda, dalla parziale prospettiva di ometto che anche attraverso questa rubrica, Donne valorose, si affaccia sui mondi del femminile e dei femminismi per provare a imparare qualcosa, in quella Figura sgambettante e fuori misura ho ritrovato Dulla coi Tacchi.
Chi è, dirà qualcuno.
Ah, penserà qualcun altro.
Dulla coi Tacchi è una delle sei maschere (dunque, persone) di Nei leoni e nei lupi, spettacolo del Teatro Valdoca del 1997 che ha cambiato per sempre il mio modo di guardare all’arte e, dunque, alla vita.
Un cappotto, là militare e sdrucito, qui metallizzato.
Tacchi e zeppe vertiginose, là e qui.
E qui un incedere che due esoscheletri di metallo rendono inciampante, burattinesco: a falcate larghe, come larga è la questione sul mistero del dicibile, nell’arte et ultra, che quella e questa opera mettono in campo.
Meglio: mettono in vita.
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MOLTIPLICAZIONI
La creazione di Rita Frongia e Isadora Angelini -nominalmente drammaturga e regista la prima, interprete la seconda, nella prassi co-creatrici di un organismo polimorfo fugace e persistente, fatto come noi umani della materia del tempo –dei sogni, direbbe qualcuno- che tutto moltiplica.
I fuochi nello spazio della scena, per cominciare.
Con buona pace della prospettiva univoca -lasciando a casa il Principe e il suo sguardo privilegiato- due grandi membrane fantasmatiche evocano, piuttosto che illustrare, due smisurati assenti: Amore e Figlio, come è stato suggerito nel denso incontro post spettacolo, al Teatro Il Lavatoio, tra le artiste e un gruppo di affamate e splendenti anime adolescenti parte, ieri o oggi, di Let’s Revolution, progetto di Teatro Patalò che, nomen omen, attraversa e rivoluziona giovani vite.
Amore, Figlio: ciò non faccia pensare, sia detto chiaramente, al trito cliché della donna che si realizza solo in quanto Moglie e Madre (nell’esperienza così come nella mancanza).
È un femminile vertiginosamente vasto e linguisticamente inclassificabile, quello che Anna Ghiaccio, nome palindromo di una Figura suggerita da La regina delle nevi di Hans Christian Andersen: a indicare forse, il sempre mobile equilibro tra ciò che -nella vita così come in quella sua stramba trasduzione che è l’arte della scena- è spiegabile, circoscrivibile, etichettabile e ciò che -vivaddio- non lo è.
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UN’AVVENTURA DEL COME
Linguisticamente: uso questo temine per ricordare, al di là di ogni contenuto, che l’Arte, quale essa sia, è sempre in primis questione, e avventura, del come, prima e più che del cosa.
Se così non fosse, una canzone d’amore di Toto Cutugno e una di Tom Waits sarebbero artisticamente analoghe. E invece.
Il come, nel caso di Anna Ghiaccio, è un continuum di canto e recitazione (e già questa, nel modo di pensare occidentale che tutto separa e cataloga, è già una capriola non da poco).
Il come, nel caso di Anna Ghiaccio, è un corpo-teatro (per dirla con Jean-Luc Nancy) in bilico traballante e solidissimo tra ironia e tragedia, eccesso e struggimento.
Il come, nel caso di Anna Ghiaccio, è una Figura minuta e maestosa, savia e ingenua, feroce e dolente che abita un paesaggio di plastica e argento attraversato dal vento.
Soprattutto dal vento, a scompigliare pensieri, a commuovere -far muovere insieme- in un territorio solo in parte dicibile: femminile nel suo allargare, accogliere, dar forma.
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TRAMPOLINI E CORNICI
Affinché possa esistere questa maestosa architettura dell’impermanenza, opera di un’arte che nell’esatto istate in cui accade scompare, occorrono trampolini, servono cornici.
Ne nomino due.
La programmazione di Votes for Women!, lungimirante progetto di una lungimirante città che mira a generare uno sguardo altro sui mondi del femminile, nel segno del quale lo spettacolo è andato in scena, alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
La produzione dello spettacolo: Artisti Drama e Teatro Patalò e Teatro delle Moire/Danae Festival.
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PER FINIRE, DA DOVE SON PARTITO
Sullo spettacolo Nei leoni e nei lupi del Teatro Valdoca, una pagina con molti materiali preziosissimi è QUI, parte di un grande progetto sul Nuovo Teatro Made in Italy guidato da una valorosa studiosa, Valentina Valentini.
Per concludere questo che più che un articolo -e molto più che una recensione- è un semplice grazie, desidero copiare un frammento del non detto di quell’indimeticato spettacolo.
Il testo è di Mariangela Gualtieri, come tutti quelli dell’ensemble cesenate.
Mi sembra che Frongia e Angelini, in altri termini, facciano nascere qualcosa che sta molto vicino.
Come
di molti miracoli nei
suoi cantoni e corridoi e piazze,
come essere pronti a gettare le vite
a chi chiede, nell’essere pregni di
immenso spazio e tempo, nell’essere
nello strabordare, nell’essere
adesso pronti a qualunque
morire ridere correre
fare la domanda o
per sempre per sempre restare.
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