(Un altro?) Natale in casa Cupiello

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ph Anna Camerlingo

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Ciò che più colpisce di questo spettacolo di Luca Saccoia, nato da un’idea condivisa con Vincenzo Ambrosino e diretto da Lello Serao, è che la messa in scena è di una fedeltà quasi filologica al testo, sia nella narrazione che nella struttura nei canonici tre atti della conclusiva elaborazione eduardiana di metà anni 30 del ‘900, ma insieme ne è una sorta di catartico travestimento che ne svela il nucleo estetico, a metà tra l’onirico (come non ricordare in proposito il successivo Questi fantasmi) e il metafisico, un nucleo che riesce a coinvolgere biografico e psicologico in una torsione che è propria dell’umano esistere oltre se stesso.

Questo Natale in Casa Cupiello, prima delle grandi commedie tragiche di Eduardo, in cui appunto il comico è il viatico che rivela il tragico, infatti ‘estroflette’ la narrazione scenica portandola tutta dentro quello che ne è il tradizionale centro, il famoso presepe di Luca Cupiello, così da direttamente e significativamente ambientare quasi l’intera vicenda dentro quel mondo di cartone e legno che si fa carne e sangue dell’attore.

Un presepe ‘universale’ che è anche il varco che sulla scena porta la poesia, dei sentimenti e dell’amore, dentro la realtà rigida e dolorosa di ieri e di oggi, trasfigurandola in qualcosa che non è sogno ma vera e propria possibilità.

È dentro questo presepe universale che possono essere composte ed elaborate le contraddizioni personali e familiari, tra schemi e impossibili riscatti che, è noto, lo stesso Eduardo, nella dicotomia dolorosa tra famiglia istituzionale e famiglia affettiva, patì e compatì esistenzialmente sulla propria pelle.

Contraddizioni, e qui il testo quasi centenario mostra la sua più illuminante attualità, che riguardano innanzitutto il rapporto tra uomo e donna, tra moglie e marito duplicato e evoluto tra madri e figlie e tra padri e figli, e poi quelli sociali e di classe con il denaro che, quasi in controscena, comincia ad essere invincibile paradigma del rapporto tra enti ed esistenti.

Tra l’altro in questa drammaturgia, di cui è inutile richiamare la trama, sono anche custoditi, quasi come una promessa, i successivi e analogamente perturbanti drammi familiari, tra regola e riscatto, di Edoardo De Filippo, da Filumena Marturano a Napoli Milionaria, in cui più di altre sono evidenti le ricadute del suo rivelatorio sguardo sociale e, perché no, politico.

Tutto precipita dunque in quel presepe, intimo luogo di elaborazione latamente psicoanalitico ma anche luogo della speranza che sotto le vestigia della morte prossima e dell’apparente obnubilamento (un artifizio geniale) della mente di Lucariello sancisce il giudizio e l’agnizione finale nella prevalenza dell’amore autentico (tra la figlia e l’amante chissà se non veramente riconosciuto) su quello di convenienza sociale (con il marito di lei che viene quasi scacciato dalla scena).

Luca Saccoia riesce a far questo magistralmente utilizzando la sintassi del teatro di figura, tra luci e ombre che appunto come in un presepe inglobano l’intero transito scenico, e soprattutto i pupazzi che lo circondano, esprimendolo pienamente, e che svelano i personaggi quali concretamente sono, proiezioni di un passato o di un futuro che non è solo immaginato, facendosi così, come magicamente accade, più umani dell’umano.

All’interno di questo palcoscenico/mondo Luca (Saccoia ma anche Cupiello) tiene letteralmente le fila (e i fili) muovendosi, unico e assai bravo attore monologante ma mai solo, tra ombre e proiezioni (in tutti i sensi possibili), tra oggetti sempre significanti (la ‘lettera’ o anche la ‘cinque lire’) e pupazzi, anzi entrando e uscendo da questi ultimi come spirito irriducibile di un rito (quello che il presepe custodisce nella sua forma storicamente contingente) in reiterato rinnovamento.

Si crea così un gioco (play dicono gli inglesi di entrambi) speculare tra la recitazione dell’attore e quella dei pupazzi, il cui spazio straniante è progressivamente riempito di senso e significatività al quale entrambi partecipano, paritariamente ma reciprocamente risuonando.

Il testo parlando ai suoi personaggi, pur costruiti ad immagine del loro tempo, parla a tutti noi e Saccoia è bravo a farsene interprete, colui cioè che traduce da una lingua all’altra mentre trasfigura la vita in scrittura, in parola oltre il tempo.

La sua lingua, quel napoletano che Edoardo De Filippo seppe riscattare dal folclore teatrale per farlo vera e propria letteratura nazionale, è per questo necessaria e lo spettacolo giustamente la preserva nella efficace dizione che diventa la sonorità, la musica intensa, del complessivo sentimento narrativo e scenico.

Uno spettacolo intriso di una religiosità laica e molto umana, che proprio nelle reiterate litanie, quasi trasfigurate e distorte dal dolore che si nutre degli eventi cui assistono, sono l’eco e l’onda che tracima dal palcoscenico per lambire la nostra intimità.

Drammaturgia, regia e scenografia assecondano così una intuizione profonda che forse solo attraverso i pupazzi (bellissimi ed efficacemente manovrati da attori o anche di questi efficaci manovratori, ed è significativo che nell’ultimo atto quei manovrati/manovratori abbiano anche voce e presenza scenica) può trovare il coraggio di esteticamente accadere.

Alla sala Eleonora Duse del Teatro Nazionale di Genova che lo ospita per soli, purtroppo, due giorni, il 3 e 4 dicembre. Una sala piena e convinta che allo scoccare delle oltre due ore di spettacolo, durante i quali sono stati numerosi gli applausi a scena aperta, ha a lungo acclamato e festeggiato.

Natale in casa Cupiello | spettacolo per attore cum figuris Produzione Teatri Associati di Napoli, Interno 5 con il sostegno di Fondazione Eduardo De Filippo e Teatro Augusteo. Da un’idea di Vincenzo Ambrosino e Luca Saccoia. Regia Lello Serao. Interprete Luca Saccoia. Spazio scenico, maschere e pupazzi Tiziano Fario. Manovratori Salvatore Bertone, Paola Maria Cacace, Lorenzo Ferrara, Oussama Lardjani, Angela Dionisia Severino, Irene Vecchia (formazione e coordinamento). Costumi Federica del Gaudio. Musiche originali Luca Toller. Luci Luigi Biondi e Giuseppe di Lorenzo.

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