Per mantenersi curiosi e critici, Libreria Ulisse apre una seconda sede

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Dalla pagina Facebook di Libreria Ulisse

L’esistenza (e la sopravvivenza) di realtà culturali indipendenti, come possono essere alcune librerie, è preziosa e per nulla scontata. Anche a Bologna non è (più) facile emergere, né tanto meno resistere alle derive omologanti imposte dalle grandi catene di distribuzione e da certe direzioni prese dalla città stessa che, nel bene e nel male, sta gradualmente cambiando. 

Eppure degli spiragli di possibilità sembrano esserci e per fortuna c’è chi ancora riesce a immaginare e costruire alternative ai trand standardizzanti attraverso un assiduo lavoro dal basso, aprendo spazi e occasioni di incontro capaci di stimolare la curiosità e il pensiero critico. Fra queste c’è Libreria Ulisse che, oltre alla storica sede di via degli Orti 8, ha da poco aperto un nuovo spazio in via Albini 5/e, espandendo la propria attività fra libri, iniziative, incontri, mostre e laboratori.

Come e quando è nata Libreria Ulisse e perché questo nome?

«Ulisse è nata nel 1993 – racconta Massimiliano Tugnoli – con l’obiettivo primario di dar vita a una libreria in periferia, in una zona dove non esisteva nulla del genere. In 31 anni di attività ci siamo dunque costruiti un nome e, nel nostro piccolo, anche un brand. Sebbene negli anni le mission cambino sulla base dei nuovi contesti e periodi, l’intento primario resta lo stesso e si rafforza di anno in anno.

Il nome Ulisse deriva dal fatto che la libreria inizialmente accoglieva soprattutto testi di viaggio, pur avendo sempre avuto anche una sezione varia di narrativa e saggistica. Quest’ultima nel tempo si è sviluppata e ampliata, ma l’attenzione all’editoria di viaggio e turistica resta uno dei pilastri». 

In quanto libreria indipendente, non siete solo un’attività commerciale ma organizzate moltissime iniziative attorno all’editoria e per la comunità. In questi 31 anni, quali progettualità avete messo in campo e che tipo di polo culturale è oggi Libreria Ulisse?

«Le attività in effetti sono tantissime e prevediamo di aumentarle. Questo è possibile grazie alle numerose collaborazioni che abbiamo instaurato negli anni con realtà del territorio e con editori italiani e stranieri, una rete che in questo 2025 prevediamo di ampliare. Negli ultimi dieci-quindici anni circa, Libreria Ulisse si è affermata come una delle più importanti in Italia per quanto riguarda l’enogastronomia, grazie alle collaborazioni con fiere, editori di settore o scuole (fra tutte la KWAK di Faenza, che organizza corsi di cucina per professionisti e principianti). Nonostante le nostre specificità, le proposte sono molto varie, su diverse tematiche o dedicate ad altre discipline: per due anni, per esempio, abbiamo ospitato il fotografo Steve McCurry, autore della nota foto della ragazza afghana con gli occhi verdi e il velo rosso, realizzando due eventi speciali. Organizziamo inoltre numerosi incontri con le autrici e gli autori, laboratori per i più piccoli, mostre, installazioni…»

E ora avete anche una seconda sede in via Albini 5/e, Bologna. Come è pensato questo spazio e cosa ospita?

«La nuova sede si presta molto bene alle attività collaterali e intendiamo nei prossimi anni avviare anche un progetto di ulteriore ampliamento dello spazio. Libreria Ulisse in via degli Orti resterà dove è sempre stata e manterrà la sua identità, così la nuova sede in via Albini vuole essere una sorta di estensione di quello che già siamo e facciamo.
L’ambiente è suddiviso in due da un tramezzo: una parte ospita la libreria, che accoglie volumi illustrati, testi di moda, fotografia, design, arts and crafts, grafica. Si tratta di un ambito editoriale molto importante oggi, ma che pochi considerano: noi ormai da diverso tempo collaboriamo con un importatore che lavora in tutto il mondo e che fa arrivare in Italia – e qui a Bologna – dei bellissimi libri stranieri.
L’altra metà dello spazio è invece propriamente dedicata agli eventi, che hanno già preso il via: si tratta di attività diverse, come mostre, installazioni fotografiche, laboratori per grandi e piccoli, gruppi di lettura. Fra queste, a breve inizierà un progetto di scrittura per ragazze e ragazzi a cura di Amir, un rapper di origine egiziana che fa un lavoro sulla parola davvero interessante». 

Dal vostro punto di vista, come sta l’editoria in Italia?

«Da librario quello che noto è un certo ritardo italiano per quanto riguarda le modalità con cui viene pensato e immaginato il libro. Certo, non tutto quello che viene dall’estero è incredibile o perfetto, ma si nota una certa disparità, specie per quanto riguarda i libri illustrati, ma lo stesso vale per la narrativa: molti dei romanzi di scrittrici e scrittori italiani, soprattutto di nuova generazione, seguono trend stilistici e tematici, che alla lunga non solo stancano ma risultano anche poco interessanti per il tempo presente. In Italia le redazioni tendono a portare avanti linee editoriali omologanti e standardizzate, in parte a causa di costi di produzione – e quindi per necessità economiche – ma è bene riconoscere che si tratta anche di un problema di omologazione delle menti, cosa che riguarda non solo il nostro Paese, ma tutto il mondo. C’è dunque l’urgenza di fare soldi subito, per esigenze finanziarie davvero pressanti; tuttavia una biografia di Churchill nel lungo periodo avrà un impatto economico più importante rispetto a un libro più commerciale, che vende nell’immediato migliaia di copie, ma poi l’interesse si esaurisce in un attimo. Il fatto è che spesso si punta soltanto sull’esigenza di vendere quanto possibile, anche impegnandosi in campagne social o sponsorizzazioni che comportano una progressiva perdita del pensiero critico: spesso il cliente viene in libreria non con la curiosità di scoprire nuovi testi, ma con già un’idea in testa, ovvero leggere il libro di cui tutti parlano». 

Qual è il ruolo del librario in questo contesto? 

«Il nostro ruolo è quello di riuscire a far in modo che le persone siano curiose, capaci di strutturarsi una coscienza critica verso ciò che non conoscono. Abbiamo comunque un margine d’azione limitato, perché il problema è sistemico: un ruolo importante lo giocano la famiglia ma soprattutto la scuola, il luogo in cui i più giovani passano la maggior parte del tempo e in cui dovrebbero fare esperienza proprio del pensiero critico. Crediamo infatti che rivolgersi ai più piccoli sia essenziale e per questo come libreria organizziamo iniziative propriamente dedicate alle fasce giovani, proponendo loro letture che abbiano contenuti attuali e capaci di stimolare dei ragionamenti sulle urgenze del presente».

Per quanto riguarda le librerie indipendenti, quali orizzonti ci sono oggi? 

«A causa di dinamiche commerciali e distributive, le librerie indipendenti sono in decrescita. Tuttavia ci sono molti spiragli per poter lavorare, ma bisogna essere strutturati e questo a volte è impossibile: molte realtà sono davvero piccole, con solo uno o due collaboratori. Si tratta di far fronte alle nuove logiche con coscienza e realismo e trovare nuovi modi per continuare, cercando soluzioni di sostenibilità economica e costruendosi attorno un’identità e un’affidabilità nella propria comunità di riferimento. Oggi siamo di fronte a realtà come Amazon, che non ha vincoli di tassazione, né sul piano del diritto del lavoro e ancor meno nella gestione dei prodotti: i resi, libri compresi, vengono bruciati invece di essere reintrodotti nel mercato. Nel momento in cui si riconosce di essere di fronte a questa realtà dei fatti bisogna impegnarsi a immaginare un modo di lavorare alternativo. Le grandi catene e i colossi online non hanno le nostre competenze, lavorano solo in virtù di grandi risorse e del loro nome. Noi invece abbiamo spiragli, ma ora come ora sono attraversabili soltanto nel momento in cui si vanno a creare delle connessioni. In questo momento credo che quel che manca in Italia sia proprio la capacità – e il desiderio – di fare network, come avviene per esempio in Inghilterra in cui esistono reti fra librerie, case editrici, scuole, biblioteche e istituti». 

A Bologna di librerie indipendenti e realtà editoriali ce ne sono diverse, anche se spesso molto piccole e di nicchia. Inoltre la città sta cambiando, anche sul piano culturale. Come vedete questi mutamenti e come dialogate con la “nuova” Bologna?

«Anche a Bologna il panorama delle librerie indipendenti è in decrescita, molte hanno chiuso per diversi motivi e quelle che nascono sono realtà così piccole che non hanno la forza di affermarsi e essere considerate un concreto ricambio. Quest’ultimo potrebbe avvenire solo se ci si riuscisse a strutturare, un po’ come è accaduto a Libreria Ulisse. In altre parole, dovrebbero essercene tante altre della nostra unità di grandezza affinché possa avvenire un vero ricambio e una consolidazione di queste realtà.

Bologna sta in effetti cambiando ed è già molto diversa rispetto a dieci anni fa. Da una parte si sta omologando adeguandosi ai trend del turismo di massa, che implica merce standardizzata e di bassa qualità, oltre a una saturazione della città perché mancano le strutture adeguate. Dall’altra sta cambiando per alcuni investimenti della Regione, penso ad esempio al tecnopolo, che porterà di certo dei benefici, ma al contempo cambierà il volto della città, specie nel momento in cui arriveranno le collaborazioni con le multinazionali, che andranno a investire in settori che faranno l’interesse loro e non della città. Il problema quindi è a monte, ci vorrebbe una classe politica che da una parte asseconda le aziende e dall’altra si fa portatrice dei diritti dei cittadini e delle comunità; tuttavia quel che accade di fatto è che questi diritti vengono calpestati. Chi vive la città in maniera vera, cogliendola nel suo complesso – dalle occasioni di incontro culturale al dialogo sano con la natura circostante – fa in modo di mantenere viva l’identità di Bologna, chi invece fa i propri interessi la cambia e la svuota. In questo contesto, restano comunque delle possibilità: quello che noi possiamo fare è coglierle tutte lavorando dal basso, instaurando relazioni con la collettività e avviando collaborazioni con realtà del territorio. 

 

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