Alexander Rodchenko: un abile sperimentatore

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Il periodo sovietico è senza dubbio il mio preferito, in particolare per il tema della censura, che trovo di un fascino indescrivibile. Mi ha sempre incuriosito scoprire quali tematiche fossero considerate tabù, cosa il mondo non dovesse conoscere della cultura sovietica e quali aspetti dovessero rimanere confinati entro i limiti del regime.

Pur cercando spesso di approfondire argomenti più contemporanei, finisco sempre per tornare a questo periodo unico. È successo anche con Aleksandr Rodchenko: un amore nato al primo sguardo.
In questo articolo, lo “sguardo” rivestirà un ruolo centrale, poiché Rodchenko (1891-1956) fu un pioniere nelle arti visive: fotografia, pittura, grafica e uno dei fondatori del costruttivismo. La sua produzione artistica, sviluppatasi poco dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, raggiunse una risonanza internazionale durante il periodo sovietico, consacrandolo come figura rivoluzionaria e punto di riferimento per il movimento costruttivista.

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Il Costruttivismo, nato intorno al 1913, rifiutava il concetto di “arte per l’arte”, promuovendo invece l’arte come strumento sociale. Il movimento mirava a integrarsi nella quotidianità, valorizzando modernità, industrializzazione e progresso. Le opere, caratterizzate da elementi astratti e composizioni geometriche, si opponevano all’estetica tradizionale delle scuole accademiche.

Rodchenko mosse i primi passi nel mondo accademico nel 1910, frequentando la Kazan Art School, per poi proseguire gli studi allo Stroganov Institute di Mosca, dove si avvicinò al Suprematismo di Kazimir Malevich. In quegli anni conobbe Varvara Stepanova, che divenne sua moglie. Ho scelto di concentrarmi sul Rodchenko fotografo, poiché è in questo ambito che la sua arte si distingue maggiormente e perché oggi è universalmente riconosciuto soprattutto per il suo lavoro fotografico. Sebbene avesse frequentato scuole di formazione classica, si considerava un autodidatta, poiché il suo stile rompeva nettamente con le convenzioni tradizionali.

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Inizialmente la sua attività fotografica era legata alla grafica pubblicitaria, dove sostituì il linguaggio futurista, diffuso in Europa, con uno stile astratto e geometrico, privilegiando il fotomontaggio. I suoi manifesti combinavano disegni, pittura e fotografie, spesso recuperate da giornali e riviste. Rodchenko credeva fermamente che queste forme d’arte avessero un forte potenziale comunicativo, particolarmente adatto al contesto sovietico dell’epoca.

Uno dei suoi lavori più celebri è il poster del 1924 in cui Lilya Brick, compagna di Majakovskij, grida “libri” attraverso una posa che simula un megafono. Quest’opera rappresenta una perfetta fusione tra fotografia e grafica d’avanguardia, riflettendo l’influenza delle sperimentazioni artistiche di Rodchenko.

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La sua fotografia era rivoluzionaria anche per l’uso di prospettive inconsuete: scatti dall’alto verso il basso o da angolazioni insolite, che catturavano dettagli sorprendenti, costringendo l’osservatore a vedere le cose da nuovi punti di vista. Questo approccio innovativo generava un forte impatto visivo, provocando sensazioni inedite e spiazzanti.

Nonostante il regime sovietico lo avesse spesso criticato e limitato per il suo spirito avanguardistico, Rodchenko non smise mai di lavorare né di esprimere la propria visione personale. Tuttavia, negli ultimi anni della sua vita, dovette affrontare difficoltà economiche e l’ostracismo del regime, che lo lasciarono in una condizione di quasi totale indigenza. Morì a Mosca il 3 dicembre 1956, all’età di 65 anni.

Sua moglie, Varvara Stepanova, avviò negli anni ’50 un processo di recupero della sua figura artistica, ma fu solo dopo la sua morte che il mondo riconobbe pienamente il valore e la limpidezza della sua arte. 

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