Giustificare la Generazione Z

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ph Duccio Burberi

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Non c’è cosa peggiore del cinquantenne, dell’adulto fatto e finito, che dà ragione, paternalisticamente, all’adolescente indolente, depresso, nichilista, di quelli che danno colpa alle precedenti generazioni di aver distrutto il mondo, buoni soltanto a mettere like su Facebook, scrollare Instagram e Tik Tok, non andare a votare e sentirsi socialmente partecipi solo se bloccano il traffico o imbrattano edifici pubblici o quadri nei musei. La commiserazione della cosiddetta Generazione Z (tranquilli non sarà l’ultima) ha creato una bolla e una patina di vittimismo dove al suo interno crogiolarsi nell’incomprensione, nella rabbia e nella disillusione, proprio quegli elementi che ogni adolescenza frustrata, in qualunque epoca, ha sentito e percepito sulla propria pelle prima di scontrarsi con la realtà e diventare adulto. E’ la tesi di fondo del nuovo spettacolo di Oscar De Summa dal titolo tagliente, L’infamante accusa di assenza, (prodotto e visto al Teatro Metastasio di Prato) che, esaltando il negativo del messaggio proposto inneggia e parteggia per questi ragazzi indifferenti, insensibili e apatici, che si lasciano vivere proprio perché gli adulti sono troppo accondiscendenti e giustificatori nei loro confronti creando martiri invece che adulti consapevoli.

Sottolineando che in questi quasi venti anni nei quali abbiamo assistito ai lavori di De Summa ci hanno colpito, per forza, potenza e cazzimma, maggiormente i suoi monologhi, anche questo Infamante accusa, come altre sue opere collettive e corali, è urlato, caotico, una mitraglia di parole che ti sovrasta, ti mette spalle al muro, gioca contro la comprensione. In una scena totalmente bianca (che poi si farà rossa nel thrilling e gialla sul finale, cromatismi molto netti e puliti e raffinati, luci di Matteo Gozzi) cinque personaggi se ne stanno a vista, così come i costumi, sulla scena. Entriamo e cadiamo vertiginosamente, e immediatamente, in un processo kafkiano che ci spinge nel vortice del grottesco, nell’oblio della farsa. Tutto però, fin da subito, diventa irrimediabilmente forzato, eccessivo, esagerato, smisurato, smodato, certamente saranno indicazioni registiche volute. La ragazza (Valeria Sibona), schiacciata attorialmente dalle altre figure maschili più esperte che ne escono meglio perché hanno spazio di manovra nel poter esplicitare le proprie figure (lo stesso De Summa, Andrea Macaluso, Mattia Fabris, Lorenzo Guerrieri, tutti paradossalmente in parte pur essendo sopra le righe), è una studentessa che langue nella sua post adolescenza fatta di tempi morti tra pc e cellulare, incontri senza progettualità, una sorta di limbo decadente che non prende decisioni ma che si lascia vivere e aspetta che il tempo faccia il suo corso.

Siamo dentro un processo chiaro e palese con un innocente messo alle strette da accuse infondate o inventate da un Sistema marcio e fuori controllo. Noi, la platea che viene anche direttamente accusata con i vecchi epiteti anni ’70 di essere ricca e borghese e quindi proprio per questo si rifugia a teatro perché può permetterselo invece che stare tra i problemi reali del Paese, siamo il Sistema (ovviamente da abbattere), i cattivi che vogliono perpetrare le regole vigenti, siamo i reazionari che vogliono tenere nel fango i ragazzi per una questione di sopravvivenza e di competizione. Ancora il vittimismo che ha sempre creato adulti insicuri e malfermi. Si espone una tesi, ovvero che il Sistema degli anziani sia nel giusto e le giovani generazioni nel torto, proprio per esaltare, come il negativo della fotografia, l’opposta argomentazione. Perché è progressista, perché è bello dire che i giovani, spesso menefreghisti, saranno la salvezza del mondo, quello stesso globo dove vorrebbero che i pascoli fossero sostituiti da campi coltivati con pannelli solari, un mondo di Tesla, un mondo di Intelligenza Artificiale, un mondo vuoto fatto di contenuti che non sapremo più se siano reali o generati, un mondo dove saranno altri che sceglieranno per noi perché avremo smesso di farci domande critiche. Un mondo di me ne frego invece che di mi interessa, l’I care di Don Milani, un mondo asettico dove non ci si sporca le mani e non si prende posizione altrimenti si perdono followers sui propri profili, dove la credibilità e la reputazione sono soltanto il numero di finte amicizie, di mi piace, di notifiche.

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Oscar De Summa – ph Donatella Franciosi

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Due uomini entrano senza permesso in casa di una ragazza ignara e sconcertata da queste presenze che potrebbero essere spie, 007, agenti in borghese: quello logorroico ha l’impermeabile bianco, l’altro, il silenzioso con in testa un pesce, ha il soprabito nero, l’Ying e lo Yang, il Bene e il Male, classicamente il poliziotto buono e quello cattivo. Siamo dentro un regime (quello nel quale i progressisti credono faziosamente di vivere tutt’oggi) dove le indagini sono il pane quotidiano, dove si cerca sempre e comunque un colpevole per rinsaldare l’idea di certezza della pena e sicurezza sociale proprio per giustificare la stessa esistenza dell’impianto statalista. Alla visita inquietante fa seguito il preoccupante incontro con l’avvocato difensore, molto Azzeccagarbugli manzoniano, per finire con un processo farsa allarmante dove gli adulti attaccano e mettono arrogantemente e denigratoriamente la ragazza davanti a reati inesistenti. Viene evocata un’atmosfera vagamente reazionaria e fascista, Non tira una bella aria qui, come a sottolineare il pericolo reale politico di uno scivolamento accettato dei diritti delle persone. La ragazza è caduta nel gorgo, nel vortice dell’incomprensione proprio perché non capisce il linguaggio e il sistema valoriale degli adulti in un interrogatorio pinocchiesco da Ubu Re: la mettono davanti al fatto compiuto della sua assenza sociale, dell’essere vagamente hikikomori di questa generazione che vuole tutto senza lottare per niente, di questi ragazzi senza desideri né emozioni che vivono nella nostalgia di cose mai vissute, che non partecipano, che non si sentono coinvolti in niente.

Ma invece che essere uno sprono e uno stimolo per i ragazzi di oggi, la drammaturgia si trasforma in un’ulteriore giustificazione con questi adulti (ovviamente noi tutti accusati) freddi che le impongono il silenzio, che la inibiscono, la attaccano gratuitamente soltanto perché la vogliono rieducare a più miti consigli. E alla fine anche L’infamante accusa di assenza diventa un punto giustificatorio del dolore di chi sta crescendo in un mondo che sente ostile ma perché non lo comprende ancora e dal quale non si sente compreso nella fatidica e faticosa lotta necessaria ed essenziale dell’uccisione del padre. Ma a questi ragazzi, cresciuti nella deresponsabilizzazione, abbiamo eliminato il conflitto e il senso di sconfitta e questi sono i risultati: giovani adulti fragili che si chiudono in casa alla prima debolezza, al primo fallimento, sempre consolati e messi sul piedistallo dai grandi che li hanno messi al riparo dalle delusioni sotto una campana di vetro, che li ha protetti oltremodo, che per loro ha smussato tutti gli angoli e ovattato tutti gli spigoli.

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Sono laureato in Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze, sono iscritto all'Ordine dei Giornalisti dal 2004 e critico teatrale. Ho scritto, tra gli altri, per i giornali cartacei Il Corriere di Firenze, per il Portale Giovani del Comune di Firenze, per la rivista della Biennale Teatro di Venezia, 2011, 2012, per “Il Fatto Quotidiano” e sul ilfattoquotidiano, per i mensili “Ambasciata Teatrale”, “Lungarno”, per il sito “Words in Freedom”; per “Florence is You”, per la rivista trimestrale “Hystrio”. Parallelamente per i siti internet: succoacido.it, scanner.it, corrierenazionale.it, rumorscena.com, Erodoto 108, recensito.net. Sono nella giuria del Premio Ubu, giurato del Premio Hystrio, membro dell'A.N.C.T., membro di Rete Critica, membro dell'Associazione Teatro Europeo, oltre che giurato per svariati premi e concorsi teatrali italiani e internazionali. Ho pubblicato, con la casa editrice Titivillus, il volume “Mare, Marmo, Memoria” sull'attrice Elisabetta Salvatori. Ho vinto i seguenti premi di critica teatrale: il “Gran Premio Internazionale di critica teatrale Carlos Porto '17”, Festival de Almada, Lisbona, il Premio “Istrice d'Argento '18”, Dramma Popolare San Miniato, il “Premio Città di Montalcino per la Critica d'Arte '19”, il Premio “Chilometri Critici '20”, Teatro delle Sfide di Bientina, il “Premio Carlo Terron '20”, all'interno del “Premio Sipario”, “Festival fare Critica”, Lamezia Terme, il “Premio Scena Critica '20” a cura del sito www.scenacritica.it, il “Premio giornalistico internazionale Campania Terra Felix '20”, sezione “Premio Web Stampa Specializzata”, di Pozzuoli, il Premio Speciale della Giuria al “Premio Casentino '21” sezione “Teatro/Cinema/Critica Cinematografica e Teatrale”, di Poppi, il “Premio Carlos Porto 2020 – Imprensa especializada” a Lisbona. Nel corso di questi anni sono stato invitato in prestigiosi festival internazionali come “Open Look”, San Pietroburgo; “Festival de Almada”, Lisbona; Festival “GIFT”, Tbilisi, Georgia; “Fiams”, Saguenay, Quebec, Canada; “Summerworks”, Toronto, Canada; Teatro Qendra, Pristhina, Kosovo; “International Meetings in Cluj”, Romania; “Mladi Levi”, Lubiana, Slovenia; “Fit Festival”, Lugano, Svizzera; “Mot Festival”, Skopje, Macedonia; “Pierrot Festival”, Stara Zagora, Bulgaria; “Fujairah International Arts festival”, Emirati Arabi Uniti, “Festival Black & White”, Imatra, Finlandia.

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