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In un mondo come il nostro diventato campo di battaglia e terreno di conquista e dominato e segnato, soprattutto negli ultimi disastrosi e divisivi anni, dal conflitto gender, dai femminicidi, dalla lotta al patriarcato e da un femminismo che a volte si è fatto violento e aggressivo contro il maschio a prescindere, questa favola contemporanea ed evergreen ci ha fatto riassaporare la semplicità e la dolcezza dello stare insieme, un uomo e una donna che si incontrano e decidono, scegliendosi ogni giorno, di fare un cammino comune, di intraprendere un percorso dandosi mutuo soccorso, affetto, fiducia, supporto, spensieratezza, leggerezza ma anche forza nei momenti più bui e critici. In una parola sola si chiama Amore. Dal titolo che vagamente ci ha ricordato una ballata deandreiana, La fiaba dell’amore lento (prod. LST Teatro e Guascone Teatro; visto al Teatro Caos di Chianciano Terme) è un tocco garbato e gentile, raffinato e delicato, vintage potremmo definirlo, raccontando un amore fuori tempo, sobrio, pulito, stralunato, colmo di tenerezza come una lieve carezza. Dal testo di Andrea Kaemmerle, il Lui in scena insieme alla Lei nel corpo di Daniela Morozzi, per la drammaturgia e regia di Manfredi Rutelli, L’Amore lento è un omaggio alla schiettezza e ironia toscana, un inno a quei valori ormai perduti di un piccolo mondo antico che si è sfaldato fagocitando e facendo implodere per prima cosa le fondamenta della nostra società, ovvero la famiglia, e senza questa istituzione crolla il castello di sabbia dei nostri microcosmi dove abbiamo tutto ma non sappiamo per cosa stiamo al mondo, tutti tecnologici ma sempre più soli ed isolati con l’illusione e la chimera di essere autosufficienti e di non avere bisogno di nessuno, dell’altro, di un confronto, di un conforto.
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Il finale ribalta e dà senso al tutto facendo, felicemente, slittare la novella da un piano realistico ad uno appunto favolistico, metaforico, fumettistico. Tra la Morozzi e Kaemmerle c’è elettricità positiva e un’alchimia preziosa sulla scena, un incastro di amorosi sensi attoriali che esalta le parole, i loro dialoghi a volte ricoperti di cuoricini altre di piccole guerriglie dialettiche nelle quali ognuno dei due vuole avere ragione, le classiche scaramucce vitali tra due persone che stanno fianco a fianco da anni senza annoiarsi guardando al futuro. Tutto nasce, racconta Kaemmerle (che somiglia sempre più al giornalista Paolo Mieli), da un motto illuminante: Amami poco ma continua, in tempi nei quali si spinge per un amore che sia sempre fuoco e fiamme, passionale, tutto istinto e viscerale (che poi sono gli ingredienti perché si ammosci e svanisca e si incenerisca di lì a poco) questa massima ci riporta alla calma, alla pace, alla tranquillità di un compagno o una compagna di vita da tenere per mano nelle cose semplici di ogni giorno senza le capriole pirotecniche e fumi e raggi laser che sbalordiscono e incuriosiscono all’inizio ma che poi stancano. Esserci oggi senza perdersi domani al primo colpo di vento.
Negli ultimi anni abbiamo seguito nei teatri altri spettacoli che parlavano di matrimonio (in Italia dati in calo disarmante): ricordiamo su tutti, tra quelli scevri dai soliti, stantii e consunti cliché, Il matrimonio d’inverno delle Ariette o la Medea di Antonio Latella con Giasone tenuto per il membro dalla sposa durante la marcia nuziale, o ancora Come in America su una chiatta in Arno che rievoca l’alluvione e questi due sposini immaginari portati via dalla furia dell’acqua e uniti per l’eternità. E poi ancora i testi, ormai classici, Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman e Nozze di sangue di Garcia Lorca. O ancora, in chiave più giovane e contemporanea, La moglie perfetta di Giulia Trippetta. Una storia piccola quella del trio Kaemmerle-Morozzi-Rutelli che ci racconta di relazioni dignitose, l’opposto della tanto evocate tossiche: l’autore sembra ritornare al suo Uomo Tigre, testo carico di atmosfere nostalgiche di qualche stagione fa, portandoci dentro il teatro di giro (il suo habitat naturale), dentro le tournée di teatri periferici, dentro quelle serate dove ti può salvare solo il mestiere, la sensibilità, l’arte e quella sregolata allegria irrazionale senza la quale avresti già smesso di recitare. Lui e Lei interpretano due attori (il teatro nel teatro) che, per vivere, si esibiscono ai matrimoni con i loro numeri, sketch e gag, battute e poesie, rallegrando le serate degli invitati già alcolizzati e i banchetti di nozze con la pancia piena e le palpebre calanti. L’amore lento è anche un elogio al teatro e all’amore per questa arte e disciplina che li spinge sempre a buttare il cuore oltre l’ostacolo senza mollare mai, senza cadere nella facile e comprensibile depressione di questi anni sempre con meno torta da spartire.
Mentre il matrimonio si svolge nella sala principale, i nostri due antieroi, piccoli e nemmeno borghesi, si sono ritagliati un camerino di fortuna sgangherato e sdrucito (come loro) dove prepararsi per il loro show, il loro intervento sempre uguale nel tempo, immutato, però centrale: Lei vorrebbe rivoluzionarlo, è più intraprendente, curiosa, innovativa, Lui è più conservativo, si accontenta. E’ un rito la cerimonia dei due novelli sposi come sarà un rito il loro ingresso come lo è il teatro, uguale a se stesso ma sempre diverso nelle forme e nei contenuti. Tra loro si dicono I tempi sono cambiati e Era tanto che non ci chiamavano evocando una crisi del settore che in questo caso potrebbe essere declinata sia sul versante del matrimonio come a quello delle repliche sul palcoscenico sempre più difficili da piazzare. Tra minime discussioni fisiologiche e grandi affermazioni sentimentali vicendevoli e piatti trafugati nelle cucine, tra massime di vita, Saremo vecchi, ridicoli e spelacchiati ma veri dice Lui, le portate delle varie pietanze scivolano via finché non arriva il loro tanto sospirato turno per, finalmente, esibirsi, tra le paure di Lui che perde colpi, non si ricorda le battute e il suo essere in ritardo cronico, e le ansie di Lei. Come in un sogno, il finale (che qui non sveleremo) ribalta i piani e mentre ci danno le spalle tutto ci è più chiaro. Tutto l’universo obbedisce all’amore. La frase da ricordare: Qual è il posto giusto? Quando siamo insieme è il posto giusto.
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