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Con questo tardivo lavoro del compositore bavarese Richard Strauss, solo omonimo dei grandi maestri del valzer viennese, Il Teatro Carlo Felice di Genova ci offre ancora una volta una esemplare occasione, quella di apprezzare, nel suo primo allestimento della versione originale con complessi artistici nazionali, un’Opera poco conosciuta e ancor meno praticata in Italia.
Un Amore di Danae che, tra l’altro, non solo storicamente, ma anche musicalmente e drammaturgicamente, si incastra come un illuminante innesto nella tragica frattura che, tra Nazismo e Seconda Guerra Mondiale, ha sconvolto l’Europa tra gli anni trenta e quaranta del secolo passato ma ancora così prossimo.
Così il mito greco è qui utilizzato solo in funzione eminentemente linguistica, o se vogliamo nominalistica mescolando diverse e anche contraddittorie fonti, per fornire l’avvio di una narrazione che con quello stesso mito greco, almeno nel senso più ‘classico’, ha poco da spartire se non quale orizzonte purtroppo e per sempre perduto.
In questa struttura estetica anche l’afflato simbolista che poteva caratterizzarne l’iniziale idea, il soggetto in senso cinematografico, di Hugo Von Hofmannsthal si perde diluendosi nel libretto, ovvero la sceneggiatura finale, di Joseph Gregor e nella conseguente partitura che qualcuno, per questo, definisce ‘pletorica’.
Ne nasce una Caduta degli Dei che della matrice wagneriana conserva la tragica visione di un mondo che giunge alla sua fine, trasfigurata e quasi imprigionata dentro una struttura musicale talora ‘operettistica’, che in fondo sembra ricordare e recuperare gli allegri valzer che un’orchestrina suonava sulla tolda del Titanic mentre questo affondava.
La promessa di una età dell’oro, che la smania di potere di alcuni (i riferimenti all’oggi non sono purtroppo casuali) alimentava, veniva infatti divorata dalla fornace della guerra, e la messa in scena molto intelligentemente vi fa continuo cenno, ma sotto le macerie e le ceneri di quel mondo che fu, un mondo di cultura e di arte stravolto nell’idea della nuova Germania, la scelta dell’umanità dei sentimenti poteva e doveva continuare ad alimentare il futuro.
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A tutto questo sia Gregor che Strauss non fanno esplicito riferimento, ma soprattutto il primo è riuscito a trasformare questo suo personale ed esistenziale addio in un lascito, l’unico consentito a quel vecchio mondo per sempre perduto.
Strauss vivente, alla sua Die Liebe der Danae, come noto di lunghissima gestazione, fu concessa nel 1944 solo una prova generale a inviti, al termine della quale, racconta il Direttore di Orchestra di allora Clemens Krauss, il vecchio musicista prese commosso “congedo dalla sua vita interamente consacrata all’arte, gridando in lacrime ai Philarmoniker e ai cantanti sulla scena: <<Arrivederci in un mondo migliore!>>.
De te fabula narratur, o più prosaicamente un “parlare a suocera perché nuora intenda”, mostrando il ghigno del potere e del denaro quando pretende di governare l’umano con un molto equivocato e deformato ‘sovrumano’ (come non rammentare il suo famoso poema sinfonico Also sprach Zarathustra), con l’effetto però di distruggere con il mondo sé stesso, mentre il sentimento come la fiaccola sotto il moggio è destinato a rimanere acceso.
Una drammaturgia ed una partitura dunque in cui convivono suggestioni e spinte contrastanti, costrette quasi tra un dire e non poter dire, non sempre perfettamente amalgamate nella dilatazione dei tempi che ne contraddistingue la genesi creativa e l’esito scenico.
La regia di Laurence Dale, forse anche per limitare gli inevitabili momenti di calo della tensione narrativa, sceglie di portare alla luce questi contrasti e questi commistioni, di età anagrafiche e di epoche storiche, ben utilizzando in questo, oltre che i suggestivi video, i momenti coreografici di Carmine De Amicis che è anche regista collaboratore, di diversissima composizione tra simbolismo e operetta (francese più che viennese scrive il maestro concertatore), mettendo in scena lo stesso Strauss con signora e facendo così del palcoscenico quasi il luogo di un dibattito storico guidato dalle note della partitura.
Ben coadiuvano questa idea registica le scene e i costumi di Gary McCann e le luci di John Bishop.
Per quanto riguarda la partitura, la bella direzione del maestro concertatore Michael Zlabinger ne sottolinea la inusuale ricchezza cromatica, che, ben conoscendole, sembra però rinnegare le innovazioni tonali a lui contemporanee, e che costituisce una sorta di mare melodico in cui nuotano le più semplici combinazioni di note che, in una sorta di rete contrappuntistica, ‘rappresentano’ i singoli personaggi.
L’insieme a servizio di un Cast di grande qualità in cui non si possono non sottilineare le prove di Angela Meade, una Danae dalla voce sempre cristallina e senza mai una forzatura e di John Matthews Myers (Midas) dalla potente voce tenorile. Il terzo protagonista della narrazione scenica lo Jupiter del baritono Scott Hendricks mostra una qualità di recitazione che supera anche la prestazione nel canto.
Tutti i numerosi comprimari, e con tale termine non si vuole certo sminuirne l’importanza, sono all’altezza, in recitazione e canto, del ruolo cui sono chiamati.
Infine il coro del Teatro Carlo Felice, ma ormai è quasi superfluo sottolinearlo, è di grande ed efficace impatto scenico e musicale, come del resto i ballerini che sono essenziali allo sviluppo dello scenario.
Uno spettacolo, per concludere, certamente non facile ma che ha riscosso, nel pubblico che ha riempito la grande sala del teatro genovese, un caloroso successo. Visto il 13 aprile.
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Die Liebe der Danae. Mitologia gaia in tre atti di Richard Strauss, libretto di Joseph Gregor. Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova. Prima rappresentazione italiana della versione originale con complessi artistici italiani.
Personaggi e interpreti: Jupiter Scott Hendricks, Merkur Timothy Oliver, Pollux Tuomas Katajala, Danae Angela Meade, Xanthe Valentina Farcas, Midas John Matthew Myers, Erste König Albert Memeti, Zweite König Eamonn Mulhall, Dritte König Nicolas Legoux, Vierte König John Paul Huckle, Semele Anna Graf, Europa Agnieszka Adamczak, Alkmene Hagar Sharvit, Leda Valentina Stadler, Vier Wächter Domenico Apollonio, Davide Canepa, Luca Romano, Andrea Scannerini, Eine Stimme Valeria Saladino.
Maestro concertatore e direttore Michael Zlabinger. Regia Laurence Dale. Scene e costumi
Gary McCann, Luci John Bishop. Coreografo e regista collaboratore Carmine De Amicis. Costumista collaboratore Gabriella Ingram. Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova. Maestro del Coro Claudio Marino Moretti. Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS. Danzatori Daniele Bracciale, Luca Cappai, Simone Cristofori, Giuseppe Sanniu. Mimi Erika Melli, Roberto Pierantoni. Mimo acrobata Davide Riminucci.
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