.
Nel mondo della fotografia moderna, pochi autori riescono a mescolare poesia visiva e tecnica narrativa come Evgenia Arbugaeva.
Nata a Tiksi, un remoto insediamento nell’Artico russo, Arbugaeva non fotografa semplicemente il paesaggio: lo interpreta, trasformando l’ambiente estremo in una scena carica di significato visivo e culturale.
.
.
Ma cos’è che rende il suo stile moderno? Non si tratta solo di soggetti inusuali o location estreme: è l’approccio cinematografico, la gestione della luce naturale, la costruzione quasi pittorica dell’immagine a definire la sua firma visiva. Le sue fotografie hanno fatto il giro del mondo e vengono pubblicate anche sul suo profilo Instagram.
Nella fotografia della Arbugaeva colori freddi, azzurri e verdi smeraldo dialogano con contrasti caldi, spesso impiegati per raccontare momenti di vita domestica in capanne isolate o ritratti di personaggi quasi mitologici.
C’è un uso sapiente della dominante cromatica: le sue foto sembrano filtrate da una memoria d’infanzia, con tonalità che rimandano più alla pittura nordica o al cinema di Tarkovskij che al reportage classico. L’uso del colore assume una vera e propria funzione evocativa la stessa potenza che la Arbugaeva ha mostrato anche nel cortometraggio Haulout. Nominato agli oscar nel 2023, il film ci trascina in una landa remota dell’Artico russo, dove il biologo marino Maxim Chakilev attende l’arrivo di migliaia di trichechi, sulle coste della Chukotka. La narrazione priva di dialoghi e la fotografia ipnotica invitano lo spettatore a riflettere profondamente sul rapporto tra uomo e natura. A questo link è possibile vedere il cortometraggio.
Tecnicamente, Arbugaeva gioca molto con la temperatura colore per accentuare il senso di isolamento o nostalgia, spingendo verso tinte fredde e viraggi che restituiscono l’idea di un tempo sospeso. In questo il suo linguaggio visivo si distacca nettamente dal naturalismo del fotogiornalismo.
.
.
Ogni fotografia sembra studiata come un fotogramma. I soggetti sono spesso centrati, ma mai statici. L’equilibrio tra pieni e vuoti è curato al millimetro. L’uso della prospettiva centrale, la disposizione di linee diagonali, e l’inserimento consapevole di elementi disturbanti (neve, fumo, vetri appannati) generano un dinamismo controllato che tiene l’occhio incollato all’immagine.
–
–
Arbugaeva lavora molto anche con la profondità di campo: alterna immagini a fuoco esteso – per valorizzare il paesaggio – a ritratti con sfondi sfocati, per isolare il soggetto e amplificare l’intensità emotiva.
Luce radente, luce diffusa, luce artica. Arbugaeva non usa flash, ma sfrutta ogni variazione atmosferica per costruire la scena. La luce naturale, a volte scarsa e bluastra, diventa uno strumento drammatico.
In molte serie, come Weather Man – Il Metereologo, è proprio la luce a definire il ritmo visivo: silenzi visivi, ombre leggere, riflessi minimi su superfici ghiacciate creano una grammatica visiva coerente e immersiva.
.
.
Evgenia Arbugaeva rappresenta un raro equilibrio tra raffinatezza tecnica e forza narrativa. Il suo stile moderno non è solo una questione estetica, ma una strategia per raccontare storie lontane rendendole visivamente magnetiche. Non cerca il realismo, ma l’emozione visiva. E in un’epoca in cui tutto è immediato e digitale, le sue immagini ci obbligano a fermarci. E a guardare davvero.
.