L’ex-Mercato San Donato di Bologna si trasforma in un edificio green e polifunzionale (parte 1)

Ex-Mercato Sonato - NO WAR

È l’estate del 2024 e chi abita “oltre il ponte” di San Donato a Bologna sa che, presto o tardi, il percorso quotidiano del rientro a casa si farà meno familiare: ci sarà un temporaneo vuoto e un inusuale silenzio, una sorta di azzeramento di un punto della mappa cittadina, che verrà poi ri-disegnato in una forma rinnovata. 

Ci è voluto comunque un po’ di tempo prima che si verificasse la demolizione di Mercato San Donato, ex spazio commerciale dal 2015 riconvertito nell’amato centro culturale conosciuto con il nome di Mercato Sonato e affidato alla gestione di Orchestra Senzaspine, realtà dalle due anime: quella di ensemble sinfonico che mira a rinnovare la percezione comune della musica classica, e quella di associazione culturale impegnata nella formazione musicale e nell’organizzazione di eventi culturali. 

Così, ad ogni falcata o pedalata affaticata per raggiungere la cima del ponte per poi riscendere verso Piazza Mickiewicz o San Donnino-Pilastro, gli occhi rimanevano incollati sull’enorme scritta bianca “NO WAR” dipinta sul tetto dell’edificio, per farne una preziosa cartolina da conservare nella memoria. E quando lo sguardo, un giorno, ha definitivamente perso quel rassicurante punto d’appoggio, qualcuno può essersi sentito spaesato, forse anche infastidito, vuoi per affezione e nostalgia verso quel che è stato, vuoi per il timore di un cambiamento che possa rivelarsi più radicale di quanto si dichiari. Si tratta, d’altronde di una “ri-forma” che riguarda San Donato così come altri quartieri di Bologna e, perciò, la città stessa, che sta mutando volto in modo sempre più evidente. 

Per quanto riguarda Mercato Sonato, il vertiginoso vuoto lasciato dalla sua demolizione è stato presto colmato dalle impalcature della sua nuova struttura «che da una parte offrirà la possibilità di abitare lo spazio attornospiega Adriana Locascio, la Presidente del quartiere San Donato –, dall’altra vedrà un ampliamento degli ambienti per rendere l’edificio più funzionale, anche in ottica di ottimizzazione energetica». 

Il nuovo fabbricato sarà infatti di tipo NZEB, cioè con un consumo quasi zero, dotato di tetto verde e di un sistema fotovoltaico in copertura; sarà inoltre strutturato su tre livelli, pensati come dei parallelepipedi sfalsati tra di loro: il piano interrato con area ristoro e due sale polivalenti, il piano terra e un terzo ambiente dedicato, come in precedenza, alla musica.

Progetto per il nuovo edificio

«Le città non raccontano il loro passato, lo contengono»

«Quando siamo entrati sapevamo che saremmo andati incontro a una serie di lavori per la messa in sicurezza dell’immobile e per adattarlo al cambio di destinazione d’uso»,  racconta Tommaso Ussardi, Presidente di Orchestra Senzaspine. «Ci immaginavamo quindi un restauro totale del Mercato, ma affinché fosse trasformato nella sua più bella narrazione, cioè quella di un luogo storico della città, vissuto in modo differente dalle varie generazioni che lo hanno attraversato. È infatti nell’intreccio di storie e ricordi che il Mercato porta con sé che sta la bellezza della rigenerazione di uno spazio. Sebbene avesse un’architettura esteticamente poco attraente, l’edificio dell’ex-Mercato aveva acquisito valore su un altro livello, divenendo negli ultimi dieci anni un punto di riferimento culturale per la città, con una forte identità e integrato nel quartiere».

Da intervento di rigenerazione durato dieci anni, dunque, il destino di Mercato Sonato deciso dall’amministrazione ha cambiato segno, facendosi azione di riqualificazione. Sebbene siano entrambe operazioni trasformative di un luogo, la rigenerazione sovrascrive l’esistente – stratificando l’una sull’altra le realtà che si susseguono facendo sì che il vecchio alimenti il nuovo e viceversa –, la riqualificazione tende a riscrivere su una pagina bianca, sradica e ricomincia da zero. «Le problematiche strutturali dell’edificio – commenta Adriana Locascio – erano all’ordine del giorno e le manutenzioni non urgenti venivano continuamente rimandate perché molto costose, oppure difficili e impattanti». 

La scelta non-conservativa di Mercato Sonato, perciò, nasce da una serie di valutazioni a partire innanzitutto dall’urgenza di messa in sicurezza dell’immobile, e in secondo luogo dalle logiche dei fondi PNRR e dalle relative direttive europee. «Le ristrutturazioni parziali dell’edificio – prosegue Locascio – qualora ne avessimo avuto la possibilità, non sarebbero comunque state rispondenti al mandato amministrativo. Come Comune di Bologna ci siamo presi in carico una missione clima, da cui derivano anche i fondi a cui attingiamo. Perciò, con l’opportunità data dal PNRR si è colta l’occasione di un ripensamento, che sta riguardando Mercato Sonato, ma anche la zona attorno da cui passerà la linea rossa del tram. Infatti, a partire dal Piano Urbanistico Generale di cui si è dotato il Comune di Bologna nel 2021, c’è già stata la riqualificazione di Via Amaseo, Piazza Mickiewicz e il Ponte di Via Libia e di San Donato, con la sistemazione delle ciclabili e della viabilità, l’installazione di nuove sedute e un miglioramento estetico».

A detta di Calvino, le città «non raccontano il loro passato, ma lo contengono come le linee di una mano […]» in ogni «segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole». L’ex Mercato San Donato nel 2027 avrebbe compiuto 70 anni, soglia entro la quale sarebbe potuto essere riconosciuto come Bene Pubblico. Cosa resta della memoria di un luogo quando, invece di una rigenerazione dell’esistente, alcuni “segni” – strutturali o estetici – vengono cancellati per essere ricostruiti e rimodellati? 

La storia, le fasi 

Da spazio commerciale a polo culturale 

Era il 1957 quando Mercato San Donato iniziò la sua attività commerciale per la vendita di frutta e verdura e, almeno fino agli inizi del 2000, è stato un luogo molto frequentato e vissuto dai cittadini del quartiere. Negli anni successivi l’edificio divenne sempre più povero di servizi commerciali, con il conseguente svuotamento degli spazi e la penalizzazione di chi continuava ad avere lì una piccola attività. A quel punto, l’allora Ufficio Immaginazione Civica, di cui era assessore l’attuale Sindaco Matteo Lepore, raccolse le istanze dei cittadini e propose di trasformare il Mercato da spazio commerciale a luogo sociale e culturale. Da qui, venne aperto un bando pubblico per l’assegnazione della gestione a cui rispose, fra gli altri, Orchestra Senzaspine. 

«È stato molto coraggioso da parte dell’amministrazione comunale commenta Ussardiassegnare uno spazio così importante a noi di Senzaspine, realtà che al tempo era ancora emergente. Inoltre la nostra è una natura particolare: nasciamo come orchestra sinfonica con l’obiettivo di avvicinare un ampio pubblico alla musica classica, allontanando stereotipi e pregiudizi. L’opportunità di aprirci alla città e di prestare ascolto al quartiere che abitavamo, ci ha permesso di capire come potevamo funzionare in relazione alla comunità, e farlo in quanto orchestra sinfonica ha dato un’impronta inusuale. Siamo così arrivati a strutturarci non solo come ensemble, ma anche come scuola di musica e centro culturale, inseriti nel circuito ARCI». 

Dopo l’ingresso di Senzaspine, l’edificio prende a chiamarsi Mercato Sonato e a divenire sempre più un punto di riferimento culturale non soltanto del quartiere, ma della città intera. L’immobile, tuttavia, continuava a presentare alcuni limiti, «aveva un potenziale inespresso – racconta Ussardi – alcuni in spazi erano sfortunatamente inagibili».

I tavoli di partecipazione attiva

Di questi aspetti e della possibilità di una ristrutturazione, così come accade per altre zone e immobili di Bologna, si era parlato durante i tavoli di partecipazione attiva fra il 2017 e il 2018, un’iniziativa in cui cittadini, amministrazione e, in questo caso, anche le realtà culturali coinvolte, si incontrano per discutere insieme su come migliorare il quartiere. «Durante i percorsi partecipativiracconta Locasciosi raccolgono e si analizzano i bisogni e i desideri delle comunità, per poi intervenire sul territorio o, nel caso di immobili, scegliere insieme la destinazione d’uso». Tuttavia, i tempi che intercorrono tra i momenti assembleari e l’effettiva realizzazione dei progetti, finiscono spesso per essere molto dilatati, per ovvie ragioni legate alle valutazioni tecnico-pratiche: «c’è da fare i conti con la fattibilità, la convenienza e la qualità degli interventi – specifica la Presidente – perciò la progettazione vera e propria passa in mano a dei professionisti». 

Il comprensibile protrarsi dei tempi di ideazione e attuazione del progetto — che con i primi rendering ha spesso poco a che fare per questioni di fattibilità —, si è scontrato però con le aspettative di coloro che avevano in precedenza preso parte ai tavoli e ai nuovi bisogni, percezioni e desideri sorti negli anni successivi. «Dopo quattro anni dai primi confronti e il Covid nel mezzocommenta Ussardile proposte emerse ai tavoli erano ormai diventate obsolete. Ci rendiamo conto, e capiamo, che la demolizione di Mercato Sonato sia stata la decisione più sicura per evitare imprevisti: il Comune si è trovato a chiudere una partita complessa e a fare i conti con scadenze strettissime dettate dall’UE, che sono molto distanti dalle dinamiche di una città. Se ci fosse stato il tempo adeguato, si sarebbero infatti potuti riprendere i tavoli e fare un’analisi di impatto sociale e di visione generale del quartiere. Magari l’esito sarebbe stato lo stesso, o magari no, questo non lo sapremo mai, ma sarebbe stata una scelta condivisa».

Le logiche dei bandi e dei finanziamenti, dunque, risultano diametralmente opposte al modello partecipativo che, per essere davvero tale, richiederebbe incontri continuativi di discussione collettiva attorno alle decisioni più rilevanti da prendere su un immobile pubblico, un quartiere o un territorio. Da questo punto di vista, i tavoli non rischiano di essere del tutto utopistici, se non addirittura una prassi meramente velleitaria, rivelandosi più utili alla retorica politica che alimenta la propria narrazione di presunto impegno progressista, e meno alla reale accoglienza e attuazione delle istanze sollevate dalla cittadinanza? 

Dalle proteste al Demolition Party

Opporsi ostinatamente al cambiamento può comportare stagnazione e rivelarsi controproducente, essendo esso parte dell’inevitabile scorrere del tempo e risposta a nuovi bisogni. «Obbligata a restare immobile e uguale a sé stessa — scriveva Calvino riguardo a un’altra delle sue “città invisibili” —  Zora languì, si disfece, scomparve». 

«Essere affezionati a una struttura – afferma Locascio – lo comprendiamo e anche per noi è stato un colpo al cuore vedere crollare il Mercato. Avere però la possibilità di offrire uno spazio sicuro e adeguato è altrettanto importante. Le scelte di tipo urbanistico non sono mai semplici, hanno bisogno di una visione ampia che tiene conto dei bisogni della cittadinanza, ma inevitabilmente anche delle questioni paesaggistiche, ambientali e, ad oggi, anche di efficientamento energetico».

Tuttavia, accogliere i processi trasformativi con sano scetticismo, si dimostra altresì necessario: è un atto di presa di coscienza rispetto al cambiamento stesso e alle sue implicazioni; è una precauzionale forma di resistenza critica alle eventuali derive che, imboccate certe strade, potrebbero verificarsi. 

«Quando ci è stato comunicato della demolizione racconta Ussardiabbiamo subito manifestato i nostri dubbi e abbiamo sempre ricevuto ascolto, non c’è stata mai chiusura da parte dell’amministrazione. Tuttavia, era chiaro che le decisioni erano state prese e non c’era più la possibilità di valutare la questione. Abbiamo dunque ritenuto giusto manifestare il nostro disappunto, anche per accogliere i sentimenti della comunità che ci seguiva, ma il nostro obiettivo non è mai stato quello di entrare in conflitto con l’istituzione, quanto cercare di aprire un dialogo costruttivo e di reciproco ascolto. Da qui la mega scritta “NO WAR” sul tetto del Mercato, un atto per noi molto importante di protesta pacifica e di risposta al delicato clima mondiale che, oggi, è peggiorato ancora».

Dell’enorme e simbolica scritta sul tetto e del murales con cui era stata decorata la facciata dell’edificio, nulla è stato conservato, se non nella memoria collettiva di coloro che hanno attraversato, e salutato, Mercato Sonato. «Abbiamo organizzato un Demolition Party» prosegue Ussardi «È stato un momento fortemente emotivo, struggente, ma anche bello: eravamo davvero tantissimi. A giugno 2024 abbiamo dovuto lasciare la struttura e, poco dopo, sono iniziati i lavori: vedere il Mercato grattato via da una ruspa ci ha fatto un gran male. A settembre c’è stata un’accelerata nella costruzione del nuovo edificio e da questo punto di vista ci sembra un segnale molto positivo».

Dislocazioni

Orchestra Senzaspine, in un primo momento, si è trovata a manifestare anche per richiedere un ricollocamento della propria attività, che nell’arco di dieci anni si era consolidata «in un vero e proprio ecosistema», spiega Locascio, costituito anche dalle altre realtà che abitavano il Mercato. «Definire Orchestra Senzaspine un’attività culturale o una semplice associazione è troppo riduttivocontinua la Presidente del quartiere San Donatoe non è stato affatto semplice trovare un posto adatto, per questo ci è voluto del tempo».

Attualmente Senzaspine e le altre associazioni di Mercato Sonato si trovano a Villa Pini, una struttura comunale immersa nel Parco Tanari Scandellara. «Nonostante sia lontano dal centro commenta Ussardi –  lo spazio ha un bel potenziale e stiamo cercano di capire come svilupparlo, anche aprendoci a nuove collaborazioni. È un’occasione per avvicinare un altro target e relazionarci con la comunità e il quartiere in cui ci troviamo». L’attività dell’Orchestra e la Scuola sono invece accolte nella Sala Centofiori in Corticella: «La forza di Senzaspine – prosegue Ussardi – sta proprio nello scoprirsi ogni volta in base ai contesti e alle persone che incontra. Chiaro che toglierci da Mercato Sonato e ritrovarci in due punti distinti e distanti della città può essere una criticità, e da un certo punto di vista è innegabile che sia così. D’altra parte, sarà occasione per aprirci a nuove possibilità».

Ogni decisione comporta dei rischi, qualcosa si perde, qualcos’altro si acquisisce o si (ri)genera. La città e i suoi spazi sono per natura in una perenne metamorfosi, che comporta una continua revisione e rinegoziazione dell’identità e dell’immagine dei luoghi e dei soggetti che li abitano. «Spostare Senzaspineammette Locascioè stato doloroso. Siamo consapevoli che la connotazione popolare di certe realtà richiede una continuità di permanenza nei luoghi. Con Orchestra Senzaspine e le altre realtà del Mercato c’è sempre stata massima e reciproca fiducia e come amministrazione riconosciamo le loro grandi competenze e gli ottimi risultati raggiunti. Penso per esempio al Festival Sun Donato, ormai diventato una tradizione del quartiere e che si conferma anche per il 2025, dopo che negli anni con Orchestra Senzaspine abbiamo affinato e rafforzato il modo di lavorare insieme».

[fine prima parte] 

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