Intrighi d’amore anni ’80

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Shakespeare detto tra questi mattoni in rilievo e queste tende e drappi rossi sembra essere tornato al suo luogo deputato, al suo habitat naturale, un passo indietro dentro la storia, un affaccio su un piccolo mondo antico e arcaico carico della sana polvere del palcoscenico. Il Teatro Instabile ha nel suo DNA quella magia di traslitterare l’oggi a ieri e far rivivere sensazioni e atmosfere retrò con impalpabile volatile charme senza tempo. Si respira teatro in questo affascinante luogo, si scendono le scale e ci troviamo immersi in questi ammalianti e coinvolgenti archi a botte dove la platea non è soltanto pubblico ma è dentro, parte fondante della scena, degli eventi che si succedono, dello svolgere delle vicende perché è lì che avvengono senza una netta separazione, divisione e distanza tra il palco e le sedute. E’ proprio la mancanza di quel gap tra attori ed ospiti che le azioni al TIN sembrano più sentite, più vere, viscerali, più sincere, paradosso e ossimoro dentro lo spazio per eccellenza della finzione ma mai della falsità.

Altra caratteristica del TIN è quella che il suo direttore artistico, Gianni Sallustro, mette sempre alla prova i ragazzi che escono dalla sua Accademia ponendoli dentro il meccanismo della macchina teatrale, quel fare teatro, in maniera schietta e artigianale che per loro è e sarà una grande scuola di formazione continua, quel respirare il palcoscenico, con ruoli più grandi o più piccoli, ma sempre immersi nel testo, nel gesto, nei costumi, nell’atmosfera della creazione, nell’alchimia che dal copione si trasforma in azione. Opera corale questa produzione scelta da Sallustro (qui nelle vesti di Malvolio, voce sempre accattivante e calda, ago della bilancia della pièce, dona lievità ma anche inquietudine soprattutto nel grido finale: Avrò vendetta su tutti voi) e dal Teatro Instabile, La dodicesima notte shakespeariana (prod. Talentum Production), dove i tredici attori in scena usano tutto lo spazio, dal basso alle due entrate laterali, gli antri dietro le tende rosse, le terrazze al piano superiore per un dinamico sguardo che si poggia e volge, che si muove nella frenesia degli intrighi, delle strategie, degli inganni e fraintendimenti dei quali il teatro del Bardo è cosparso e imbevuto.

La regia e l’adattamento di Gianmarco Cesario (curioso come il cognome dell’artista faccia il paio con uno dei personaggi principali della commedia), mantenendo fedele la drammaturgia, spingono sui costumi, sull’ambientazione con l’aggiunta della forte connotazione musicale.

Si gioca tutto sull’ambiguità, sul desiderio, sull’identità, sul travestitismo, sul change gender ante litteram: e così ragazze diventano ragazzi e gli amori si confondono, si nascondono, si sbalestrano. Il regista ha spostato l’impianto seicentesco dentro gli anni ’80 del Novecento soprattutto rifacendosi al lato musicale pop che stravolse i canoni sociali, culturali, sessuali; ecco qualche rimando visibile e riconoscibile a Prince così come a Madonna ma è la musica il viaggio più corposo e gaudente dentro quegli anni: immancabili Cindy Lauper e i Queen, gli Scorpions e Alan Parsons così come gli Wham, i Culture Club e Frankie goes to Hollywood, un salto nostalgico. Un teatro fatto solo del corpo attoriale, senza oggetti, senza scene, che non perde mai la sua efficacia prensile intercettando il vissuto e l’attenzione dello spettatore non solo grazie alla scelta attualizzante del tappeto sonoro e dei dettagli di moda ma soprattutto attraverso continui rimandi a codici narrativi propri dell’immaginario condiviso, che potenziano in chiave contemporanea quanto di intrattenimento pop, nel senso più alto e sovratemporale del termine, è offerto dal testo stesso. E mentre il complesso intreccio della fabula shakespeariana galoppa a ritmo serrato procedendo per accumuli, digressioni e parentesi potenzialmente centrifughe, Cesario ne imbriglia con redini sapienti il potenziale entropico e rende ogni sequenza intellegibile e chiara grazie al ben calibrato e coordinato moto perpetuo degli attori che come tessere variopinte di un caleidoscopio ad orologeria pulsano tra entrate e uscite, luce e buio, alto e basso, scenografiche apparizioni al balcone degne delle dame affrescate da Veronese nella palladiana Villa di Maser, eternamente affacciate ad una balaustra dipinta per guardare più da vicino la realtà. Sofisticata, attuale, didascalicamente barocca è poi la scelta di scandire le diverse fasi del racconto attraverso l’epifania intermittente di alcuni led ad illuminazione policroma che accendono in elegante corsiva rinascimentale la superficie dei mattoni, rendendo univoca l’identificazione degli spazi teatrali con i luoghi nei quali è immaginata l’azione.

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La dodicesima notte se vista in maniera superficiale può sembrare frivola ma nasconde un’anima raffinata, un ragionamento sull’appartenenza: i personaggi sono ciò che non sembrano e desiderano ciò che non possono avere. Arriva quindi in soccorso il travestimento simbolo della fluida instabilità dell’amore. Tra gli attori da sottolineare le prove, oltre quella del Maestro Sallustro, anche dei giovani Tommaso Sepe con il papillon rosso e di Gennaro Zannelli con lo stereo a tracolla. Il brillante si mischia all’amarezza, l’ironia alla malinconia. La dodicesima è una notte speciale non perché sia fatta di un materiale più raro o diverso da quello che ordinariamente sostanzia la vita, ma perché in essa, nell’arte dunque, la mutevolezza degli stati e dei moti dell’animo, i ribaltamenti di fronte, le inclinazioni scivolose, le pulsioni, le intemperanze, tutto precipita ad una velocità incredibilmente superiore alla media. Il fenomeno si innesca sotto la spinta del catalizzatore più forte e più instabile che possa esistere: il desiderio. È letteralmente la mancanza che muove tutte le nostre azioni, che abita i nostri giorni e le nostre notti governando, in senso etimologico, la presenza dell’uomo nel cosmo: mancanza di stelle, di pienezza, di appagamento, di piacere. Ma, laddove il cosmo permane ordinatamente mutevole, il nostro microcosmo interiore è disordinatamente caotico e contraddittorio, lacerante e lacerato. La frustrazione del desiderio così come il suo appagamento sono infatti causa altrettanto certa di infelicità, come scriveva Proust: Tutte le decisioni più importanti della nostra vita sono prese in uno stato d’animo che non è destinato a durare.

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Sono laureato in Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze, sono iscritto all'Ordine dei Giornalisti dal 2004 e critico teatrale. Ho scritto, tra gli altri, per i giornali cartacei Il Corriere di Firenze, per il Portale Giovani del Comune di Firenze, per la rivista della Biennale Teatro di Venezia, 2011, 2012, per “Il Fatto Quotidiano” e sul ilfattoquotidiano, per i mensili “Ambasciata Teatrale”, “Lungarno”, per il sito “Words in Freedom”; per “Florence is You”, per la rivista trimestrale “Hystrio”. Parallelamente per i siti internet: succoacido.it, scanner.it, corrierenazionale.it, rumorscena.com, Erodoto 108, recensito.net. Sono nella giuria del Premio Ubu, giurato del Premio Hystrio, membro dell'A.N.C.T., membro di Rete Critica, membro dell'Associazione Teatro Europeo, oltre che giurato per svariati premi e concorsi teatrali italiani e internazionali. Ho pubblicato, con la casa editrice Titivillus, il volume “Mare, Marmo, Memoria” sull'attrice Elisabetta Salvatori. Ho vinto i seguenti premi di critica teatrale: il “Gran Premio Internazionale di critica teatrale Carlos Porto '17”, Festival de Almada, Lisbona, il Premio “Istrice d'Argento '18”, Dramma Popolare San Miniato, il “Premio Città di Montalcino per la Critica d'Arte '19”, il Premio “Chilometri Critici '20”, Teatro delle Sfide di Bientina, il “Premio Carlo Terron '20”, all'interno del “Premio Sipario”, “Festival fare Critica”, Lamezia Terme, il “Premio Scena Critica '20” a cura del sito www.scenacritica.it, il “Premio giornalistico internazionale Campania Terra Felix '20”, sezione “Premio Web Stampa Specializzata”, di Pozzuoli, il Premio Speciale della Giuria al “Premio Casentino '21” sezione “Teatro/Cinema/Critica Cinematografica e Teatrale”, di Poppi, il “Premio Carlos Porto 2020 – Imprensa especializada” a Lisbona. Nel corso di questi anni sono stato invitato in prestigiosi festival internazionali come “Open Look”, San Pietroburgo; “Festival de Almada”, Lisbona; Festival “GIFT”, Tbilisi, Georgia; “Fiams”, Saguenay, Quebec, Canada; “Summerworks”, Toronto, Canada; Teatro Qendra, Pristhina, Kosovo; “International Meetings in Cluj”, Romania; “Mladi Levi”, Lubiana, Slovenia; “Fit Festival”, Lugano, Svizzera; “Mot Festival”, Skopje, Macedonia; “Pierrot Festival”, Stara Zagora, Bulgaria; “Fujairah International Arts festival”, Emirati Arabi Uniti, “Festival Black & White”, Imatra, Finlandia.

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