L’Emilia Romagna Festival compie 25 anni. Celebra il suo anniversario con un’edizione speciale che, dal 3 luglio al 10 settembre 2025, propone sul territorio diffuso dell’Emilia-Romagna 60 concerti live, oltre 600 artisti da tutto il mondo tra grandi ritorni e nuove scoperte, sempre nel dialogo tra tradizione e innovazione e con l’attenzione rivolta alla molteplicità dei linguaggi musicali.
Traguardo importante, quello dei 25 anni, che dimostra una sapiente gestione e capacità di adattamento ai tempi e ai gusti del suo direttore Massimo Mercelli.
“Come tutte le cose nascono da una visione, una visione di fare qualcosa di diverso. Spiega Mercelli – 25 anni fa volevamo fare qualcosa che non fosse campanilistico ma qualcosa che fosse abbinato ai luoghi del territorio. Volevamo che la musica non fosse parcheggiata in una sala, ma finisse in luoghi alternativi. Questa cosa allora non era così scontata. A seguire il festival diventò itinerante, il pubblico itinerante e si è sviluppato in una direzione anche superiore alle aspettative di allora. Oggi i numeri lo dicono, 60 concerti e 600 artisti sono veramente qualcosa di eclatante”.
Come è cambiato il pubblico in 25 anni?
“Il vecchio pubblico è invecchiato e i programmi che si facevano all’inizio che erano quasi tutti al 100% impostati sulla classica si sono abbastanza ribaltati lentamente, in modo da arrivare a una gestione del multidisciplinare che ha in sé un certo equilibrio. In estate chiaramente abbiamo più crossover etnico, discipline alternative rispetto all’inverno, dove conserviamo un’importantissima parte classica. Tutto questo è determinato dalla evoluzione del pubblico che chiaramente in alcuni territori, come a Imola, è più abituato a delle cose raffinate, importanti e profonde, mentre in altri posti è meno educato, perché non ha un’attività che parte oltre i 60 anni fa grazie al glorioso ‘Circo della musica’”.
Lei è un affermato musicista. Non sempre i festival sono curati da musicisti, quale è il valore aggiunto?
“Penso che il fatto che sia un musicista a dirigere un festival vuole dire che c’è una persona che è da entrambe le parti della barricata, sia come artista che come direttore artistico, ragione per cui darei per assodato che conosca le problematiche reciproche. Questa cosa, qualche volta, dà anche dei conflitti interni. Abbiamo le due anime che litigano fra di loro, però, come vedete, sono ancora uscito sano e salvo da questi litigi e nessuno dei due ha preso il sopravvento. Il valore aggiunto è questo. Tante volte quando i festival sono diretti da musicologi cosa succede? La differenza è che un musicista vive la musica in prima persona, interiormente, il musicologo la guarda, l’ascolta, a volte la subisce. A volte è un ex strumentista che è diventato musicologo. Ci possono essere tantissime sfaccettature in questo universo che è quello della cultura che possono portare anche degli atteggiamenti molto personali. Io rimango fermo nel concetto che la musica la dovrebbero gestire e soprattutto difendere i musicisti. Purtroppo tante volte trovo, specialmente nella giovane generazione, musicisti che vivono dentro una palla di cristallo, che sono alienati da quello che succede fuori. Hanno il loro piccolo mondo strumentale che ben poco può fare per la società, ben poco può cambiare questo mondo e quel poco che potrebbe fare, magari rimane confinato a una dimensione narcisista. Questo fatto sta succedendo sempre più, non so se sia un’autodifesa o un non volere vedere dove sta andando la nostra società, sempre di più fatta di solitudine digitale”.
Momento clou del cartellone sarà l’inaugurazione, il 3 luglio al Teatro Stignani di Imola, affidata alla prima mondiale del Premio Oscar Rachel Portman – prima donna ad aver vinto un Premio Oscar alla migliore colonna sonora nel 1997 per la colonna sonora del film “Emma” che esegue una nuova composizione commissionata in esclusiva dal Festival.
3-10 settembre 2020, qui trovate tutto il cartellone.