Danza, performance, musica, filosofia: torna a Faenza WAM! Festival, dal 2 al 6 luglio (e il 20 luglio), con un’edizione intitolata Ogni caso, ispirata all’omonima poesia di Wislawa Szymborska.
Dopo anni segnati da emergenze e incertezze, il festival riflette sul ruolo dell’arte come spazio di cura, espressione e resistenza. WAM! 2025 è un invito ad abbracciare il caso e la trasformazione, affidandosi al corpo, alla creazione condivisa e alla bellezza dell’imprevisto.
Come e quando nasce Wam! ?
«Wam! nasce nel 2011 – racconta la direttrice artistica Valentina Caggio – da una grande passione per il teatro e la danza e per la città di Faenza. La vocazione del festival è sempre stata quella di promuovere la cultura della danza fuori da ogni stereotipo, portando in città importanti artisti della scena contemporanea. Wam! è una rassegna della città per la città, che coinvolge tante realtà del territorio, quest’anno andremo anche nei centri storici di Castel Bolognese e Brisighella. È un discorso sul contemporaneo, su ciò che attiene al nostro vivere presente, è un Festival dedicato alle arti performative contemporanee, in particolare alla danza come strumento per attivare riflessioni sul nostro tempo, con un focus specifico sull’inclusione e la partecipazione attiva dei cittadini.
La dodicesima edizione è un giubileo anche per Wam!. Lo scherzo non vuol essere blasfemo, ma farci riflettere: giubileo, giubilo, una manifestazione di gioia, un’esultanza di Anima e un incontro di anime. Invece che pellegrinaggi a Roma, saremo pellegrini nei luoghi delle città e della collina, verso la torre di Oriolo, nelle piazze, nei palazzi, nei musei, sui calanchi. Pellegrini durante la passeggiata filosofica, che esplorerà la città e i possibili e non possibili accadimenti, che potrebbero succedere durante il percorso».
Come si è sviluppato il progetto in questi anni?
«Ad ogni edizione il festival si rinnova e ha un’anima un po’ diversa, influenzato anche da emergenze sanitarie, quelle legate alle varie alluvioni, insieme ad elementi che ci accompagnano, come l’idea dell’arte per tutti, l’arte come trasformazione, l’arte come dispositivo pedagogico, l’arte come dispositivo politico e sociale, oltre chiaramente alla sua valenza culturale e artistica.
Mentre rispondo a queste domande, sbircio la pagina culturale de “La Stampa” che parla di un intevento di Patrick McGrath a Pavia questa sera che ci ricorda che di certo… c’è solo l’incerto, il punto da cui siamo partiti per pensare il festival di quest’anno».
L’ispirazione dell’edizione di quest’anno è una poesia di Wislawa Szymborska. Come è arrivata questa lettura e quali suggestioni hanno generato questi versi in relazione al festival?
«L’edizione 2025 di Ogni caso esplora il tema della casualità, del destino e della resilienza umana. L’ispirazione di quest’anno è stato l’ennesimo allarme alluvione autunnale, momento in cui stavamo per scegliere il tema che avrebbe attraversato il festival quest’anno. Ci è poi venuta in mente la poesia della grande poetessa, Ogni caso, e abbiamo riflettuto sul nostro ruolo di operatori culturali durante e dopo o prima dell’ennesima alluvione, l’ennesima emergenza, le continue guerre. Il caso, la fortuna, chi la controlla, si controlla? Come gestiamo il presente e il futuro, fino a che punto noi esseri umani modifichiamo il corso degli eventi e come? Come progettare un futuro, in cui le uniche certezze sono gli sconvolgimenti? La fortuna è una dea bendata, che sensi dobbiamo coltivare per stare in questo presente? La costante è diventata l’incertezza, decidiamo quindi di fidarci ed affidarci al caso, di restare coraggiosi ed essere pronti. In uno stato di perenne resilienza, davanti al caos, la nostra casa è il nostro corpo e la cura dei corpi degli altri, le nostre emozioni e l’attenzione rivolta all’Altro.
Cosa ci porta la sorte? La risposta è cosa facciamo, come rispondiamo davanti a quanto ci succede. Pensiamo a quella meraviglia che è Essere e raccontare con le parole, il corpo, ogni possibile vita, ogni possibile esperienza. In una ruota della fortuna in costante movimento, l’arte è salvifica: ci fa immaginare mondi, ci fa provare emozioni, ci fa interrogare, ci fa essere profondamente umani»

Entrando nel vivo del programma, quali linguaggi incontreremo e in quali forme?
«Mostre fotografiche, musica, speed date, performance, danza, passeggiate, laboratori aperti a tutti. Ci saranno concerti tra cui quello di Messalina Fratnic e Filippo Berardi, che ci porteranno anche brani della tradizione della musica “medicina” — infatti durante la performance ci saranno anche canti ancestrali e strumenti rituali. È altresì un modo per ricordare il nostro amico musicista Bubi Staffa scomparso di recente.
Quest’anno ci saranno due momenti esplicitamente filosofici per la loro natura dialettica, uno speed date e una passeggiata. Filò/Il filo del pensiero propone un invito al dialogo e alla riflessione condivisa attraverso domande generali e personali allo stesso tempo tra le persone presenti. In un’epoca dominata dalla velocità che porta superficialità nell’approfondimento ci scopriamo bisognosi di deep talk, di discorsi e incontri autentici, di conversazioni audaci. Lo speed date di Filò, il filo del pensiero risponde a questo tipo di bisogno esistenziale e sociale in una cornice rilassata e divertente, l’obiettivo principale della proposta è quello di offrire spazi di dialogo, per ricreare un senso di comunità e di collettività.
Gian Maria Beccari ci accompagnerà in una passeggiata filosofica, una performance urbana itinerante, con i sensi aperti, dove si incontreranno parkour, danza e Taijiquan oppure no… il caso deciderà. La passeggiata sarà un rito laico, giocoso persino, per tentare di aprirci ancora e ancora alla percezione del presente. La precarietà e la fragilità paiono le condizioni esistenziali del nostro tempo. L’incertezza controlla il fluire degli eventi? Proveremo a esplorare la relazione tra vulnerabilità e azione, anche attraverso la partecipazione alla performance di Eva Luna Betelli».
E poi il vostro centro, la danza…
«Esatto, poi c’è anta danza sia di giovani che di coreografi affermati. La compagnia pugliese AlphaZTL presenterà due lavori, con tematiche sempre attuali, le relazioni e l’amore adolescenziale: debolezze e mancanze dell’altro per colmare le proprie, per sentirsi pieni, appagati, l’incomprensione, la non comunicabilità (allora forse è l’amore che ci porta e riporta nell’adolescenza? …), amore tossico e dipendenze. Sarà poi la volta di Riccardo De Simone, che propone Angry Butterfly, un personaggio pop emblematico, ossessionato dalla ricerca di approvazione, la cui l’identità è manipolata e trasformata per adattarsi alle aspettative mediatiche, nel tentativo direcuperare la propria immagine. Ce la farà?
Abbiamo deciso di dare spazio a Get The Floor, la formazione professionale per giovani danzatori diretta da Jennifer Lavinia Rosati e Lorenzo Di Rocco, con coreografie di Elisa Pagani, Rosati e Di Rocco. Viaggi coreografici che esploreranno la fragilità delle strutture e dei legami, la loro costante tensione alla trasformazione in condizioni di instabilità data da ambienti naturali. Elisa Pagani sarà anche regista di Mare Urbano, una performance fatta da 50 persone, con l’intento di scoprire la ricchezza che si cela nella diversità e nella condivisione, riversando un mare di corpi in città. L’artista condurrà poi un laboratorio per il pubblico, aperto a tutti.
Negli splendidi ambienti di Palazzo Milzett vedremo INESORABILMENTEUNAVIA di YOY Performing Arts. È una performance che esplora la meraviglia e la forza della natura, accompagnata dalla video-installazione “Il Bisonte” di Bizhan Bassiri creata nel 1998 e accompagnata dalla composizione di un ambiente sonoro di Stefano Taglietti. La performance indaga il rapporto tra il caso e la necessità, tra ciò che appare casuale e ciò che segue un ciclo eterno di trasformazione e rigenerazione. Attraverso un loop ipnotico di movimenti, simboli e prospettive che si alternano e dialogano, lo spettacolo invita a riflettere sull’interdipendenza degli eventi e sull’energia invisibile che collega ogni cosa. Un viaggio poetico e visivo che celebra l’equilibrio precario e sublime del mondo, dove ogni gesto, ogni forma e ogni vuoto trovano il loro spazio. Un richiamo a scoprire nuovi significati e connessioni, dove il caso non è mai privo di senso e ogni via conduce a una trasformazione. INESORABILMENTEUNAVIA è una sorta di esortazione alla ricerca di nuovi equilibri.
Chiude il festival Nicola Galli con Rafael Candela all’alba del 20 luglio, sui calanchi tra Faenza e Brisighella, tra vedute lontane e vicine, prossimità corporea e distanza panoramica, COSMORAMA immerge il pubblico in un’esperienza di danza in natura, rovesciando la gerarchia dello sguardo e accompagnando in un’ascensione collettiva per riscoprire il vivere, l’osservare, il costruire e il danzare insieme il paesaggio»

Numerose sono inoltre le attività collaterali: come si intrecciano con il calendario e quali sono le proposte?
«Ogni evento per noi ha la stessa importanza, ci sono percorsi trasversali attraverso la programmazione. Tutti sono stati scelti e/o creati ad hoc per il tema del festival. Ali / r / i / a ad esempio è una mostra fotografica a cura di Gruppo Fotografia Aula 21, che avrà la sua apertura il mercoledì’ 2 luglio alle ore 1530 nella Sala delle Bandiere del Comune. La mostra dovrà essere fruita seguendo le indicazioni di un dado; l’intero percorso infatti sarà diverso per ogni spettatore, all’inizio al visitatore verrà lasciato un dado le cui facciate rappresentano ognuna una foto in mostra, lo spettatore solo lanciando il dado scoprirà da quale foto partire e dunque il suo percorso di mostra. Le foto, i cui soggetti sono danzatori, sono ambientate in luoghi che ci ricordano il continuo movimento di ogni cosa, un ambiente urbano o naturale che è in continua mutazione».
Chi è il vostro pubblico e che tipo di impatto avete o vorreste avere sul tessuto culturale di Faenza?
«Il nostro pubblico è chiunque voglia partecipare a una performance, ascoltare voci e musica, vedere uno spettacolo di danza, chiunque sia interessato al dialogo tra le arti. Ci interessa molto creare reti e la partecipazione attiva della cittadinanza: quest’anno abbiamo attivato una collaborazione con decine di cittadini della regione, che hanno visionato e scelto gli spettacoli tra una rosa di possibilità date da noi. Alcuni artisti saranno ospitati a casa di abitanti del territorio, sarà un’occasione per conoscere da vicino gli artisti e mostrare la proverbiale accoglienza romagnola».
Quali sono le prospettive future di WAM? A che orizzonte ideale mirate?
«Le prospettive future sono un format diverso, che sperimenteremo già quest’anno nei mesi di settembre e ottobre, sotto l’egida di Palazzo Milzetti. L’orizzonte di senso è sempre quello che ci accompagna dalla prima edizione: realizzare un festival in città, grazie al quale dare voce a giovani formazioni e far conoscere a Faenza artisti affermati della scena italiana e internazionale».