Questo Nel nome una storia (di adozioni felici, segreti e speranze), spettacolo ideato da Carla Peirolero dal libro Ti racconto com’ero di Emilia Marasco, con la drammaturgia di Irene Lamponi e la regia di Marcela Serli, va vissuto come un commovente dialogo sulla Umanità e sull’umanità nuda che attraverso il corpo della donna, sia fisico che mentale o spirituale, si fa ‘trasparente’ quando diventa culla generando la vita.
Talora questo corpo è stato ed è costretto ad abbandonare la vita che ha generato ma talora un altro corpo, sentimentale, se ne fa carico adottando un altrove, spesso dimenticandolo o facendolo dimenticare ma, forse più spesso, salvaguardandolo nella memoria dell’esserci.
Il nome è il filo che lega e annoda questi due corpi, a volte compresenti in una medesima madre, in cui all’atto di generare deve seguire l’atto di accettare ed amare altrimenti dolorosamente separato, li annoda nella presenza di un figlio o di una figlia che lo chiede e a cui lo si deve.
Così il racconto scenico delle due vestali in nero, le brave Carla Peirolero e Irene Lamponi metaforicamente ostetriche e custodi, comincia riallacciando nel qui e ora della scena la storia dell’Istituzione ‘Orfanatrofio’ e delle leggi, profondamente patriarcali (il maschio qui è lontano, nascosto dietro le sue regole e quasi ininfluente) fin ad escludere il femminile quale unico vero protagonista, che nei secoli l’hanno ‘regolata’ in Italia fino alla definitiva, e benvenuta, sua abolizione.
Dentro le alte e rigide pareti, più fisiche di ogni muro, di questa istituzione/contenitore chiamata “Orfanatrofio” si muovono le storie di due vite che lì hanno vissuto, storie sdoppiate tra figlie e madri, tra presente e memoria, danzando si direbbe sulla sottile superficie del sentimento e dell’amore che, come quella del mare, nasconde e mostra le profondità delle relazioni e dello spirito che le anima.
Man mano la narrazione si fa, dunque, più ampia metafora della Famiglia e della Società stessa, sguardo sulle lotte soprattutto femminili che a partire da quella condizione concreta ha spinto ai grandi mutamenti della seconda metà del ‘900, segnati da profonde riforme, non solo legislative ma soprattutto culturali, quali quella del “Diritto di Famiglia” che con l’eguaglianza finalmente dichiarata tra i coniugi ha portato anche l’equiparazione tra figli legittimi e cosiddetti illegittimi, abolendo la ferita sociale di “figlio/figlia di N.N.”.
Un giusto richiamo su conquiste di tutti che l’oggi sembra voler, insieme ad altre, mettere purtroppo ancora una volta in discussione.
Lo spettacolo (nonostante che quel mondo di cui parla talvolta abbia prodotto disperazione e ‘mostri’) è capace di farlo, fors’anche perché interamente realizzato da sole donne, con una intensità, con una delicatezza, una dolcezza inaspettata, ma soprattutto con una affettività che si fa empatia fino a sgorgare nelle lacrime calde delle due protagoniste, di volta in volta madre o figlia, Saba che viene da lontano o Maria che ci è così prossima, al termine dello spettacolo.
Certamente lacrime non solo frutto della commozione e della recitativa immedesimazione, ma anche della consapevolezza, anche ‘faticosa’ che erano di fronte a temi molto forti e molto sentiti da un pubblico che ha voluto e saputo farsene pienamente partecipe.
Una bella prova che lo spazio scenico della Chiesa di San Pietro in Banchi, custodisce ed enfatizza in un legame che da esistenziale si fa quasi universale.
Lo spettacolo ha chiuso una edizione che ancora una volta, come nell’idea e negli auspici della Direttrice Artistica, ha saputo portare alla luce temi sociali e storici di grande impatto e condivisione. Molto pubblico, quanto poteva contenerne la chiesa, e lunghi applausi.
Visto nell’ambito del ventisettesimo “SUQ Festival” di Genova, diretto dalla stessa Peirolero, sabato 21 giugno e domenica 22 giugno.
NEL NOME UNA STORIA di adozioni felici, segreti, speranze. Prima nazionale, ispirato al libro Ti racconto com’ero (Il Canneto) di Emilia Marasco, un’idea di Carla Peirolero, cura drammaturgica Irene Lamponi, con Irene Lamponi, Carla Peirolero, regia a cura di Marcela Serli, assistente alla regia Sara Cianfriglia, scenografia Arianna Sortino. Produzione Suq Genova Festival e Teatro. In collaborazione con Centro Banchi.