Gardi Hutter e il circo di una Giovanna d’Arco da condominio

Una maschera/persona e tanti oggetti sono i protagonisti di questa drammaturgia tra il circense e il Teatro di Figura della svizzera Gardi Hutter, che in lungo e in largo ha nel corso della sua lunga carriera attraversato il ‘genere’, riproposta alla Biennale Teatro 2025 di Venezia in due repliche per la co-ideazione e la regia di Ferruccio Cainero.

Una donna, una icastica, ironica e improbabile casalinga lavandaia, ed suoi oggetti topici sulla scena della vita, che, immaginati-immaginari e per questo più reali della realtà, traggono vita e anima l’una dagli altri e gli altri dall’una, tanto che alla fine non si sa chi sia il più vivo o la più viva, dove cioè sia l’autentica sorgente della loro esistenziale sincerità.

Un clown in fondo è la maschera di una maschera e questa doppia sovrapposizione/opposizione alla fine si annulla trasformandolo in vera e propria persona.

Un po’ Fantasy, e un po’ distopica fantascienza alla Philip K. Dick di Effetto Rushmore, celebra in fondo un daimon, quella parte diabolica e insieme angelica che irrudicibilmente ci abita e, con effetto tragicomico, si rifiuta di farsi normalizzare, si sottrae con infiniti sotterfugi e qualche rivolta violenta al farsi ingabbiare negli schemi e nelle convenzioni, in questo caso una di quelle più tipiche del ‘femminile’ (la massaia), manifestandosi come può e interrompendo, come con un tic o una smorfia o una improvvisa giravolta, la sequenza delle imposizioni che ne discendono.

Quello della Hutter è una sorta di evasione involontaria, di fioritura spontanea di un personaggio che nato all’interno di una produzione del “Centro di ricerca per il Teatro” di Milano ha conquistato una sua vita autonoma manifestandosi nelle forme della nostra imperfezione e riscattandole con il respiro della libertà.

È una sorta di festa delle rotondità questo personaggio, questa Giovanna d’Arco da condominio, ma attraverso di essa possono così emergere con spontaneità i simboli stessi del teatro circense, a partire dal filo del funambolo di Genet.

È questo, peraltro, anche un limite dello spettacolo che ripropone un linguaggio già di ricerca ma che ha un po’ perso la sua spinta propulsiva.

Appariva emozionata la protagonista.

Giovanna d’ArpPo. Di Gardi Hutter, Ferruccio Cainero. Regia Ferruccio Cainero. Produzione esecutiva PEM Habitat Teatrali

Visto alla Biennale teatro di Venezia, Teatro Piccolo Arsenale, il 5 e 6 giugno.

 

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Ho conseguito la Laurea in Estetica al DAMS dell'Università di Bologna, con una tesi sul teatro di Edoardo Sanguineti, dando così concretezza e compimento alla mia passione per il teatro. A partire da quel traguardo ho cominciato ad esercitare la critica teatrale e da molti anni sono redattrice e vice-direttrice di Dramma.it, che insieme ad altri pubblica le mie recensioni. Come studiosa di storia del teatro ho insegnato per vari anni accademici all'Università di Torino, quale professore a contratto. Ho scritto volumi su drammaturghi del 900 e contemporanei, nonché numerosi saggi per riviste universitarie inerenti la storia della drammaturgia e ho partecipato e partecipo a conferenze e convegni. Insieme a Fausto Paravidino sono consulente per la cultura teatrale del Comune di Rocca Grimalda e sono stata chiamata a far parte della giuria del Premio Ipazia alla Nuova Drammaturgia nell'ambito del Festival Internazionale dell'eccellenza al femminile.

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