Lo spettacolo nasce dall’incontro tra un attore, un fumettista e un musicista, legati per storia familiare al petrolchimico ravennate dell’ANIC e al suo riverbero sociale e immaginifico. Attorno a quel luogo si dipana il racconto di un uomo, seduto in una stanza, davanti a una finestra. Egli trascorre le sue giornate estive registrando quel che accade, quel che ricorda e ciò che immagina. Descrive una periferia di piccole palazzine, i vicini di una vita, strani camion che arrivano e ripartono, la fabbrica oramai vuota. Straparla di mescalina e di viaggi: quelli di una generazione segnata dall’eroina. Il delirio – affiancato da un musicista che segna il ritmo profondo delle parole – vagheggia poi di “madri”, progenitrici di una goccia di sangue nomade: le poetesse zingare Bronislawa Wajs e Mariella Mehr.