Un artista chiamato Banksy

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Originario di Bristol, nato intorno al 1974, inquadrato nei confini generici della street art, Banksy rappresenta il più grande artista globale del nuovo millennio, esemplare caso di popolarità per un autore vivente dai tempi di Andy Warhol. A parlare, al posto dell’artista inglese che nessuno ha mai visto e di cui nessuno conosce il volto, sono le sue opere. Opere di inaudita potenza etica, evocativa e tematica.

Inaugurata sabato 30 maggio, la mostra Un artista chiamato Banksy a Palazzo dei Diamanti, a cura di Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa, racconta l’arte dell’anonimo artista inglese che rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art originaria, l’unico che ha connesso le radici del pop, la cultura hip hop, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale. Quello che arriva a Palazzo dei Diamanti è un imponente evento che riunisce oltre 100 opere e oggetti originali dell’artista britannico, in un percorso espositivo che dà conto della sua intera produzione: vent’anni di attività che iniziano con i dipinti della primissima fase della sua carriera, fino agli esiti dello scorso anno con le opere provenienti da Dismaland, come la scultura Mickey Snake con Topolino inghiottito da un pitone. Ci sono poi gli stencil e, ovviamente, le serigrafie che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi. Tra queste le ormai iconiche Girl with Balloon, serigrafia su carta del 2004-05 votata nel 2017 in un sondaggio promosso da Samsung, come l’opera più amata dai britannici, e Love is in the Air, una serigrafia su carta che riproduce su fondo rosso lo stencil apparso per la prima volta nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi nell’area della West Bank, che raffigura un giovane che lancia un mazzo di fiori, messaggio potente a un passo dai lanciatori di pietre del palcoscenico più caldo del Mediterraneo.

«Banksy mette in discussione concetti come l’unicità, l’originalità, l’autorialità e soprattutto la verità dell’opera» spiegano due dei curatori, Stefano Antonelli e Gianluca Marziani «tratteggiando una nuova visione sulla relazione tra opera e mercato, istituendo, di fatto, un nuovo statuto dell’opera arte, una nuova verità dell’arte stessa, ovvero l’opera originale non commerciabile». Banksy preferisce da sempre la diffusione orizzontale di immagini rispetto alla creazione di oggetti unici. Una lezione mutuata da Andy Warhol, con il suo approccio seriale e l’uso sistematico della serigrafia.

Fondamentali nel percorso espositivo i dipinti realizzati con spray o acrilici su diversi tipi di supporto che raramente si possono incontrare nelle esposizioni dedicate all’artista inglese. Tra questi uno dei suoi primissimi lavori, Lab Rat, realizzato in spray e acrilici su compensato nel 2000, è una delle tante opere “riscoperte” di Banksy: originariamente pannello laterale di un palco allestito presso il festival di Glastonbury, venne dipinto sul posto; il pannello è rimasto poi per anni in un magazzino e alla sua riscoperta nel 2014 è stato autenticato dall’artista. In mostra anche il CCTV Britannia, spray su acciaio forato del 2009, che trasforma la lancia della figura femminile che personifica la nazione inglese in un supporto per una telecamera a circuito chiuso, messaggio non troppo nascosto contro il controllo esercitato sugli spazi pubblici, luoghi prediletti da Banksy per il suo agire.

«Banksy supera la stessa arte che finora abbiamo conosciuto. Ne riformula regole, usi e costumi, ricreando una filiera che elimina gli imbuti produttivi del modello tradizionale» spiega Gianluca Marziani «Banksy usa strumenti e materiali che tutti conosciamo, senza perdere aderenza con oggetti fisici e tangibili, con forme semplici e quasi banali, con un mondo lo-fi privo di utopie fantasy. Lo capiscono tutti in quanto usa la grammatica degli oggetti e la sintassi delle storie condivise. Si alimenta di cronaca e realtà, ribaltando storie che toccano l’umanità intera». Quello di Banksy è un immaginario semplice ma non elementare, con messaggi che esaminano i temi del capitalismo, della guerra, del controllo sociale e della libertà in senso esteso e dentro i paradossi del nostro tempo. Per la prima volta una mostra esamina le immagini di Banksy all’interno di un quadro semantico che ne veicoli origini, riferimenti, relazioni tra gli elementi e piani di pertinenza. Completano la mostra diversi poster da collezione, le banconote Banksy of England, alcune t-shirt rarissime e i progetti di copertine di vinili.

AVVISO IMPORTANTE: L’artista conosciuto come Banksy non è in alcun modo coinvolto in questa mostra. Il materiale per questa esposizione proviene interamente da collezioni private. Per quanto riguarda l’artista, il suo ufficio è stato informato.

Dal 30 maggio 2020 – 27 settembre 2020

Palazzo dei Diamanti, Ferrara, Corso Ercole I d’Este, 21. Info & Orari: palazzodiamanti.it