‘SI VIVE UNA VOLTA SOLA’ LA NUOVA COMMEDIA DI CARLO VERDONE

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Il cinema ci da appuntamento con “Si vive una volta sola” l’ultimo film di Carlo Verdone che in anteprima ci racconta, insieme al suo cast, la commedia che prossimamente animerà le sale di tutta Italia.
Si vive una volta sola, una commedia tutta italiana che in qualche modo rappresenta le sfumature, più o meno caricaturali, di molti di noi, se poi a raccoltarcela sono i protagonisti, il sapore cambia e tutto prende gusto perchè in fondo un pochino ci si riconosce.

Con noi i protagonisti, entrano nel vivo del film e raccontano il dietro le quinte e la personale esperienza.
Per Carlo Verdone è il suo ventisettesimo film, oltre 40 anni di carriera dal suo primo “Un sacco bello”. E’ un bel traguardo. Si considera un “attore molto longevo grazie al fisico forte e pieno di energie ma soprattutto perché sempre pieno di stupore verso una società che è cambiata negli usi, costumi, nel gergo, mode, vuoti pneumatici, mitomanie, megalomanie, crisi sentimentali“, dice lui.
Ha raccontato alcuni decenni alla sua maniera, partendo sempre da un dettaglio per poi risalire al personaggio. Dal 2000 in poi cambia rotta e inizia a pensare a dei soggetti ai quali adatta i personaggi, personaggi normali e non più caratterizzati come i precedenti.

SVUVS- Cast_ph. Lara Congiu

Nel film la troviamo nella triplice veste di regista, sceneggiatore e attore
«Dopo aver lavorato, negli ultimi film, in coppia con un’attrice o con un attore – ci confida – mi è venuto il desiderio di fare un film di stampo corale e di misurarmi con dei colleghi con cui non ha mai lavorato e che stimo. Tant’è – prosegue – quando iniziai a scrivere la prima parte del soggetto, già con Giovanni Veronesi e Pasquale Plastino – i coosceneggiatori – si cominciava a pensare a chi poteva impersonare la strumentista, chi il secondo aiuto del primario e chi l’anestesista e i nomi erano esattamente questi, però c’era sempre il dubbio: “potranno, saranno liberi?“. La fortuna ha voluto che lo fossero e così con gli sceneggiatori gli abbiamo cucito addosso il personaggio, sapendo che Anna era Anna, Rocco era Rocco e che Max sarebbe stato Max. Diciamo che abbiamo creato un po’ sulle loro caratteristiche».

“Si vive una volta sola” è molto più di un film?
«Personalmente ritengo che questo sia uno dei miei migliori film dal punto di vista della regia. Non mi espongo mai – precisa Verdone -, ma francamente ho già fatto due proiezioni in due città molto importanti, Torino e Milano, il film l’hanno già visto in quasi 2000 persone e mi sembra di aver avuto un riscontro molto incoraggiante. Anche io rivedendolo ho avuto la sensazione che fosse una buona commedia, poi ovviamente sarà il pubblico pagante ad essere il giudice supremo, la mia è una sensazione, però per me resterà uno dei film ai quali sarò più legato per tanti motivi».

Ce ne puoi dire uno?
«Perchè mi sono trovato benissimo con loro? Anche – risponde -, sicuramente è perchè è nata un’amicizia fuori dal set che continua ancora oggi, è stato veramente un cast meraviglioso. Credo di aver, insieme a loro, interpretato al meglio quello che dovevamo fare – prosegue -, di più non potevamo fare, è stato un film che è andato veramente liscio, non ci siamo quasi accorti di averlo girato, perchè tale era il feeling tra di noi e tutti erano perfetti nel ruolo che non ho fatto altro che esaltare una volta Anna, una volta Max e così per Rocco, su delle intuizioni che poi abbiamo concordato. E’ stato un lavoro veramente molto bello. Prima di iniziare a girare avevo tanta paura – ci confida -, perchè è un film molto delicato, ci voleva poco a sbagliarlo bisognava essere molto concentrati ed avere un altissimo senso della misura, un grande senso dell’equilibrio, che alla fine abbiamo avuto tutti quanti, e questo ci ha aiutati anche a correre con le riprese, la prima era buona, avevamo una seconda ma la prima era sempre meglio. Andavamo proprio d’istinto. Ci sono state molte improvvisazioni e quando c’è l’improvvisazione vuol dire che il film ti sta piacendo, ti stai divertendo, stai dentro e ti puoi anche permettere delle variazioni che ovviamente sono sempre del tema».

Un film “nuovo” anche sotto l’aspetto musicale
«Qua non ci sono pezzi di repertorio – sottolinea Verdone – ha fatto tutto il compositore, era un film che necessitava della musica di un compositore. Non aveva alcun senso prendere un brano di repertorio come spesso accade nei film. Qua no, qua il musicista doveva soltanto sottolineare alcune scene, alcune sequenze e dargli un’idea di insieme, creare un bel clima che accompagnasse il film dall’inizio sino alla fine».

SVUVS_4luglio_ph. Giuseppe Di Viesto

La location va oltre i confini del Lazio
«Si, la storia prevedeva una regione che non fosse il Lazio, uscire da Roma per me è molto importante, perchè ogni qualvolta che esco fuori dalla mia città riesco a trovare una vitalità nuova, una verve nuova che dispone dei colori, delle atmosfere. Anche gli stessi generici, le comparse sono diverse – prosegue Verdone -, quindi anche io mi pongo in maniera diversa come regista ma anche come attore, spostarsi di luogo ti porta a recitare anche in una maniera diversa. Il film l’abbiamo girato tutto quanto in Puglia tra Bari, Monopoli, Polignano, Otranto e Castro, le parti romane invece sono state girate a Bari negli interni delle case, mentre le esterne le ho girate poi a Roma in tre giorni. Nel complesso è stata una bella esperienza, ho avuto una splendida collaborazione con tutta la produzione locale».

Qualche anticipazione?
«La storia del film la conoscete, è la storia di un’equipe chirurgica, tra di loro sono molto amici, lavorano da tanto tempo insieme, sono stimati e soprattutto godono di una grande considerazione, tant’è che anche il Vaticano si rivolge a loro. Però tanto sono bravi e talentuosi nel lavoro, quanto sono soli e pieni di problemi nella vita privata, e quindi c’è chi ha problemi con la moglie, nella relazione con i figli, chi invece economici, insomma c’è un velo di malinconica solitudine che li unisce. Lei – prosegue riferendosi ad Anna Foglietta – di fondo non avrebbe problemi però sbaglia tutti gli amori che incontra, ha degli ideali, crede di aver trovato l’uomo giusto e puntualmente prende la fregatura, nonostante nel film sia una donna molto forte, dinamica e un po’ maschiaccia».
Carlo si ferma, non va oltre e preannuncia colpi di scena nella seconda parte del film «Ci sarà un viaggio, un po’ costretto un po’ meritato. E’ il cuore del film, dove si toccano tante temperture della commedia, dalla rottura dell’amicizia alla sua ripresa, dall’aprirsi in maniera violenta, all’accusare l’altro di cose che non si sapevano».

SVUVS_28giugno_ph. Giuseppe Di Viesto

Andiamo avanti con Anna Foglietta, anche lei presenta il suo personaggio e speriamo di scoprire qualcosa di più…
«Interpreto una strumentista – esordisce Anna – e come ha detto Carlo siamo molto professionali sul lavoro, siamo estremamente affiatati, siamo a tutti gli effetti un quartetto, amiamo fare scherzi anche per disinnescare un po’ la parte più complessa e faticosa della nostra professione, comunque lavoriamo sempre a contatto con corpi ‘aperti’, malattie e dolore, e dunque abbiamo bisogno di trovare in qualche modo ossigeno e momenti di pausa da tutta questa tensione, per cui siamo piuttosto inclini allo scherzo a volte a scapito dell’uno altre a scapito dell’altro».

Carlo ha descritto il suo personaggio come “una donna molto forte, dinamica e un po’ maschiaccia”. E’ così?
«Apparentemente è una donna molto risolta e riesce a stare al passo con questi uomini. In realtà – prosegue la Foglietta – nella vita sentimentale è affetta da quella che tutti noi conosciamo come la ‘sindrome della crocerossina’, pensiamo di poter sopportare tutto, che i difetti degli uomini non sono un problema, invece alla fine ci si rende conto che diventa sempre un’arma a doppio taglio perchè quell’apparente inclinazione alla sopportazione e all’accoglienza, che tutte noi abbiamo, diventa un boomerang che ci arriva sempre in fronte e ci segna indelebilmente. Quindi lei dopo l’ennesima delusione decide di partire con loro per comprendere davvero cosa in fondo si meriterebbe. Il viaggio così diventa anche una sorta di autoanalisi spassosa ma anche introspettiva. Il film è sorprendente – continua -, ha tanti livelli poi ognuno ci troverà quello che più gradisce anche della propria vita e della propria esperienza».

La sua reazione quando Carlo l’ha chiamata?
«Sono nata nel 1979 – attacca Anna Foglietta – e nel 1980 usciva “Un sacco bello”, da quando avevo 13 anni a ieri vedo, a ritmi cadenzati, i film di Carlo, e li vedono i miei figli. Ai tempi del liceo con i compagni di scuola parlavamo sempre citando le frasi di Carlo. Quindi quando Carlo mi ha chiamato per fare il film non nego che ho provato una grande felicità e gioia perchè in quel momento ho realizzato che avrei lavorato con un grande regista, autore e attore che unisce tutta l’Italia».

SVUVS_GDV_ ph. Giuseppe Di Viesto

Esordisce scherzosamente Rocco Papaleo «Il mio personaggio è facile a dirlo, è il sex simbol del gruppo, sono un po’ la vittima degli scherzi feroci di questa equipe che ha la necessità di sfogare le tensioni accumulate in sala operatoria. Lui, il mio personaggio, è una persona buona, pacifica che sta agli scherzi finchè non diventano troppo pesanti ed allora reagisce».
E’ breve nel suo intervento «Non amo svelare i dettagli – prosegue Papaleo – perchè il film diventa interessante immediatamente sin dalle prime battute e quindi parlerò in generale dell’atmosfera che si è respirata sul set, di questo idillio – ‘mi secca anche ammetterlo’ aggiunge con la sua ironia – che c’è stato tra di noi. C’era una familiarità e un’umanità che sprizzava da tutti i nostri pori, non c’era quasi stacco tra il parlare prima della scena a quando si entrava nella scena, sembrava non ci fosse soluzione di continuità tra la nostra vita vera e quella di recita e questa cosa mi ha piacevolmente sorpreso, e devo dire che grazie a tutti noi abbiamo trovato il sound per rappresentare questa storia che già in partenza era molto allettante, il copione era molto bello e spero tanto di averlo reso per quello che meritava».
Conclude e ci saluta con un «Adoro Bologna».

«Tremendamente cinico è invece il mio personaggio – così Max Tortora descrive il suo ruolo – è un personaggio davvero bello, anche perchè è fuori dai soliti canoni che solitamente mi capitano e che mi fanno capitare. Perchè questo personaggio, seppur simpatico, è tremendamente cinico, forse anche inconsapevolmente cinico. Quando architetta gli scherzi – continua Tortora – lo fa con spirito giocoso, tanto per passare il tempo ma poi a lungo andare questi fanno anche del male, ma lui non lo fa con dolo, lo fa e neanche ci pensa. E’ quello che approfitta del suo ruolo – precisa Tortora -, si subalterna al primario ma comunque è uno importante, gira con il macchinone da 70-80mila euro, veste sempre elegante, ha una famiglia che da per scontata, insomma è un superficialone, però simpatico. E questo cinismo mi è piaciuto interpretarlo perchè è stato ben scritto e ben diretto e mi ci sono ritrovato. Il bello del mio personaggio – conclude – è che questa sua superficialità mi ha fatto tenereza facendomelo anche un po’ amare».

SVUVS_3luglio_Ph. Giuseppe Di Viesto

Carlo, con queste premesse, se potesse riassumere il film in poche parole?
«E’ la storia di una bella amicizia, di amicizia e stima sul lavoro, di confidenze private, perchè alla fine si trovano tutti sulla stessa barca e nello stesso mare. Però – continua Carlo – frequentarsi troppo, vedersi anche dopo il lavoro alla fine è un errore che usura l’amicizia e la fa diventare piano piano un po’ cattiva, che porta alla deriva e ad una serie di piccole tragi-comiche. Però tutto il film è molto amabile perchè declina la parola amicizia in tanti modi ed è accompagnato da una musica tutta sua».

In 40 anni Carlo Verdone attraverso i suoi film ha raccontato la storia, il costume ma anche la decadenza della sua città e la solitudine di certi personaggi, la mitomania del “Troppo forte”, i problemi sentimentali di “Compagni di scuola”, le nevrosi, l’ipocondria, l’incertezza con “Maledetto il giorno che t’ho incontrato”, la poesia con “Al lupo al lupo”, il valore sociologico in “Viaggi di nozze”, la disabilità in “Perdiamoci di vista”, l’analisi di gruppo in “Ma che colpa abbiamo noi”, la commedia amarissima di “Il cinese in coma”. Nel corso della sua carriera ha raccontato l’Italia e la società che è cambiata, forse è questo il segreto dei suoi film.