Sixto, il mito resuscitato

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sixto-rodriguez-approda-in-italiaAttenzione, questo testo è uno spoiler! Perché? Perché non si può parlare di Rodriguez, senza far riferimento all’incredibile, struggente documentario Searching for sugar man, vincitore dell’Oscar, che ne racconta la vita. O meglio, la scomparsa. Di Sixto Rodriguez da Detroit, poeta della Motor City, si era infatti persa ogni traccia. La causa? Il totale flop di vendite negli Stati Uniti dei suoi due dischi, Cold Fact (1970) e Coming from Reality (1971), aveva decretato la fine della carriera di un’artista unico a metà tra Bob Dylan e Nick Drake. Troppo avanti con i tempi? Un razzismo sottotraccia dovuto alla sua origine messicana? Difficile da dire.

Ma un miracolo stava maturando, dall’altra parte dell’oceano, in un altro continente. Rodriguez, nel Sudafrica dei difficili anni ’80, divenne una star, un simbolo, la colonna sonora di coloro che non accettavano lo status quo più infame e razzista del pianeta. Cold fact fu il disco degli adolescenti bramosi per un cambiamento o, più semplicemente, innamorati. In tutte le case i suoi dischi si trovavano a fianco dei Beatles, di Simon e Garfunkel o degli Stones. Solo un problema: per i sudafricani Sixto era già morto, suicida sul palco, con un colpo di pistola alla tempia. In altre versioni dandosi fuoco. Purtroppo allora le notizie in Sudafrica arrivavano in ritardo a causa dell’«incuria» del resto del mondo e per la censura del regime di Botha, in apparenza meno soffocante dei precedenti ma che, in realtà, continuava ad emanare e sostenere i tristemente noti Act vessatori disumani diretti ad indebolire i moti di protesta.

Alla fine degli anni ’90, quasi trent’anni dopo l’uscita di Cold Fact, nel Sudafrica finalmente libero, due suoi accaniti fans (uno con il soprannome di Sugar) decisero di vederci chiaro, di sapere chi ci fosse dietro il nome Rodriguez, di sapere soprattutto come fosse morto. Miracolo, lo ritrovarono in un sobborgo di Detroit, ancora vestito di nero, con il karma di un ragazzino, incapace di odiare un destino beffardo che ne aveva impedito l’ascesa, pronto ad abbracciare le migliaia di persone che, in una nazione ferita da anni di violenze, ne teneva comunque in vita il ricordo.

Ed è proprio questa ricerca, una sorta di Chi l’ha visto nel mondo del rock, che sta alla base di Searching for sugar man. Il regista svedese di origine algerina Malik Bendjelloul ha rintracciato e intervistato tutti coloro che avevano visto in Sixto un grande talento. Emozionante l’intervista al grande produttore Steve Rowland (Peter Frampton, The Cure), ancora incapace di farsi una ragione per quella sconfitta (fallimento è la parola più utilizzata negli Stati Uniti per indicare chi non sfonda nella vita e non si arricchisce).

Girato in Super 8 e, a budget limitato, con una app dell’I-Phone, Searching for Sugar Man ha stravinto il BAFTA di Amsterdam.

Il 21 e il 22 marzo Sixto, settantadue anni orgogliosamente portati, solo un filo di voce in meno, salirà sul palco (prima a Bologna, poi a Milano, i due concerti purtroppo sono già esauriti) per ricordarci quello che l’avidità e l’ambizione spesso ci impediscono di vedere: la bellezza delle cose semplici, illuminate dal calore dei nostri sogni.

 

P.S: pare che Sixto abbia in cantiere un nuovo disco. Non è mai, davvero, troppo tardi.

 

ANDREA SILVESTRI

 

21 marzo, Bologna, Teatro Manzoni, via Dè Monari ½, ore 21, Info: 051 261303

22 marzo, Milano, Auditorium di Milano, Largo Mahler, ore 21, Info: 02 83389401