La cittadella della conoscenza

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ho visto cose foto 2C’era una volta il mito del self-made man, l’imprenditore che crea dal nulla la sua fortuna. Cambiano i tempi, ma i sogni restano li stessi. Niente più ricercatori solitari dell’oro del Kentucky o yuppies rampanti e senza scrupoli cresciuti negli uffici della Manhattan degli anni ottanta. Il modello oggi è piuttosto quello segnato da Steve Jobs e Mark Zuckerberg: ragazzi poco più che adolescenti che con tenacia portano avanti le loro idee, sperando un giorno di poter avviare una propria azienda, o meglio, una propria start up. E prima ancora di Facebook & Co, in Italia si è compiuto il miracolo dell’Alfa Farmaceutici: un piccolo laboratorio di ricerca fondato nel 1948 dal poco più che ventenne Marino Golinelli, uno «startupper» ante litteram, destinato negli anni a diventare una multinazionale con più di 1600 dipendenti, sotto il nome di Alfa Wasserman.

Ma non basta. Spinto dalla convinzione che un imprenditore di successo abbia un debito nei confronti della società – «il profitto è un valore sociale» è uno dei suoi motti – , quarant’anni più tardi, nel 1988, Marino Golinelli ha dato vita alla Fondazione che porta il suo nome e che si occupa di promuovere la conoscenza e la cultura e di sostenere le giovani idee aiutandole a diventare realtà produttrici.

E oggi questo progetto si arricchisce di un ulteriore e prezioso tassello: un’area di 9000 metri quadri che a Bologna, dove sorgeva il complesso industriale delle Fonderie Sabiem, ospiterà tutte le attività promosse dalla Fondazione e prenderà il nome di Opificio Golinelli. Un progetto all’avanguardia per l’Italia che ha come punti di riferimento le americane Rockefeller e Bill & Melinda Gates Foundation. «Io sono uno che ha fatto una start up a 22 anni – ci racconta Marino Golinelli – che ha creato una multinazionale dal nulla e capisco bene quella che è la difficoltà di partire dal basso per poter crescere. Per questo per me è così importante contribuire a formare i giovani per il futuro. È il mio dovere». L’Opificio Golinelli sarà strutturato come un vera e propria cittadella delle conoscenza e della cultura dove, tra punti d’incontro, aule didattiche, passeggiate, giardini e vere e proprie piazze, saranno promosse attività di laboratorio e programmi di apprendimento per stimolare la creatività dei giovani, con un target di pubblico che va dai 18 mesi ai vent’anni e uno numero di visitatori all’anno stimato – al ribasso – intorno alle 100.000 presenze. «I punti di forza dell’Opificio Golinelli sono l’approccio trasversale e multidisciplinare alla cultura», precisa Antonio Danieli, direttore della Fondazione Golinelli. «Come approccio trasversale intendo che vi troveranno spazio attività come: Scienze in pratica, la Scuola delle Idee, il Giardino delle Imprese, Educare ad Educare, Arte e Scienza e Conoscenza, ossia tutti i programmi in cui è articolato l’operare della Fondazione Golinelli. Quindi sarà un luogo essenzialmente vissuto dalle scuole, dagli studenti, dai loro genitori e anche dagli insegnanti. Per esempio, Educare ad Educare è un programma di formazione specificatamente pensato per insegnanti di ogni ordine e grado, aperto a livello nazionale e in collaborazione con il MIUR e l’Accademia dei Lincei. Ma il nostro è anche un approccio multidisciplinare, perché noi ragioniamo da un punto di vista culturale allargato, coinvolgendo non solo le scienze ma anche l’arte e la tecnologia. Nei nostri laboratori un’idea viene sempre analizzata da più punti di vista: dalla sua sostenibilità, alle visione scientifica a quella culturale e umanistica. Insomma, per noi solo un approccio transdisciplinare riesce a sviluppare un efficace stimolo della creatività.».

A breve saranno finanziati dalla Fondazione i primi progetti nati nell’ambito del Giardino delle Imprese. Lo scorso giugno la Fondazione ha ospitato un gruppo di 60 ragazzi del III e del IV anno di dieci scuole secondarie di II grado di tutta le regione – dal prossimo anno il progetto si aprirà a tutta Italia – in un campo estivo caratterizzato da lezioni frontali, insegnamenti e workshop.

I ragazzi sono stati invitati a proporre la miglior soluzione per creare un dispositivo che sia in grado di capire come il sonno viene influenzato dal contesto urbano in cui viviamo. «Oggi si parla tanto di Smart Cities  – spiega Marino Golinelli – ma tutta questa tecnologia crea anche dei problemi, come ad esempio i disturbi del sonno che si riflettono poi sulla nostra vita vigile. Noi cerchiamo una soluzione per migliorare davvero la qualità della vita delle nostra città.»

I progetti sostenibili verranno presentati il prossimo 24 novembre, all’Arena del Sole di Bologna, in un evento gratuito e aperto a tutta la città dal titolo Ricerca e Impresa: gli inventori del domani, a cui seguirà la lectio magistralis di Nassim Nicholas Taleb, ricercatore matematico e saggista di successo, autore del best-seller il Cigno Nero.

L’Alfa Wasserman è una multinazionale che parla italiano. E così anche le attività della Fondazione Golinelli sono sempre ben radicate sul territorio. «Credo che la città di Bologna, per la sua storia millenaria, possa ambire ad essere un esempio riconosciuto a livello mondiale di città promotrice di cultura e conoscenza. – continua Marino Golinelli – In questa nostra attività, ringrazio le Istituzioni di Bologna Metropolitana che ci hanno sempre mostrato un ottimo spirito di collaborazione, così come auspico che anche le altre Istituzioni quelle di carattere industriale, sociale ed etico, si uniscano a noi in una volontà comune di rilancio della città. Noi siamo l’opificio del facere, ma del facere concreto. Lavoriamo per i giovani, cioè per l’uomo del futuro. Sono di natura un ottimista e nonostante la crisi credo che ci debba essere un’opportunità per tutti. Da quanto ho visto in questi anni di attività della Fondazione, sono rimasto stupito dal forte desiderio che i ragazzi hanno di imparare. Dobbiamo sfatare questo falso mito dell’opinione pubblica per la quale i giovani hanno un disimpegno totale alla vita e alla formazione. Non è vero!».

Marino Golinelli otre ad essere un uomo di scienza, un imprenditore e un filantropo, è anche un appassionato collezionista d’arte. «È sbagliato il termine collezionista. – commenta -A questa domanda le rispondo che io sono uno che compra quadri. Giro il mondo, comprando opere ovunque. Ho quadri che provengono dall’Africa, dall’Indocina, dall’Indonesia. Li compro perché considero gli artisti dei ricercatori della vita. E anch’io sono un ricercatore. Utilizzo il loro lavoro per continuare ad imparare e avere ogni volta un nuovo punto di vista sul mondo, mantenendo in vita il mio spirito della ricerca e della conoscenza. Io credo nell’unicità della cultura, che vuol dire mettere insieme l’umanesimo con le scienze pure e quelle naturali per una visione del mondo che possa essere la più corretta possibile. Ed è questo che deve imparare oggi un giovane ricercatore: l’importanza della cultura, perché è la cultura che ispira concetti come la responsabilità e la coesione sociale, la democrazia e la libertà. È per noi tutti un valore indispensabile».