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Il Saggiatore ha da poche settimane pubblicato un sorprendente volume della ricercatrice Sara Garofalo. Da non perdere.
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Accorgersi.
Questa parola potrebbe porsi alle fondamenta di Sbagliando non si impara, libro di Sara Garofalo in cui la studiosa «ci porta a scoprire i meccanismi psicologici che guidano le nostre scelte di ogni giorno», come spiega la pagina dedicata sul sito dell’editore il Saggiatore, che lo ha pubblicato poche settimane fa.
Superare gli automatismi: intraprendere un percorso di consapevolezza propriamente estetico, dunque etimologicamente conoscitivo della nostra relazione col mondo.
Negli universi delle arti contemporanee è ciò che hanno fatto negli ultimi cento anni et ultra i più autorevoli e al contempo stralunati esponenti delle Avanguardie Storiche, delle Neoavanguardie e della Terza Avanguardia: creare dispositivi atti a indurre il fruitore ad attivare esperienze di conoscenza.
In questo volume, avvincente come un buon romanzo d’avventura, l’autrice senza posa interpella direttamente i lettori e, attraverso una quantità di esempi ed esercizi, rende oltremodo concreti gli spesso inconsapevoli automatismi che orientano il nostro agire quotidiano.
La prima cosa che colpisce è la precisione delle parole e dei concetti, unita alla piena padronanza del ritmo del discorso: saperlo dire.
Sono pagine che -come si augura Sara Garofalo nell’introduzione- producono un lavorio che persiste anche terminata la lettura: sia a un livello pratico, quando ci si trova a dover affrontare piccole e grandi scelte, sia su un piano più generale, percependo l’inquietudine di venire inconsapevolmente manovrati -a molti diversi livelli- da chi questi meccanismi conosce e padroneggia.
Sbagliando non si impara ci ha fatto venire in mente un altro libro, Kant e l’ornitorinco di Umberto Eco, del 1997: secondo lo studioso per capire cosa accade quando parliamo di cani, gatti, mele o sedie, abbiamo bisogno di categorie, che gli schemi cognitivi ci aiutano a creare. Per attribuire un significato a qualcosa bisogna riuscire a inquadrarlo, a metterlo in una cornice, a dargli un’etichetta.
Uno dei modi, tornando al mondo dell’arte, per inquadrare un’opera è collocarla in un determinato genere: è una nozione da tutti noi continuamente utilizzata, anche se spesso in maniera inconsapevole, come strumento per individuare caratteristiche testuali a cui riferire significati. Quando andiamo al cinema, ad esempio, sappiamo che stiamo vedendo un melodramma, un western, un horror, un classico, un moderno, un postmoderno, un action movie o chissà che altro, e, a partire da questa etichetta possiamo, ad esempio, valorizzare il film proprio a partire dall’individuazione di una variazione, di uno scarto, rispetto al genere in cui lo abbiamo incasellato.
Si potrebbe sintetizzare, forse, che noi non guardiamo le cose per come sono, piuttosto notiamo la prossimità o la distanza fra ciò che percepiamo e ciò che ci aspettiamo.
Detto altrimenti: siamo mediamente intrappolati in una dinamica narcisistica che pone il nostro ingombrante io come specchio e misura di tutte le cose.
Tant’è.
Il grande merito del volume di Sara Garofalo è farci accorgere di questo -e di tanto, tanto altro- con estrema chiarezza, sapiente leggerezza ed efficace ironia (è felicemente spiazzante un piccolo gioco -che non sveliamo- che l’autrice fa con le citazioni in esergo in ogni capitolo, e che rivela in fondo al volume).
Chapeau.
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Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, 1952
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MICHELE PASCARELLA
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Sara Garofalo, Sbagliando non si impara, il Saggiatore, Milano, pp. 216, € 14 – info: https://www.ilsaggiatore.com/libro/sbagliando-non-si-impara/
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