Adornati di sacro

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Lunghe collane che terminano con una nappina colorata. Ci hai mai fatto caso? Molte persone le indossano, solitamente sono praticanti di Yoga e Meditazione, ma non necessariamente. Sono collane di varie fogge e materiali, semi, legno, pietre dure, spesso annodate una ad una, fino a terminare con un seme o cristallo più grande degli altri da cui pende una nappa colorata. Queste collane, non sono collane, ma mistici Japamala.

La parola Japamala è composta dai termini sanscriti mālā, che significa ghirlanda, rosario, e japa mormorare, ripetizione sussurrata, mormorare preghiere e incantesimi; il japamala (o la japamala) è un rosario che viene usato per la ripetizione rituale di mantra e in particolare per contare comodamente il numero di ripetizioni.

Una japamala è composta sempre da 108 grani (più raramente da 54, cioè dalla metà di 108), ogni grano è annodato a mano, solo nella fretta, semplificazione e banalizzazione recente si sono spesso trasformati in una successione di grani senza nodo che li separa.

 Il numero 108 ha varie affascinanti e mistiche interpretazioni.

Il numero 1 rappresenta la consapevolezza suprema, lo 0 rappresenta il cosmo nella sua forma circolare, il numero 8 rappresenta gli aspetti della natura: terra, acqua, aria, fuoco, individualità (ashamkara), mente (manas) e intuizione percettiva (buddhi) ed è nella sua forma simbolo di infinito.

Nella tradizione induista 108 si può leggere simbolicamente anche così: il numero 0 rappresenta Shiva, il numero 8 Shakti e il numero 1 la loro unione nello Yoga.

108 è inoltre il numero dei punti energetici del corpo, i chakra, di cui i 7 più noti (o anche 6 o 5 secondo le tradizioni spirituali) sono solo i maggiori. Dunque compiendo un ciclo di 108 ripetizioni di un certo mantra, ogni singola volta che si pronuncia un mantra la sua vibrazione si imprime in uno dei punti. A compimento del giro il corpo fisico e i corpi sottili sono in vibrazione con quel mantra.

Si dice ancora che 108 siano i teschi della ghirlanda della dea Kali, 108 il numero delle reincarnazioni necessarie a raggiungere la realizzazione finale, il numero 108 rappresenta l’universo, è il numero dei segni dello zodiaco (12) moltiplicato per il numero dei pianeti (9). O più semplicemente è il numero adatto all’esperienza pratica della recitazione dei mantra, secondo gli antichi Rishi (“cantori ispirati”, saggi, santi, eremiti dell’antichità), senza che siano necessarie altre spiegazioni intellettuali.

Dal punto di vista dell’utilità pratica, i japamala sono strumento per il conteggio della ripetizione dei mantra che deve essere appunto sussurrato 108 volte o multipli.

I mantra recitati scorrendo un japamala aiutano a risvegliare la consapevolezza. Attraverso l’azione di mani, che scorrono sui grani del Japamala, di mente e di cuore il praticante si focalizza nell’esercizio e i suoi sensi, ritirati all’interno (pratyhara), sono volti alla contemplazione della presenza del Sé Cosciente in tutto l’universo. La ripetizione udibile, sussurrata o mentale del Mantra, induce lo stato di Dhyana (visione – meditazione) e Samadhi (unione con l’Universo).

Praticare la ripetizione di un mantra con un japamala aiuta a non perdersi nell’inconsapevolezza, nella fuga mentale e nella distrazione durante la meditazione.

Portato poi nella quotidianità il japamala, come ornamento sacro, diviene amuleto e talismano, rilasciando nei corpi sottili le delle vibrazioni del mantra recitato.

Sarebbe pertanto importante, ma non necessario, anche qui il tuo sentire autentico ti è guida, recitare sempre lo stesso mantra con un japamala almeno per un certo periodo. Cambiando mantra è opportuna un reset energetico del japamala che puoi fare semplicemente con l’intenzione cosciente, immergendolo in un elemento della natura. Solo per fare qualche esempio: tenendolo immerso per alcuni minuti in un torrente di montagna con il proposito di rilasciare le vibrazioni del mantra, precedentemente recitato, all’acqua che le trasporterà lì dove sono più utili; lasciandolo nella terra di un bosco, sotto un albero, per una notte offrendo le vibrazioni del mantra alla terra, al bosco, all’albero, agli animali del bosco; lasciare il japamala esposto in natura, magari appeso ad un albero, in una giornata di vento, chiedendo al vento di trasportare l’energia del mantra all’intero Universo e alle sue creature… Sii creativo/a, questi sono solo spunti.

Se hai già un japamala, rendilo sacro. Se non ce l’hai procuratene uno (annodato a mano, è fondamentale) di semi, grani di legno o di pietre dure naturali assicurandoti che lo siano, perché nella banalizzazione del commercio globale nulla è più sacro e spesso si trovano “japamala senz’anima” di grani sintetici o di pietre colorate che perdono così la loro verità e vibrazione cromatica. Poi scegli il mantra da recitare, quello che più risuona, in quel momento, in sintonia con la tua anima.

A tal proposito, se non l’hai ancora fatto, ti invito a leggere un mio precedente articolo sull’argomento Mantra.

Buona scelta del tuo japamala e buona pratica! Il relax in natura che molti di noi riescono a vivere nel periodo estivo è propizio…