Larisa Shepitko: affronta sempre un film come se fosse l’ultimo

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Nel novembre del 2020 il Centro studi di cultura Russa di Roma si impegnò a realizzare il Festival Cinematografico di Cultura Russa on line, anziché in presenza. Tale decisione fu mossa dalla necessità di tenere vivo l’interesse verso la cultura cinematografica russa, nonostante le restrizioni della pandemia.

Il Festival si concentrò prevalentemente sul periodo sovietico, vista e considerata l’attualità dei temi già ai tempi affrontati dal cinema russo, e la questione della censura sempre presente.  In quel periodo non frequentavo attivamente l’istituto, cosa che poi feci grazie a un corso di specializzazione nel 2021; ma se qualche granello di bontà la pandemia ci ha dato nei due anni di forti restrizioni, è che molti eventi, corsi e festival di questo genere si sono svolti on line, dando di fatto la possibilità di partecipare a chi non poteva, a causa della lontananza.

Illuminante, diretta, eroica mi è apparsa da subito la figura di Larisa Shepitko presente con uno dei suoi film al Festival Cinematografico di Cultura russa. Mi basta una semplice ricerca su Google per capire che Larisa è stata una delle maggiori rappresentanti del cinema sovietico, nonostante la sua breve vita.

Dalla ricerca compaiono subito alcune foto, così da poter ammirare la figura di una donna avvenente, magnetica e intensa.

Il suo viso è a tratti enigmatico e spigoloso, come se volesse nascondere qualcosa che non riesco a comprendere. I giorni successivi sono caratterizzati da una ricerca spasmodica sulla sua vita: recensioni, articoli, essay; le ore serali invece vengono riempite dalla visione dei suoi film.

l suoi racconti sono pieni di significati psicologici che vanno dalla esplorazione della morale, al racconto della guerra, fino ad arrivare alla figura della donna forte e indipendente, oserei dire quasi “sovieticamente contemporanea”.

 

Tu ed io

 

Nata nella odierna Ucraina nel 1938, Larisa ha utilizzato la sua non convenzionalità come vanto, e come veicolo di conoscenza per diffondere un linguaggio sempre più autonomo e non convenzionale.

A soli 16 anni entra nella All – Union Film Institute di Mosca, spingendo la commissione per studiare come regista, nonostante tutti, vista la sua avvenenza, le consigliassero di fare l’attrice.

Uno dei suoi più grandi ispiratori, come dichiarato da Larisa stessa, fu Alexander Dovzhenko, pioniere della “teoria del montaggio”.

In questa teoria, il montaggio è veicolo di integrità, fedeltà e coscienza. Se un incidente d’auto occorso nel 1979 non avesse posto fine alla sua vita, probabilmente oggi Larisa sarebbe stata acclamata come una delle più evolute rappresentanti del cinema internazionale. Ho scelto di ripercorrere tre dei suoi film più rappresentativi della sua opera, e ho volutamente scelto di indicare il titolo del film in italiano accompagnandolo a quello in russo; in modo che chi sta facendo un percorso di conoscenza della lingua russa possa ricercarli con facilità.

 

Le Ali

 

Le Ali – Крылья è il primo film che Larisa dirige nel 1966 dopo la laurea.

Ancora fermamente stalinista Nadia, la protagonista del film, è una ex pilota dell’aviazione sovietica, che dopo la fine della guerra si ritrova a lavorare come insegnante. I flash back del suo passato, frutto dei traumi subiti durante la guerra, come il sentimento di dissociamento dalla realtà, sono i sintomi di un chiaro stress post traumatico che non la lasciano libera.

Nei film di Larisa i personaggi principali devono sempre affrontare delle prove, che siano psicologiche oppure fisiche. Nadia è una donna pluridecorata, ma alcune esperienze vissute durante la guerra sono state esperienze veramente agonizzanti, come problematico è il riappropriarsi della realtà in cui vive. La vita di tutti i giorni è quindi la prova che Nadia deve affrontare, come costante è il complicato rapporto con la società e con la figlia, che la condizioneranno fino alla fine.

Quando uscì questo film il leader del partito comunista era Brezhnev, e il sentimento di apertura oltre la censura, che era stato evidenziato precedentemente da Khrushchev sembrò placarsi parzialmente; per questo motivo un film che metteva in luce le debolezze psicologiche dei sopravvissuti alla guerra non fu accolto da regime con grande calore.

 

Tu ed io

 

Nel 1971 esce il film Tu ed ioТы и я, che narra la storia di un neurochirurgo di nome Piotr che fugge dall’Unione Sovietica a seguito di una crisi di identità che arriva dopo il fallimento del suo matrimonio.

Dopo aver esercitato la professione in Svezia il protagonista torna in Russia, ma affronta una nuova crisi che lo porta a fuggire e a ritrovarsi in Siberia, dove salva una suicida e dove ricomincia una nuova vita come dottore.

È il suo unico film in technicolor, per questo motivo rappresenta una vera e propria sperimentazione per la Shepitko, che successivamente ritornerà a girare in bianco e nero. La prima volta che vidi questo film mi lasciai prendere particolarmente dalla musica, molto singolare, con ritmi incalzanti ad evocare le immagini delle steppe siberiane.

I primi piani dei protagonisti che riflettono i loro stati d’animo lasciano spesso senza fiato. In questi anni Larisa viene dipinta dalla critica come una regista dalla “brutalità mascolina”, affermazione che però a Larisa non piace. La differenziazione fra maschile e femminile la turba.

 

L’Ascesa

 

Ma è di certo con il film L’Ascesa – Восхождение, girato nel 1977 che Larisa Shepitko si supera, dipingendo un film meraviglioso, coinvolgente e assolutamente non conforme a nessuna regola del periodo storico cinematografico di riferimento; questo è il film con il quale l’ho scoperta al Festival del Cinema di Roma.

La storia si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale, che in Russia e nelle altre repubbliche dell’ex Unione Sovietica è comunemente conosciuta come la “Grande Guerra patriottica”, per sottolineare la resistenza contro il nazismo. Sotnikov è il personaggio principale, ed è accompagnato dal compagno partigiano Rybak. Ciò che colpisce repentinamente è la profondità dei primi piani, secondo me enfatizzati ancor di più dall’utilizzo della tecnica in bianco e nero.

Una particolarità è il continuo riferimento alla iconografia cristiana; pur essendo difatti Larisa non credente, marca in maniera sacrale le riprese del volto, per evidenziarne la sofferenza. Il film si intinge di significati sacri: la madre terra, l’importanza della coscienza per l’uomo e lo spirito eroico.

C’è poco di criptico in questo film in quanto l’accostamento Sotnikov – Cristo e Rybak – Giuda, colpisce subito all’occhio, soprattutto nella scena finale. L’ascesa è stata interpretata da molti critici e studiosi del periodo sovietico, come la rappresentazione della passione di Cristo e della devastazione umana.

Importante è ricordare che durante le riprese del film Larisa ha voluto vivere nel freddo e nelle avversità come i protagonisti del lungometraggio. Ambientare il film a temperature glaciali, per ricreare le stesse disumane condizioni in cui i partigiani combattevano, facendo emergere avversità e disumanità, ricreando la natura affascinante e impietosa allo stesso tempo diventata per la regista quasi una ossessione.

Su YouTube esiste una versione de L’Ascesa molto buona.

 

L’Ascesa

 

Nonostante il successo raggiunto Larisa non si ferma, e riesce ad ottenere i diritti per girare la versione cinematografica di una novella di Valentin RasputinFarewell to Matyora.

È tutto pronto e la troupe sta per partire da San Pietroburgo per cercare i luoghi più belli dove registrare le riprese.

Durante il viaggio Larisa muore in un fatale incidente d’auto, insieme ad altri 4 membri della troupe.

Il film verrà poi iniziato e ultimato dal marito Elem Klimov, già registra di fama internazionale.

Larisa ha rappresentato la vacuità umana, evidenziando però la libertà e la ribellione in tutti i suoi film come se per sempre e da sempre avesse affrontato ciascun film come se fosse l’ultimo.

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Nasco a Cesena nel 1978, con la grande passione per la musica e un amore folle per Chet Baker. Lavoro da tanti anni, quasi troppi, come commercialista, districandomi fra imposte e dichiarazioni dei redditi. Mi appassiono fin da giovane alle arti e alle lingue, per poi scoprire la cultura sovietica e russa. Ora cerco di bilanciare il mio lato pragmatico con l’utopia dei miei sogni inespressi, affannandomi nel cercare un equilibrio. Nonostante questa mia doppia indole, credo che la vita debba essere concepita come la realizzazione dei propri desideri, per cui dopo una laurea al Dams ottenuta negli anni della mia senilità, sto realizzando un altro grande desiderio: quello di scrivere!