Jethro Tull: Ian Anderson, il pifferaio magico incanta Cattolica

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Domenica 30 luglio siamo stati a vedere il concerto dei Jethro Tull, all’Arena della Regina di Cattolica.

Avevo già avuto il piacere di assistere ad un concerto dei Jethro Tull ma credo siano passati almeno 20 anni da allora e tornare a rivedere una vera e propria leggenda del prog è sempre un onore e un piacere.

Arriviamo all’Arena per le 20 e 30 e prendiamo posto nell’attesa del concerto. Ad un certo punto una voce dal palco ci avvisa che non si potranno fare foto e video durante lo show ad eccezione del bis finale. Scelta a mio avviso azzeccata, che ha fatto sì che i musicisti stessi impegnanti a suonare senza distrazioni così come noi del pubblico ci godessimo appieno il concerto.

Lo show inizia alle 21 e 20 circa con l’ingresso dell’attuale band formata da Joe Parrish-James alla chitarra, Scott Hammond alla batteria, John O’Hara alle tastiere e David Goodier al basso. Ed ecco spuntare sul palco Ian che come un folletto, con il suo flauto magico ipnotizza tutti i presenti. Nonostante Anderson soffra di una malattia incurabile, la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), lui va avanti, 76 anni per lui il prossimo 10 agosto. Mentre ero seduta di fronte a questo mostro del rock ero ammaliata e stupita dall’energia e dalla grinta di questo grande uomo che ha continuato a saltellare per tutto il palco, immancabile e ripetuta più volte la posizone del fenicottero. L’incanto, la grazia ma anche quel non so che di misterioso che questo spiritello danzante ha mostrato a tutti noi. Accompagnato da grandiosi musicisti che hanno percorso un pò tutta la carriera della band, fondata nel 1967 e con ben 23 album all’attivo.

Nothing Is Easy, Cross-Eyed Mary, Sweet Dream, We Used To Know, spesso considerata l’ispirazione iniziale per Hotel California degli Eagles, come fa notare l’ultimo arrivato nel gruppo, il chitarrista Joe Parrish, con il suo assolo di chitarra. Bourrée in E minor sempre meravigliosa e una gioia per le nostre orecchie così come Aqualung in versione rivisitata. Certo la voce di Ian non è più quella di tanti anni fa, ma che cazzo, vorrei vedere voi a 75 anni, con una malattia polmonare, cantare, suonare il flauto traverso e non stare fermo un attimo sul palco. Io a 44 anni dopo una rampa di scale quasi chiamo il 118. Impeccabile con il suo fedele flauto che festeggia gli oltre cinquant’anni di carriera.

Questa è storia, la storia del rock, la storia di un gruppo che ha segnato un’epoca e che continua a far sognare gli appassionati del genere ma anche tantissimi giovani. Unico membro originale del gruppo, lo scozzese Ian Anderson ha portato avanti questa lunga storia d’amore fra sonorità folk, prog e celtiche, dove il marchio di fabbrica è l’utilizzo del flauto traverso, con maestria e virtuosismo.

Finale da brividi con Locomotive Breath. Un concerto intramontabile e immortale così come lo stesso Ian, il menestrello che indossa vesti umane ma che in realtà è un Dio.

“I think God he stole the handle And the train it won’t stop goingNo way to slow down No way to slow down”