Crisalide Festival a Forlì, weekend da non perdere

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Scatto dallo spettacolo di Francesco Marilungo Dove lei non è (studio)

Continua Crisalide, il festival di Masque Teatro a Forlì che indaga i rapporti tra teatro, arti visive, letteratura e riflette sui rituali della società contemporanea.

Stasera 11 novembre, alle 21, al teatro Felix Guattari di via dell’Orto di fuoco va in scena I’ll do, I’ll do, I’ll do dei Dewey Dell con coreografia, interpretazione di Teodora Castellucci
Dietro all’immagine del sabba demoniaco, antropofago, magico e violento, si intravede l’eco stravolta di un culto estatico dominato da una misteriosa dea notturna dai molti nomi e connesso a una cerimonia per la fertilità della terra. Se la possessione viene spesso considerata come la visita di una entità divina tra gli esseri umani, l’estasi al contrario è un viaggio di ascesa celeste o di discesa infernale dell’anima umana fuori dal corpo. Da questo concetto di corpo “in spirito”, nasce l’idea di una coreografia che tesse le trame di un sabba immaginato.

Dewey Dell è una compagnia di danza e performing arts attiva dal 2006 e ora composta da Teodora Castellucci, Agata Castellucci, Vito Matera, e dal musicista Demetrio Castellucci. La ricerca coreografica è costantemente ispirata dalle immagini della storia dell’arte e dai comportamenti del regno animale. Dewey Dell ha prodotto lavori di danza che intersecano forme d’arte diverse, portando avanti altre linee di sperimentazione nell’ambito della performance musicale e del video.

Segue, alle 22, Dove lei non è (studio) per la regia e coreografia di Francesco Marilungo.

Dove lei non è si inserisce all’interno del macro-progetto di ricerca coreografica sul pianto rituale, Stuporosa, portando il fuoco sulla dicotomia presenza-assenza relativa alla persona cara defunta. Tutti i rituali funebri possono di fatto essere concepiti come una forma di dialogo con l’assente. Un’ assenza che è però tale solo sul piano del reale poiché il defunto continua a sopravvivere sotto forma di immagini, di ossessioni, di ricordi cercati o respinti a seconda dello stato d’animo del momento. Egli non c’è più ma resta accessibile per mezzo del pensiero: l’altro assente nel mondo reale diventa l’altro presente nell’immaginario.
Il titolo della performance, Dove lei non è, riprende quello del diario di lutto che Roland Barthes scrisse per due anni dopo la morte della madre. Un diario custode di una quotidianità diversa ora che non c’è più la persona amata; espressione continua e frammentaria di un sentimento lacerante associato al vuoto, alla perdita e che in realtà svela la presenza costante di una persona nonostante la sua morte.

Francesco Marilungo, dopo gli studi in Ingegneria termo-meccanica e un periodo di ricerca nel settore aerospaziale, volge il suo interesse verso le arti performative formandosi presso l’Atelier di Teatrodanza della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. I suoi lavori coreografici nascono da uno studio dettagliato di determinati temi legati all’organizzazione dell’essere umano in contesti socio-culturali specifici, a dinamiche di potere tra individui, a relazioni e rappresentazioni di genere – questi costituiscono lo spunto per costruire il sistema di segni che va a comporre la dimensione spazio-temporale della performance.

Si prosegue domenica 12 novembre con Back Eye Black del performer e corografo Aeristide Rontini. Nell’odierna cultura della sovraesposizione mediatica e dell’apparire i nostri corpi sono diventati sempre più oggetto di immagini da esibire, oggetto di racconti intimistici da consumare senza sosta. Corpi sottoposti allo sguardo curioso e indagatore di osservatori sconosciuti. Corpi che sperimentano la perdita di volume e del pulviscolo vibrazionale che li attraversa. Perdita che si origina nel virtuale e che espande i suoi domini nel reale facendo diventare carne i suoi dispositivi. “Back Eye Black” si pone nel luogo della scena come oggetto utopico per creare paradossi nella visione dello spettatore che sperimenta la vicinanza dei corpi sottratti alla luce diretta del riflettore. Non più corpi ma ombre che perdono i confini per dispiegare le ali nell’orizzonte aperto dell’infinito. A seguire Il linguaggio degli oggetti di Ateliersi con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi
Ateliersi invita il pubblico a un’esperienza immaginativa a partire dalla scrittura di Daniele Del Giudice. Gli oggetti del nuovo secolo, scrive Del Giudice, sono “gli oggetti del comunicare, sempre più piccoli, sempre più portatili, quasi annunciassero un’imminenza di telepatia globale, […] prima che tutto si ritragga e si svolga solo nella mente e nel cuore”. È una riflessione che lo scrittore esplicita a partire da un’opera installativa che realizza per la Triennale di Milano disponendo all’interno di una grande teca alcuni oggetti che assumono un forte valore simbolico nel passaggio tra XX e XXI secolo. Menni e Mochi Sismondi si immergono nella relazione poetica che lo scrittore instaura con gli elementi del reale e costruiscono un’opera incentrata su quelle forme descrittive che danno conto del fatto “che tra osservatore e cosa osservata c’è indistinguibilità e reversibilità”.

 

Info e prenotazioni: 393.9707741, www.crisalidefestival.eu – info@crisalidefestival.eu