Nel posto che ci si è scelti. Baak – Book Adventure and Kitchen

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Vivere per tanti anni in una stessa città – quella che ci si è scelti, anche inconsapevolmente – comporta vederla cambiare a un ritmo che non sempre è il proprio. Quando accade è facile sentirsi disorientati: quei luoghi che si era soliti frequentare, d’improvviso, paiono patinati, distorti, lontani. Ci si dice che potrebbero essere le diottrie perse davanti al computer e per fugare ogni dubbio si prova ad indossare gli occhiali. Nessun effetto: gli spazi che fino a quel momento avevano il sentore di casa rimangono sfocati.

In una città come Bologna, in cui spesso ci si trasferisce giovanissimi per studiare, può accadere di ritrovarsi in una situazione simile, specie se terminata l’università si decide di restare. Una volta superata la fase del “si stava meglio quando si stava peggio” e preso coscienza del fatto che ventinove anni non sono più diciannove, ci si scontra con la cruda realtà: è passato un decennio, si è alle soglie della cosiddetta “età adulta” e tutti questi anni hanno il loro peso anche per una città. Ad allungare lo sguardo oltre le lenti deformanti del “quasi grandi”, infatti, si nota che Bologna ha in effetti cambiato aspetto: laddove c’era una sede di una catena di librerie ora ce n’è una di scarpe, alcuni dei locali per squattrinati studenti sono diventati rifugi accalappia-turisti e così molti ristoranti si sono convertiti al mangia-consuma, nelle piazze si sono insediate le istituzioni, la torre Garisenda sta crollando…

Colpito da una forte labirintite, qualcuno si potrebbe affannare alla ricerca di una bussola per tornare a orientarsi, (ri)trovare punti di riferimento, (ri)costruire una propria personale mappa della città in cui sentirsi ancora bene e a casa. Attraversando titubanti le vie bolognesi, può capitare allora di inciampare. E finalmente: la caduta porta a osservare la città da un’altra prospettiva e a notare qualcosa che prima, a forza di stare a testa bassa a fissare i propri piedi, non era entrato nel campo visivo.
Ed ecco che sotto i portici di via Polese, al civico 7/2a, nel cuore di Bologna, appare BAAK – Book Adventure and Kitchen, una libreria con bistrot inaugurata a novembre 2023 e gestita dai ventinovenni Monica Nota e Andrea Berneschi, a cui si è poi unita Gea.
Ci si rialza attratti e si varca la soglia: ad accogliere gli avventori è un avvolgente profumo di cotone e una luce calda. La stanza lunga e rettangolare ha al suo centro un ampio tavolo in legno, le pareti sono tappezzate di libri, sul fondo il bancone del bar e un muro che dice «vivi la tua avventura consapevole».

Alle origini di un’idea 

«Tutto è nato quando per due settimane sono rimasta a casa da lavoro per il Covid» racconta Monica con il suo entusiasmo e sorriso contagiosi.
«In quel periodo ero in stage presso un laboratorio di ceramica, nel settore di ricerca e sviluppo. Passavo molto tempo da sola e avevo quello spazio in gestione: una responsabilità non adeguatamente retribuita, visto il contratto da stagista. Iniziai a chiedermi che cosa volessi dal mio futuro e che cosa per me significasse lavorare. Io sono cresciuta con l’idea di dover studiare e trovare un posto stabile: un modo ordinario e decoroso di vivere, almeno secondo le convenzioni sociali. A un certo punto mi sono ritrovata ad aver raggiunto tutti gli obiettivi, il diploma, la laurea, il lavoro fisso con possibilità di carriera, e mi sono detta: e ora? Da qui, ho iniziato a rendermi conto di aver lasciato indietro molte passioni, prima fra tutte la lettura, che negli anni dell’università avevo accantonato perché, mi ripetevo, “c’erano cose più importanti”. Una volta raggiunte le presunte “cose importanti” ho capito che investire gran parte del mio tempo e delle mie energie in un’azienda –  e nelle sue logiche per cui sei un semplice numero fra i tanti e devi seguire certi orari, canoni e risultati – non era davvero quello che volevo per me. 
Così ho iniziato a mettere in dubbio quelle “verità” e quel mondo che mi avevano presentato e io avevo passivamente accettato come il solo possibile. Standomene a casa con la febbre, e quindi sospendendo la mia quotidianità, ho ripreso a dedicarmi a ciò che mi appassionava – i libri, la scrittura – e a dare sfogo alla parte creativa e riflessiva di me. L’altra me!».

Gesticola e si illumina Monica al ricordo di questa epifania, e ci tiene a precisare di non aver affatto «litigato con la chimica», materia di studio del percorso universitario, ma di aver solo cominciato a guardare il mondo con i propri occhi, immaginando un’alternativa al “così dev’essere”. Dalle sue parole, sembra sia partita da una semi-conscia intuizione: una comunanza fra la sua condizione e quella dell’oggetto-libro. Come lei a lavoro si sentiva un numero fra i tanti il cui compito primario era performare e portare risultati (alias: produrre), così il libro, oggi è spesso venduto come merce da supermercato, consumato, privato della sua dignità.

«Dopo aver ricominciato a leggere, scrivere e a riprendere in mano tutto quello che avevo lasciato indietro, ho iniziato a sentire che la parte creativa di me veniva costantemente soffocata dalla prestazione sociale e da un lavoro che non permetteva di darle sfogo. Ho iniziato a pensare alla natura dei libri e al motivo per cui in Italia si è sempre letto poco. Mi son risposta che a incidere è spesso la scuola, che presenta il libro solo come compito obbligatorio per le vacanze, dimenticandosi di trasmetterne la sua vera essenza: i libri sono storie, sono persone e sono emozioni. Ogni libro ha un suo momento, una sua necessità; allena la capacità di linguaggio e di immaginazione, incita a costruirsi una propria opinione. Inoltre, c’è da fare i conti con quest’epoca, in cui siamo iper-stimolati e di fretta: per rendere attrattivo il libro bisogna allora ripartire dal suo senso».

 

Aprire la via

Un’intuizione è spesso di pancia: la ragione inizialmente stenta a verbalizzarla e a darle un senso, una forma. Mossa da fiducia, la mente si fa da parte, prendendosi il rischio di lasciar fare all’istinto. Prende avvio così un processo di incubazione che, piano piano, trasforma l’intuizione in idea e l’idea in qualcosa di tangibile e concreto.

«Quando ho deciso di voler creare qualcosa di mio e di restituire spazio alla me più creativa, ho iniziato a lavorare alla Libreria Carta Bianca di Bazzano, in cui ho conosciuto le mie maestre librarie, mentori e in qualche modo anche mamme». A Monica si illuminano gli occhi e il sorriso, sempre presente, diventa ancora più ampio.
«È stato un importante passaggio formativo che poi mi ha portato a immaginare il progetto di Baak, a partecipare a un bando per Fondi d’Impresa Femminile di Equitalia* e, una volta vinto, al bando Co-Start Incubator del Comune di Zola Pedrosa. Abbiamo così cominciato un percorso di otto mesi di affiancamento per la costruzione di un’impresa, seguendo corsi di gestione economica, manageriale e anche psicologica».

Impegnarsi affinché un sogno non sia solo un piacevole viaggio della mente, comporta scontrarsi con la cruda realtà, che chiede il conto e riporta con i piedi per terra. Non è per forza un male: a intraprendere il (tortuoso) percorso nella “vita vera” ci si può infiltrare nelle maglie rigide di un sistema e, dall’interno, proseguire ad alimentare la purezza della propria idea e a mantenere salda la fiducia in un cambiamento.

«Mi piacerebbe un giorno poter raccontare cosa vuol dire fare impresa Under30 in Italia, non solo per approfondire il tema ma anche per creare una comunità di riferimento, a cui affidarsi e con cui confrontarsi. Questo perché, nonostante i bandi e i percorsi di affiancamento, ci siamo  trovati spesso soli e confusi. Aprire un’attività culturalmente rilevante e darle una concretezza anche sul piano economico non è affatto facile. In Italia poi si è sommersi dalla burocrazia, spesso poco chiara specie per chi è alle prime armi, tanto che a volte va a soffocare tutta la parte operativo-creativa.
Inoltre c’è da tenere presente che i bandi non bastano: è necessario anche un personale investimento e la relazione con le banche è essenziale. Tuttavia qui in Italia non si investe senza garanzie e essere giovani non aiuta. Per noi ci sono voluti otto mesi per trovare una banca che ci sostenesse senza garanti. C’è spesso inoltre la questione dello spazio: cercare un locale a Bologna è stato molto difficile. Questo che abbiamo trovato era inizialmente distrutto ed è stata una fortuna e una sfortuna al tempo stesso: abbiamo dovuto lavorarci e investirci molto, ma abbiamo potuto costruirlo proprio come lo volevamo».

Esseri “interattivi” in avventure consapevoli 

«Io e Andrea ci siamo conosciuti durante gli anni della magistrale e a un certo punto abbiamo voluto unire le nostre forze e idee in qualcosa in cui crediamo davvero. Lui è sempre stato appassionato di cucina, per lui cucinare è un modo per prendersi cura degli altri. Il cibo è d’altronde nutrimento e condivisione: quando mangiamo, rilasciamo energie positive a livello ormonale e questo, come insegnano gli studi sulla cucina diplomatica, permette di avere conversazioni più proficue, di fare più amicizia, di condividere opinioni e idee. Di fronte a un mondo in cui pare sempre più difficile stringere legami e conoscere nuove persone dal vivo, abbiamo deciso di unire cucina e libri perché un luogo d’incontro fra persone e storie potesse esistere: da qui la scelta del lungo tavolone e non tanti piccoli separati. Mi riempie il cuore l’idea che proprio qui possa nascere un’amicizia, un amore, un gruppo di persone che stanno bene insieme. Cucina e libreria condividono quindi la stessa identità e filosofia, ovvero l’avventura consapevole».

Il claim è nato da un lungo processo di brainstorming per input, parole e immagini. Il sostantivo (avventura) e il suo aggettivo (consapevole) paiono in antitesi fra loro: se l’avventura presuppone rischi, imprevisti e a volte anche qualche colpo di testa, viverla in modo “consapevole” sembra un invito a una certa cautela.
Per Monica e Andrea, invece, “l’avventura consapevole” è uno stimolo a predisporsi a fare esperienza di ciò che ci circonda, a prendere coscienza dell’essere presenti con mente e corpo, a tirare il fiato dalla frenesia quotidiana e a soffermarsi, guardarsi attorno e ascoltare gli altri come sé stessi. Un invito alla scoperta, a lasciarsi sorprendere.

«È vero che oggi anche l’esperienza è venduta e mercificata, consumata: a volte pare come se fossimo in gara fra noi sul numero di esperienze spuntate da un elenco sterminato. Vogliamo che Baak sia uno spazio in cui potersi prendere il proprio tempo, in cui incontrare storie e persone, in cui scoprirsi attraverso una pietanza o leggendo un libro
Baak è l’acronimo di Book Adventure and Kitchen, ma in verità l’ispirazione è da Buck, il cane de Il richiamo della foresta di Jack London. È arrivato così, in un momento in cui non ci stavo pensando – ero a sciare! – e mi è sembrato perfetto: Buck è un cane domestico che, dopo mille peripezie, diventa lupo sentendosi felice nel posto che si è scelto».

Nelle sfumature del mondo 

Sulle pareti e sugli scaffali, si intravvedono delle macchie di colore: è la logica con cui sono ordinati i libri e il menù. L’avventura consapevole di Baak inizia da un gioco, la Book Adventure. Funziona così: di fronte a due box, si è invitati a scegliere d’istinto un colore (blu, giallo, rosso, verde) che, si scoprirà poi, corrisponde a un’emozione; e una forma, che rimanda invece a una particolare inclinazione e sfumatura di quella stessa emozione.

«Per costruire la Book Adventure sono partita dalla teoria dei colori e delle forme, materia di studio e di ricerca di un amico psicoterapeuta, che mi ha affiancata nell’ideazione. Una sera a cena gli ho parlato della mia idea di libro e del fatto che stessi cercando un modo da una parte per stimolare l’interesse per la lettura in chi non è solito praticarla; dall’altra per donare degli “input” agli appassionati affinché potessero scegliere secondo il loro istinto e inclinazione. Da qui la mia intuizione e le sue conoscenze si sono unite ed è nata la Book Adventure, che ha attraversato varie fasi prima di arrivare a questa forma».

Scelto il colore del segnalibro e una forma, ci si può addentrare nella sezione della libreria “istintivamente scelta” e lasciarsi attraversare. C’è qualcosa che attira l’attenzione? Ci si riconosce, in quella sezione? Se sì, perché? Se no, perché? Che storie troviamo e cosa dicono di sé stessi? Dall’imprevisto del gioco-avventura, Baak incita ad allontanarsi dall’iperstimolazione, dalle mode e dalla smania di consumo, per porsi delle domande. Sembra una sorta di “educazione alla scelta” attraverso il ritorno all’essenziale: l’ascolto di sé, delle proprie inclinazioni e curiosità.

«La Book Adventure vuole essere un’esperienza personale e privata: una volta spiegate le “regole del gioco” lascio la persona sola. Non spiego nei dettagli i significati dei colori né tanto meno delle forme: lo dico al singolo nel caso lo chieda, o in base al libro che poi decide di leggere. Ma ognuno nel proprio intimo potrà interrogarsi sui motivi personali di questa scelta (oppure no!). All’inizio può essere dunque un’esperienza solo attrattiva, un gioco leggero e divertente, ma dopo può diventare consapevole e intima. Dal momento che ogni colore e forma rappresentano una necessità ricercata in base a uno stato d’animo, alla propria personalità o attitudine, in futuro mi piacerebbe realizzare un quaderno di Baak, in cui ognuno possa raccogliere tutti i segnalibri in ordine cronologico, per tenere traccia dei propri cambiamenti». 

«L’idea nasce anche per dare priorità alle storie contenute nei libri: ogni penna e ogni casa editrice hanno pari dignità qui a Baak. I libri li abbiamo selezionati uno ad uno, basandoci sulle sensazioni e sulle storie, dando certamente priorità alle case editrici indipendenti ma senza escludere le grandi. Ovviamente, è importante ricordare che questa suddivisione ha un’alta componente soggettiva, sebbene in alcuni casi si guardi al genere o in altri sia evidente il tipo di emozione che l’autore vuole trasmettere. 

Lo stesso abbiamo fatto con il menù: come le storie, anche il cibo dona emozioni, quindi anche in questo caso c’è la stessa suddivisione per colori-sensazioni, con una scelta che ha un’attenzione ambientale e vegetale, sempre per incitare alla scelta consapevole anche per quanto riguarda il cibo».

Diventare grandi (o forse sé stessi)

Si dice che l’autoanalisi aiuti a vivere meglio in gruppo: è di certo vero, ma negli ultimi anni l’introspezione ci è sfuggita di mano trasformandosi in isolamento e individualismo. Chi vive a Bologna, nonostante le sue trasformazioni, sa di trovarsi ancora in un contesto conviviale e fertile, tuttavia i luoghi, le comunità e le idee non esistono di per sé stessi: li fanno le persone. Può essere pericoloso, ma a spingersi oltre la propria stanzetta e cercare altro da sé, ad alzare gli occhi per  incontrare quelli altrui, possono accadere cose incredibili…

«Sempre nell’ottica di fare di Baak uno spazio dove potersi incontrare, stare insieme e fare del libro un’esperienza tanto personale quanto collettiva, organizziamo attività come il Baak Club, un momento di condivisione a partire dall’esperienza comune di una lettura; oppure il Baak Attualità, per discutere insieme su specifiche tematiche a partire da alcuni saggi.  Abbiamo inoltre in programma una mostra di Anna Paolini sul tema della maternità, in collaborazione con Logos Edizioni nell’ambito della Children Book Fair. Stiamo immaginando altre proposte, anche iniziando a metterci in rete con le realtà del quartiere Porto-Saragozza, mescolando i linguaggi, le tematiche e le professionalità». 

Si esce da Baak con un libro nello zaino, si recupera la propria bicicletta legata al primo palo disponibile e si torna a casa, (anche se “casa” non si sa bene che significhi). Chissà se è davvero la storia giusta al momento giusto. C’è la voglia di scoprirlo. E di tornare, per parlarne insieme. La bussola continua a non funzionare, non punta ancora da nessuna parte e il suo ago sembra una scheggia impazzita, ma le gambe sono sciolte e pedalano veloci.

Per ulteriori visita il sito: https://www.baakbologna.it/ 

Oppure i social: FacebookInstagramTikTok

foto riprese dal sito di baakbologna.it

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