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Per chi si aspettava di ritrovare le battute acide e ciniche che la coppia Nuzzo – Di Biase sciorina in televisione o in radio sarà rimasto deluso. In qualche modo anche noi, ma per tutt’altro verso. La coppia pugliese ha applicato il loro format collaudatissimo di schermaglie e attacchi all’interno di un contesto familiare e domestico, con il marito succube e inginocchiato alle malversazioni della compagna che lo punzecchia, stuzzica, provoca, ad un classico, entrando sì in punta di piedi, però snaturandone completamente il senso profondo, le intenzioni, la scrittura, il movente, la carica propulsiva, le riflessioni che ne dovrebbero generare. Delirio a due, testo degli anni ’60 di Ionesco (ci fu anche uno sceneggiatore Rai con Renato Rascel, in teatro invece Bucci – Sgrosso pochi anni fa lo portarono in scena), ci parla sì di una coppia che sta raschiando il fondo del barile ma anche della Guerra Fredda, dei conflitti che ci entrano in casa, oggi anche grazie alla televisione, al web, ai social, mentre noi rimaniamo ancorati al nostro piccolo futile presente fatto di retorica e scambi aggressivi, guardando il nostro orticello senza alzare lo sguardo ad orizzonti più lontani e minacciosi.
La scena è interessante e sembra uscita da un grande quadro sghembo e psichedelico (visto al Teatro Puccini di Firenze; il pavimento scivola di lato in pendenza) di Van Gogh e anche i colori dominanti, il verde e il giallo, ci regalano una sensazione di marcio, di aspro e maligno, una sorta di sogno andato a male, un sogno scaduto come yogurt che dalla leggerezza si sta trasformando in qualcosa di illeggibile, irrazionale, spaventoso pur nella sua ovattatura consolatoria familiare. La potenza di Ionesco qui è traslata, ribaltata, tradita (che va pure bene un ringiovanimento dei classici) ma è troppo spinta verso la forma, esaltando le doti comiche del duo (che funziona, senza dubbio, se quello si cerca), tralasciando l’aspetto focale del contenuto, rimanendo patina senza riuscire a scalfire, ad andare in profondità, a cercare quello che si muove sotto la superficie di quelle battute così ficcanti e taglienti. Un’occasione persa dove si è puntato di più (un all in anzi) sulla verve esplosiva dei due, che si autoalimentano a vicenda, che sul significato che si muove sotto i litigi da una parte, tra i rumori di bombardamenti che esplodono conturbanti, iracondi, irritanti, urticanti dall’altra. Con interpreti diversi, senza scialacquare il testo cercando la risata facile, questo Delirio a due sarebbe potuto diventare un piccolo gioiello come fu, qualche stagione fa, per Le sedie, sempre dell’autore rumeno-francese, messo in scena da due campioni come Michele Di Mauro e Federica Fracassi dove non mancava l’ironia ma era al servizio di quel sentimento di sospensione, di sradicamento, di fuorigioco che esondava nel poetico.
Possiamo dire che, nel bene e nel male, Nuzzo – Di Biase lo hanno fatto troppo loro, se lo sono cucito addosso troppo morbido agendo nella loro comfort zone, spostando l’attenzione dal fuori, il mondo, la guerra, la distruzione che bussa alle porte della nostra stupida indifferenza, alle classiche vuote dinamiche di moglie e marito, di scherni, sgarbi e screzi, di minimi alterchi, superficiali contrasti, infinitesimali contese, banali dispute, insignificanti diverbi, irrilevanti liti, inconsistenti bisticci, ininfluenti guerriglie, spicciole risse condominiali. In qualche modo la messinscena (la regia è di Giorgio Gallione, prod. AGIDI, CMC Nidodiragno) ha percorso il solco già paludato e conosciuto del duo senza tentare una deviazione, una virata, un processo differente, non hanno spiazzato ma hanno, più facilmente, confermato quello che il pubblico si aspettava, una platea che ha più riso alle battute interne casalinghe più che chiedere conto della casa distrutta, delle pareti divelte, dei vetri rotti, dello sconquassamento (Russia? Israele?) che arriva come vento gelido che si insinua, si infiltra e tutto cambia, sposta, sporca, distrugge. Si poteva osare maggiormente e invece siamo rimasti sospesi tra una risata a mezza bocca, insoddisfatti tra un sorriso sornione, approvando la loro irriverenza, le gag conosciute, gli scontri tra moglie e marito, tra i quali proprio Ionesco doveva mettere il dito (nella piaga).
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