Edipo siamo noi

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Un auspicio per un futuro prossimo di pace, Edipo a Colono per la regia di Gianluigi Gherzi è l’ultimo spettacolo proposto dal Teatro Giovanni Testori che chiude il 21 maggio a Forlì la densa stagione di prosa 2023/2024 con una produzione Elsinor.

Un classico del teatro, il testo mitologico è stato tradotto in un linguaggio drammaturgico contemporaneo. In scena solo tre attori Stefano Braschi, Maria Laura Palmeri e lo stesso regista che restituiscono un sentire che nonostante appartenga ad una cultura ellenica ormai lontanissima dalla nostra riescono comunque a toccare in profondità il pubblico?

“Edipo a Colono è vecchio come tutta la tragedia greca. ‘Edipo a Colono’ era già vecchio per gli ateniesi che lo vedevano attorno al 400 A.C, il mito che racconta affonda il suo svolgimento nei secoli precedenti. – spiega il regista Gianluigi Gherzi – Eppure i Greci sapevano che ogni storia grande che viene dal passato, dall’arcaico, sa parlare al nostro presente e spesso si presenta anche come qualcosa che ci apre a una riflessione sul futuro.

Lo stesso succede a noi con “Edipo a Colono”. Che nel suo apparente essere “arcaico” ci racconta temi cruciali per la nostra vita di oggi. Racconta la fine del mondo, la peste, una terra distrutta, una città, Tebe, che non sa più generare, tutti temi che, in questo tempo storico e culturale,  ci arrivano come sberle in faccia, ci costringono a riflettere. Parla di morte, “Edipo a Colono” ma ci indica l’orizzonte in cui la morte può essere anche un dono, una rigenerazione, una rinascita, così la vive Edipo quando sta nel bosco di Colono.

Al pubblico questo arriva, fortissimo, ho visto studenti delle scuole medie superiori, seguire lo spettacolo con il fiato sospeso, travolti dalla sua forza e dalle domande che ci pone, coinvolti e partecipi, stupiti di fronte a un mito straordinario che per noi parla al presente. Tutto questo arriva2.

Che cosa l’affascina di questo testo mitologico?

“Edipo è l’ultima opera di Sofocle, scritta e mai vista andare in scena. Sofocle è cieco, come Edipo, ha conflitti con i figli, come Edipo. Sembra lasciare, con quest’opera, un testamento. Che testamento è? Perché ci ha affascinato così tanto? Sofocle prima di morire, sembra voler regalare un altro finale a Edipo, cambiarne in qualche modo il destino, toglierlo da quel lutto assoluto, intessuto di sangue e di morte, in cui l’ha lasciato alla fine dell’Edipo Re, scritto almeno 20 anni prima, la datazione dell’Edipo Re è ancora controversa.

Un testamento, e quello che ha da insegnare Edipo è moltissimo. Partendo dal rifiuto della guerra, della violenza, dal disgusto verso quel sistema chiuso e malato che era Tebe, dove lui era vissuto e da cui era stato cacciato, costretto all’esilio.

Esprime il rifiuto del mondo di Tebe, segnato da militarismo, di strapotere dei vecchi sui giovani, dell’uomo sulla donna. Edipo, vecchissimo, a un passo dalla morte, sogna un nuovo luogo, un nuovo tipo di città, che si contrapponga a quello che per lui è stata Tebe: uno scannatoio.

‘Edipo a Colono’ è un testamento, è l’ultimo straziante atto d’amore di Sofocle per la sua città, per Atene, che in quegli anni è minacciata. Tutto molto forte e straordinariamente interessante”.

In scena ci sono solo tre attori, cosa significa riadattare un testo sul lavoro di tre attori. Il testo della tragedia originale è stato mantenuto oppure è solo servito da ispirazione?

“In scena ci sono tre attori che riflettono, pongono domande a sé e al pubblico, a partire dalle vicende di Edipo e del suo stare adesso a Colono. Gli attori a tratti precipitano dentro le scene e i personaggi, assumendo i ruoli di Edipo, della sua giovanissima figlia Antigone, di Teseo, il mitico re fondatore di Atene, di Tiresia, colui che cieco, vede, ed è destinato a non essere ascoltato. Dentro e fuori i personaggi, e dentro e fuori la finzione scenica, a tratti le domande si rivolgono a tutto il pubblico, chiedono di noi, del nostro rapporto con Edipo e con il nostro presente”.

 La figura del narratore recita appunto “Edipo siamo noi”, in che senso?

“Edipo siamo noi’ a partire dal suo corpo. Edipo è ferito ai piedi, ha un rapporto difficile con la terra, come noi, Edipo è lungo incessante, sfinito pensare, come noi, Edipo sa che il mondo sta cambiando, che questo richiede risposte nuove, come anche noi possiamo pensare delle volte. Edipo ha un rapporto nuovo e commosso con la natura e con tutte le creature animali, vegetali, divine, che la abitano, in particolare nel meraviglioso Bosco di Colono, anche noi sentiamo la necessità di rapportarci alla natura in un altro modo. Edipo cerca le forme di un “sacro radicale”, non si rassegna alla convenzione e alla superstizione, questo ci parla. Edipo, come noi, parte dalla violenza, dall’orrore del mondo, delle guerre, delle pestilenze, e cerca un modo di essere e di vivere in un mondo danneggiato. Edipo siamo noi”.