Il “banchese” per tutti

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spreadCi sediamo al tavolo. Daniela e Valentina prendono due tisane. Nonostante le gamma gt al doppio dei valori normali (sono valori indice del buon funzionamento del fegato, non dei titoli azionari, ndr) io invece mi concedo un calice di vino rosso, in beffa alla crisi economica e alla salute.

D’altronde non è un aperitivo qualunque, qui si parla di economia. Il brindisi lancia l’intervista, rigorosamente semiseria, a Daniela.

Daniela Lorizzo Barberini vive a Lugo, in mezzo alla bassa Romagna, e si è inventata un mestiere, quello di banking trainer per enti ed aziende. In Italia pare sia stata una delle prime a farlo. Il suo sguardo è tondo e allegro e mostra la tempra di chi non si perde d’animo. Intorno al 2000, a 40 anni, ha deciso di mollare un posto sicuro di dipendente in banca. «Una scelta istintiva, mi sono licenziata perché quel lavoro non lo sentivo più mio». Si occupava di mutui e finanziamenti, «ma quando la Banca è diventata una sorta di negozio di prodotti finanziari alla stregua di un rivenditore di telefonini, ho deciso di cambiare vita. Senza sapere cosa avrei fatto».

Durante i sei mesi di aspettativa, riflettendo sul suo passato e quindi sul futuro, si è resa conto che la maggior parte delle persone che si rivolgevano al lei per un credito non capivano il suo linguaggio. «E non comprendendo quello che si stava proponendo loro, la conversazione finiva, quasi sempre, con un: ‘faccia lei’. Ovviamente le conseguenze potevano essere sempre poco vantaggiose per il cliente».

Così le è venuta l’idea della formazione e dell’insegnamento del banchese (così lei chiama il vocabolario delle banche) per tutti. Le sue non sono semplici consulenze finanziarie. L’obiettivo principale è la formazione in maniera tale che l’allievo-cliente diventi autosufficiente.

Analfabeti economici, anch’io faccio parte di questa massa. Spread, bot, bund, mibtel, tassi di interesse, sono fonemi astratti che galleggiano nella mente, per un attimo mi pare afferrarne il senso, ma presto svanisce come fumo al vento.

Questo è in fondo il motivo per cui sono seduta a questo tavolo: voglio capirci qualcosa.

Comprendere quanto e in che modo lo spread possa cambiare concretamente il mio modo di fare colazione se non facendomi spremere le meningi su articoli di economia che annunciano il disastro.

Il mio primo dubbio è quello proprio del linguaggio: non è che questi termini tecnici vengano utilizzati di proposito per depistare la massa?

Daniela minimizza. «Il banchese va capito. Possedere gli elementi base dell’economia è fondamentale per avere un minimo di consapevolezza. Certo il tecnicismo in parte è voluto. Da che mondo è mondo potere è sapere. Chi ce l’ha cerca di tenerlo per sé. Ma tutti dobbiamo metterci nell’ordine di idee che le leggi dell’economia sono meno complesse di quello che sembrano».

La sua ricetta per interpretare questa crisi, e forse per uscirne, è una rivoluzione che parte dal basso iniziando dalla presa di coscienza di certi meccanismi economici e dalla gestione del proprio conto corrente.

«Il mercato economico può cambiare solo se c’è conoscenza. Quello che stiamo vivendo a livello mondiale è frutto dell’avidità di pochi e dell’ignoranza di molti. Di fronte ai problemi del debito pubblico e alle logiche della macroeconomia siamo impotenti. Ma la crisi può essere un momento da cui il meglio per un cambiamento. Se operiamo nel nostro piccolo ognuno può fare qualcosa».

Che fare, dunque? «Oggi la crisi ci sta insegnando che anche gli stati possono fallire. Una possibilità che c’è sempre stata, ma di cui prima non eravamo a conoscenza. Anche partendo dalla gestione dei propri risparmi ci sono alcune buone abitudini da seguire». Senza l’ardire di chiedere una lezione privata, ci accontentiamo di un bignamino volante. «La prima regola è la diversificazione. Mai lasciare tutti i soldi nello stesso conto. Poi dividere gli investimenti. Infine non comprare mai nulla se non sappiamo cosa sia. Per il resto non ci sono regole standard e dipende tutto dal momento. Per questo credo sia necessario conoscere le regole base del banchese».

Una cosa di cui mi sono accorta, anche da profana, è che in questo momento, in piena crisi, ci sono banche che offrono anche il 4% di interessi per il semplice conto. I paradossi dell’economia sono sempre infiniti.

«E’ vero. Se chiedi un prestito i tassi sono alti, tuttavia alcune banche hanno problemi di liquidità e quindi sono disposte ad acquistare denaro anche a interessi molto alti. Se uno avesse fatto un mutuo anni fa e non avesse investito tutti i soldi, per assurdo gli converrebbe prestarli ad un’altra banca o investirli in buoni del tesoro decennali che ora pagano fino al 7%. Normalmente è sempre stato il contrario».

Tutto questo intuisco che abbia a che fare con il mitico spread: l’incubo degli italiani. La disgrazia che si trasforma in tasse e in un debito pubblico in continuo aumento. Finalmente trovo il coraggio e mi faccio spiegare che cosa è.

«Lo spread in soldoni è un differenziale, il margine di guadagno che la banca si prende quando ti vende il denaro o quando te lo compra. Quindi per fare un esempio vicino a noi quando compriamo un mutuo a tasso variabile, il tasso finito è composto dalla somma dell’Euribor, cioè il costo del denaro, a quanto le banche si scambiano il denaro, con lo spread».

Eureka. Forse qualcosa ho capito. Nulla che ha a che fare con l’economia reale. Lo spread allora si alza e sia abbassa a seconda a seconda della domanda e offerta di denaro come l’asta di qualsiasi altro prodotto sul mercato. E’ un indice che aumenta tanto più l’investimento è rischioso. Per questo comprare un titolo in Germania è meno costoso perché la sua economia è più sicura, mentre in Italia lo stesso titolo costa molto di più.

Ora mi è “quasi” chiaro. Spero rimanga fissato anche domani e dopodomani, altrimenti prenoterò un posto alla prossima lezione di banchese.